Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30049 del 14/12/2017


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 30049 Anno 2017
Presidente: MAZZACANE VINCENZO
Relatore: ORICCHIO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 20279-2013 proposto da:
INIZIATIVE EDILI BRUSSI COSTRUZIONI SRL 01031310319,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANTONIO MUSA 12A, presso lo studio dell’avvocato FABRIZIO PERTICA, che
lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
PIERLUIGI FABBRO;

– rleorrente –

2017
22e2

contro

CAMPANILE VITTORIO, elettivamente domiciliato in ROMA,
P.ZZA CAVOUR presso la CORTE dì CASSAZIONE
rappresentato e difeso dall’avvocato GIOVANNI ALOISIO;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 14/12/2017

avverso la sentenza n. 658/2013 della CORTE D’APPELLO
di TRIESTE, depositata il 01/08/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26/09/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO
ORICCHIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato PERTICA Fabrizio,

difensore del

ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per il

Fatti di causa
Con decreto emesso dal Tribunale di Gorizia e notificato il 3
dicembre 2007 il ricorrente Campanile Vittorio otteneva
ingiunzione, nei confronti della Iniziative Edili Brussi
Costruzione S.r.l., di pagamento della somma di C 14mila

lavori in atti specificati entro il termine del 22 marzo 2007,
impegno asseritamente assunto con unilaterale
dichiarazione scritta.
A seguito dell’opposizione promossa dall S.r.l. stessa
avverso il detto provvedimento ingiuntivo, l’adito Tribunale
di Gorizia -instauratosi il contraddittorio con la presenza del
Campanile che chiedeva il
provvedeva con sentenza
l’opposizione

e

rigetto dell’opposizionen. 557/2010, accogliendo

revocando

l’opposto

D.I.,

con

regolamentazione delle spese di lite secondo soccombenza.
Il Campanile interponeva appello per la riforma della
gravata decisione del Tribunale di prima istanza.
Resisteva la S.r.l. chiedendo il rigetto dell’avverso gravame
e la conferma dell’impugnata sentenza.
L’adita Corte di Appello di Trieste, con sentenza n.
658/2013, accoglieva l’appello, confermava l’opposto D.I. e
condannava la società appellata alla restituzione di quanto
ottenuto dal Campanile in esecuzione della riformata

3

dovuta per impegno scritto della società di completare i

decisione, nonché alla refusione delle spese del doppio

grado del giudizio.
Per la cassazione della succitata sentenza della Corte
distrettuale ricorre la Iniziative Edili Brussi Costruzioni S.r.l.
con atto affidato a quattro ordini di motivi, resistito con

Ragioni della Decisione
1.- Con il primo motivo del ricorso si censura il vizio di
“violazione e falsa applicazione dell’art. 1382 c.c. e
conseguente violazione e falsa applicazione degli artt. 622
comma 1, n. 1) e 634 comma 1 in relazione all’art. 360, n. 3
c. p.c.”.
Il motivo non può essere accolto.
Le doglianze di cui al motivo del *ricorso qui in esame si
sostanziano in censure (proposte alternativamente per
violazione e falsa applicazione di legge), dalle quali non

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emerge con immediatezza neppure i punti della sentenza
gravata che si pongono in contrasto con l’indirizzo e
l’orientamento giurisprudenziale di questa Corte.
L’impugnata sentenza ha, peraltro, deciso le questioni di
diritto sollevate dalle parti in giudizio in modo corretto e
conforme rispetto ai principi applicabili nella fattispecie (ed
in riferimento a tanto parte controricorrente ha pure
sollevato questione di inammissibilità, in punto, del ricorso).

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controricorso della parte intimata.

In ogni caso non ricorre il preteso, errore commesso dalla
Corte territoriale nell’aver ritenuto sussistente la prova
scritta.
La Corte ha correttamente valutato l’esistenza e la
ricorrenza, nella fattispecie, della detta prova conseguente

Il motivo, in quanto infondato, va -dunque- respinto.
2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di
“violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e ss. c.c. e
2697 e 2729 c.c. e conseguente violazione e falsa
applicazione dell’art. 116 c.p.c. in relazione all’art. 360, n. 3
c.p.c. e contraddittorietà della motivazione circa un punto
decisivo della controversia in relazione all’art. 360, n. 5
c.p.c.”
Quanto alla doglianza, di cui al motivo in esame, relativa
alla pretesa carenza motivazionale ‘della gravata decisione il
motivo è inammissibile poiché presuppone come ancora
esistente (ed applicabile nella concreta fattispecie) il
controllo di legittimità sulla motivazione della sentenza nei
termini in cui esso era possibile prima della modifica
dell’art. 360, n. 5 c.p.c. apportata dal D.L. n. 83/2012,
convertito nella L. n. 134/2012, essendo viceversa
denunciabile soltanto l’omesso esame di uno specifico fatto
decisivo che sia stato oggetto di discussione tra le parti,
rimanendo -alla stregua della detta novella legislativa5

alla allegata scrittura privata di cui in atti.

esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di
“sufficienza” della motivazione ( Cass. civ., SS.UU., Sent. n.
8053/2014).
In ordine alla svolta censura di violazione di legge deve
osservarsi quanto segue.

privata del 22 marzo 2007 veniva previsto il pagamento
della penale posta a base dell’ingiunzione esclusivamente
per “lavori riferiti alle parti condominiali”.
Senonchè gli assunti della odierna parte ricorrente (rimasta,
a suo dire, colpita “…da una motivazione che lascia
semplicente “basiti”)’ non colgono il fulcro della decisione, in
punto, della Corte territoriale, che -viceversa- risulta
congruo e logicamente motivato quanto alla parte valutativa
in fatto prodromica e giustificatrice delle norme applicate.
Parte ricorrente, come evidenzia la motivazione della
decisione gravata, “..non ha mai disconosciuto né la
scrittura privata, né l’identità del’ beneficiario (ovvero il
Campanile) del patto di clausola penale, detentore del
documento stesso”.
Inoltre il medesimo Campanile, oltre a detenere il
documento che provava l’assunzione dell’obbligazione
unilaterale, era anche beneficiario di altra analoga
promessa dell’impresa costruttrice indicata in tra missiva
(lettera del 22 marzo 2007).
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Parte ricorrente adduce , nella sostanza, che con la scrittura

Il motivo, quindi, è infondato e va rigettato.

3. Con il terzo motivo parte ricorrente lamenta la violazione

e falsa applicazione degli artt. 1362 c.c. e conseguente
violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in
relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c.”

denunciati vizi di violazione di legge in quanto avrebbe
ritenuto fondata la questione, avanzata dal Campanile con
riferimento alla pronuncia del Giudice di prime cure, di
ultrapetizione.
Parte ricorrente lamenta, quindi, che la Corte territoriale ha
“accolto il vizio ultrapetizione” sollevato da controparte.
La censura, per lo stesso ordine di ragioni appena già
innanzi svolte, è parimenti infondata.
L’anzidetta

mancata

contestazione

e

l’omesso

disconoscimento della scrittura privata (rectius delle
scritture) non potevano che comportare la correttezza della
decisone adottata in punto dalla Corte territoriale.
Per di più ed al di là del fatto che il compito di indagare e
valutare l’intenzione delle parti è e compito precipuo della
Corte di merito (in ipotesi correttamente espletato), le
circostanze innanzi già esposte non potevano che condurre
alla adesione al prospettato vizio di ultrapetizione della
appellata decisione di primo grado.

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Si assume che la Corte di appello sarebbe incorsa nei

Nell’accogliere la “condivisibile denuncia di ultrapetizione”
(per usare le parole della medesima Corte) non vi è stato
errore attesi gli elementi -omesso disconoscimento della e
delle scritture, detenzione del documento da parte del
Campanile, ritenutone, quindi, beneficiario- che deponevano

territoriale alla questione innanzi adiessa sollevata.
Il motivo va, quindi, respinto.
4.- Con il quarto motivo del ricorso si prospetta il vizio di
violazione e falsa applicazione degli artt. 1384 in relazione
all’art. 360, n. 3 c.p.c. e contraddittorietà della motivazione
circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art.
360, n. 5 c.p.c.
Quanto alla censura di contraddittorietà della motivazione la
stessa non è ammissibile per lo stessa ordine di ragioni
analogamente già innanzi esposto sub 2.
In ordine alla svolta doglianza di violazione di legge in
rifermento alla richiesta di richiesta di riduzione della
caparra ad equità va osservato quanto segue.
La ratio della decisione adottata in punto dalla Corte
territoriale (ratio, peraltro, non incisa dal motivo) svolge un
preciso riferimento.
Si tratta -secondo la gravata decisione- di aver riguardo
“non all’ampiezza affare”, ma alla commisurazione della
caparra stessa all’ “interesse del creditore all’adempimento”.
8

a favore della soluzione correttamente data dalla Corte

Il ragionamento della Corte di merito è esatto.

Parte ricorrente cita, al riguardOdi tale aspetto della gravata
decisione, Cass. n 10626/2007 : tale pronuncia, tuttavia,
appare come ulteriore conferma della ragione di quanto
deciso dalla Corte distrettuale in tema di riduzione della

Tutto ciò emerge ancor più da altra analoga e condivisa
giurisprudenza di questa Corte, che ha chiarito con ancor
più chiarezza come “l’apprezzamento sulla eccessività
dell’irnpòrto fissato con clausola penale dalle parti contraenti
, per il caso di inadempimento o di ritardato adempimento,
nonché sulla misura della riduzione equitativa dell’importo
medesimo, rientra nel potere discrezionale del giudice del
merito il cui esercizio è incensurabile in sede di legittimità,
se correttamente (come nell’ipotesi de qua) fondato a
norma dell’art. 1384 c.c., sulla valutazione dell’interesse del
creditore all’adempimento con riguardo all’effettiva
incidenza dello stesso sull’equilibrio delle prestazioni e sulla
concreta situazione contrattuale, indipendentemente da una
rigida ed esclusiva correlazione all’entità del danno subito”
(Cass. civ., sez. Seconda , Sent. 16 marzo 2007, n. 6158).
Il motivo deve, pertanto, essere respinto.
5.- Il ricorso va rigettato.
6.- Le spese seguono la soccomberiza e si determinano così
come in dispositivo.
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caparra.

7.- Sussistono i presupposti per il versamento, da parte
della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a
norma del comma 1 bis dello stesso art. 13 del D.P.R. n.
115/2002.

La Corte
rigetta il ricorso

e condanna la parte ricorrente al

pagamento in favore del contro ricorrente delle spese del
giudizio, determinate in C 2.700,00, di cui C 200,00 per
esborsi, altre spese generali nella misura del 15% ed
accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del
2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il
versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis
dello stesso art. 13.

Così deciso nella Camera di Consiglio della Seconda
Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione il
26 settembre 2017.

P.Q.M.

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