Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30047 del 14/12/2017


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 30047 Anno 2017
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: LOMBARDO LUIGI GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 3269-2013 proposto da:
IMMOBILIARE EMMEGI IN LIQUIDAZIONE SAS, elettivamente
domiciliato in ROMA, V.VETURIA 45, presso lo studio
dell’avvocato ROBERTO IMPERIALI, rappresentato e difeso
dall’avvocato ANTONINO VERDIRAME;
– ricorrente e controricorrente all’incidentale contro

PIGAZZI

LUIGI,

BRZEZINSKA

TERESA,

elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA RENATO FUCINI 238, presso lo
studio dell’avvocato FABIO CUTULI, che li rappresenta e
difende unitamente agli avvocati FRANCESCO CAVALLARO,
GUIDO CUTULI;

Data pubblicazione: 14/12/2017

- controricorrenti e ricorrenti incidentali nonchè contro

MARTELLI PAOLO, DACCO’ TIZIANA;
– intimati –

di MILANO, depositata il 06/12/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 22/09/2017 dal Consigliere Dott. LUIGI
GIOVANNI LOMBARDO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO SGROI che ha concluso per il
rigetto di entrambi i ricorsi;
udito l’Avvocato NAVA Mario, con delega depositata in
udienza dell’Avvocato VERDIRAME Antonino, che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso.

L

avverso la sentenza n. 3426/2011 della CORTE D’APPELLO

FATTI DI CAUSA
1. – Con sentenza del 29 maggio 1995, il Tribunale di Milano, nel
provvedere anche su altri punti che non formano più oggetto della
materia del contendere, dichiarò che la servitù di “accesso e scarico”,
costituita convenzionalmente nel 1988 e gravante sul terreno sito nel
comune di Casorezzo (MI) di proprietà di Pigazzi Luigi e Brzezinska

passaggio sotterraneo di fognature e di condotte per le varie utenze,
a servizio della limitrofa villetta successivamente costruita dalla s.a.s.
Immobiliare Emmegi di Bertoni Novello & C. e venduta nel 1989 a
Martelli Paolo e Daccò Tiziana; ordinò l’innalzamento di circa un
metro del livello del fondo servente e la tombinatura di un adiacente
canale adacquatore.
2. – Sul gravame proposto in via principale dal Pigazzi (con
successiva adesione della Brzezinska) e in via incidentale dalla
Immobiliare Emmegi, la Corte di Appello di Milano, con sentenza del
20 giugno 1997, dichiarò inammissibile l’impugnazione principale nei
riguardi di Martelli Paolo e Daccò Tiziana per essere stato l’atto
notificato in unica copia al loro procuratore; dichiarò che la servitù di
passaggio si esercitava dalla quota della via pubblica fino al cancello
della villetta per poi digradare progressivamente fino al livello
originario; escluse la tombinatura del canale; condannò la società
Emmegi ad eseguire i lavori di parziale innalzamento della strada
privata e di interramento del condotto fognario.
3. – Con sentenza dell’Il luglio 2000 questa Suprema Corte cassò
la sentenza di secondo grado, con rinvio ad altra sezione della Corte
d’appello di Milano, rilevando che erroneamente l’appello di Pigazzi
Luigi e Brzezinska Teresa era stato dichiarato inammissibile.
4. – Il giudizio di rinvio fu definito dalla Corte di Appello di Milano
con sentenza del 13 giugno 2003, che confermò integralmente la
sentenza di primo grado.

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Teresa, comprendeva sia il transito pedonale e veicolare, sia il

5. – Avverso la sentenza emessa a conclusione del giudizio di
rinvio proposero ulteriore ricorso per cassazione Pigazzi Luigi e
Brzezinska Teresa e questa Corte, con sentenza n. 3030 del
6/2/2009, cassò la pronuncia impugnata e dispose il rinvio della
causa ad altra sezione della Corte di Appello di Milano, enunciando il
seguente principio di diritto:

«I diritti di servitù stabiliti

cod. civ., ricom prendono tutto ciò che è necessario per usarne e, nel
dubbio circa l’estensione e le modalità di esercizio, devono ritenersi
costituiti non per il conseguimento di qualsiasi possibile vantaggio del
fondo dominante, ma soltanto di quello corrispondente alla natura,
come stabilita dal titolo, del peso imposto sul fondo servente».
6. – A seguito dell’ulteriore rinvio, la Corte di Appello di Milano,
con sentenza n. 3426 del 6/12/2001, in riforma della pronuncia di
primo grado, dichiarò che la servitù costituita sul terreno dei coniugi
Pigazzi, in favore della società Emmegi e dei suoi aventi causa, non
consentiva di sopralzare il livello della strada di proprietà dei Pigazzi,
non consentiva di interrare nel sottosuolo della medesima le tubazioni
delle utenze di acqua, luce, gas e telefono, né consentiva di
tombinare il canale di irrigazione che scorre sul lato est della
medesima strada; ordinò il ripristino dello stato dei luoghi; condannò
l’Immobiliare Emmegi al risarcimento del danno, in favore dei coniugi
Pigazzi, liquidato in euro 48 mila.
7. – Per la cassazione di tale ultima sentenza ricorre la società
Immobiliare Emmegi in liquidazione sulla base di undici motivi.
Resistono con controricorso Pigazzi Luigi e Brzezinska Teresa, che
propongono altresì ricorso incidentale affidato ad un unico motivo.
Martelli Paolo e Daccò Tiziana, ritualmente intimati, non hanno
svolto attività difensiva.
Sia la ricorrente principale che i controricorrenti (ricorrenti in via
incidentale) hanno depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ.

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convenzionalmente, per il combinato disposto degli artt. 1064 e 1065

RAGIONI DELLA DECISIONE
1.

Va innanzitutto esaminato il ricorso principale.

1.1. – Col primo motivo si deduce la violazione e la falsa
applicazione di norme di diritto (ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ.),
nonché il vizio di motivazione della sentenza impugnata (ex art. 360
n. 5 cod. proc. civ.), per avere la Corte territoriale dichiarato

comproprietà della strada su cui si esercita la pretesa servitù,
proposta nell’ultimo giudizio di rinvio dalla Immobiliare Emmegi con
comparsa di costituzione e risposta. Si lamenta che la Corte di rinvio
non abbia considerato la sopravvenienza della sentenza della Corte di
Appello di Milano n. 1893 del 2008, passata in cosa giudicata, che – a
dire della ricorrente – avrebbe accertato la comproprietà della strada
per cui è causa per essere la Immobiliare Emmegi proprietaria di una
porzione di terreno costituente il sedime stradale, comproprietà che
escluderebbe la sussistenza della servitù oggetto della controversia.
La censura non è fondata.
È bensì vero che, in sede di giudizio di rinvio, il divieto per le
parti, stabilito dal terzo comma dell’art. 394, terzo comma, cod. proc.
civ., di formulare nuove conclusioni e, quindi, di proporre domande
ed eccezioni nuove o di prospettare nuove tesi difensive, trova deroga
allorché si faccia valere la sopravvenuta formazione del giudicato
esterno, il quale, facendo stato ad ogni effetto tra le parti, deve
essere preso in considerazione dal giudice del rinvio se intervenuto come fatto impeditivo, estintivo o modificativo della pretesa azionata
– in un momento successivo a quello della sua possibile allegazione
nelle pregresse fasi processuali (Cass., Sez. 3, n. 17690 del
29/08/2011).
Tuttavia, nella specie, non risulta l’esistenza di un giudicato
incidente sulla res litigiosa.

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inammissibile, ritenendola “nuova”, la domanda di accertamento della

Invero, la sentenza della Corte di Appello di Milano n. 1893 del
2008 si limita ad accertare il confine tra i fondi delle parti, senza fare
alcun cenno alla strada per cui è causa. Dalla lettura della sentenza
non è dato rilevare che il confine individuato passi proprio su tale
strada; e nessun accertamento della comproprietà della strada è
contenuto nella richiamata sentenza.

milanese si riconosce espressamente la sussistenza della servitù di
“accesso e scarico” per cui è causa «a carico del mappale Pigazzi
123/a ed in favore del mappale 536 (123/b) Emmegi».

Dal che

l’assoluta inconsistenza della doglianza.
1.2. — Col secondo motivo, si deduce la violazione e la falsa
applicazione di norme di diritto (ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ.), per
avere la Corte territoriale dichiarato inammissibile la domanda diretta
ad ottenere l’accertamento della comunione della strada, ritenendo
che essa fosse reiterativa di altra domanda proposta dinanzi al
Tribunale di Milano (sezione di Rho), nonostante che non risultasse
dagli atti il contenuto della domanda proposta dinanzi a quel giudice e
nonostante che quanto chiesto alla Corte di Appello costituisse in
realtà una mera eccezione riconvenzionale (volta ad ottenere il rigetto
della negatoria servitutis esercitata dai coniugi Pigazzi) e non una
vera e propria domanda.
Col terzo motivo, che va esaminato unitamente al secondo stante
la stretta connessione, si deduce poi la violazione e la falsa
applicazione di norme di diritto (ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ.), per
avere la Corte di rinvio, una volta preso atto della pendenza di
separata causa avente ad oggetto l’accertamento della proprietà della
strada, omesso di disporre la sospensione del processo ai sensi
dell’art. 295 cod. proc. civ., nonostante l’evidente pregiudizialità.
Entrambe le censure sono infondate.

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Ma v’è di più. A p. 18 della sentenza n. 1893/2008 della Corte

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, dalla quale non v’è
ragione di discostarsi, nel giudizio di rinvio è inibito alle parti
prendere conclusioni diverse dalle precedenti o che non siano
conseguenti alla cassazione, così come non sono modificabili i termini
oggettivi della controversia espressi o impliciti nella sentenza di
annullamento, e tale preclusione investe non solo le questioni

parti, ma anche le questioni di diritto rilevabili d’ufficio, ove esse
tendano a porre nel nulla od a limitare gli effetti intangibili della
sentenza di cassazione e l’operatività del principio di diritto, che in
essa viene enunciato non in via astratta, ma agli effetti della
decisione finale della causa (ex plurimis, Cass, Sez. 2, n. 327 del
12/01/2010).
Alla stregua di tale principio, la immobiliare Emmegi non avrebbe
potuto sollevare nel giudizio di rinvio la questione nuova relativa alla
comproprietà della strada, neppure in via di eccezione; né
sussistevano i presupposti per la sospensione del giudizio, dal
momento che la stessa Emmegi riconosce che non risultava affatto
essere stato precisato il contenuto della domanda proposta dinanzi al
Tribunale di Milano (Sezione distaccata di Rho).
1.3. – Il quarto motivo (col quale si deduce la violazione e la falsa
applicazione di norme di diritto, nonché il vizio di motivazione della
sentenza impugnata, per avere la Corte di rinvio, nel ritenere la
sussistenza della servitù sulla strada, statuito in violazione del
giudicato formatosi tra le parti con la sentenza della Corte di Appello
di Milano n. 1893/2008, che avrebbe dichiarato la proprietà comune
della strada medesima) e il quinto motivo (col quale si denuncia la
violazione e la falsa applicazione di norme di diritto, per avere la
Corte territoriale disposto la rimozione delle condutture per utenze
varie, nonostante che queste ultime fossero collocate sulla porzione
della strada di proprietà della Immobiliare Emmegi) sono infondati

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espressamente dedotte o che avrebbero potuto essere dedotte dalle

per le ragioni esposte nell’esame del primo motivo, con riferimento
alla insussistenza di un giudicato che accerti la comproprietà della
strada.
1.4. – Col sesto motivo, si deduce poi la violazione e la falsa
applicazione di norme di diritto, nonché il vizio di motivazione della
sentenza impugnata, per avere la Corte di rinvio, male interpretando

l’inserimento delle condutture e la tombinatura rientrassero tra le
modalità di esercizio della servitù.
Col settimo motivo, si deduce il vizio di motivazione della
sentenza impugnata, per avere la Corte di rinvio erroneamente
applicato il principio di diritto dettato da questa Corte con la sentenza
n. 3030/2009.
Con l’ottavo motivo, si deduce ancora la violazione e la falsa
applicazione di norme di diritto, nonché il vizio di motivazione della
sentenza impugnata, in relazione alla rimozione della tombinatura.
I motivi appena richiamati sono infondati, avendo la Corte
milanese osservato il principio di diritto dettato da questa Suprema
Corte con la sentenza n. 3030/2009 e avendo interpretato il titolo
costitutivo della servitù e determinatone il contenuto con motivazione
esente da errori logici e giuridici.
1.5. – Col nono motivo, si deduce il vizio di motivazione della
sentenza impugnata (ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ.), per avere la
Corte di Milano omesso di statuire sulla domanda di costituzione di
servitù coattiva relativamente al passaggio delle tubazioni,
all’innalzamento della strada e alla tombinatura.
Anche questa doglianza non è fondata.
Premesso che l’omissione di pronuncia va denunciata come error

in procedendo ex art. 360 n. 4 cod. proc. civ., e non come vizio della
motivazione ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ., in ogni caso va rilevato
che, nella specie, la Corte territoriale ha preso in esame la domanda

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il titolo, erroneamente escluso che il sopralzo della strada,

di costituzione coattiva della servitù e statuito su di essa, rilevando la
sua infondatezza con motivazione esente da vizi logici e giuridici (la
Corte milanese, in particolare, ha rilevato la insussistenza dei
presupposti per costituire coattivamente la servitù, avendo avuto la
Emmegi la possibilità di realizzare i manufatti altrove).
1.6. – Col decimo motivo, si deduce ancora la violazione e la falsa

nonché il vizio di motivazione della sentenza impugnata (ex art. 360
n. 5 cod. proc. civ.), per avere la Corte di rinvio condannato la società
Immobiliare Emmegi al risarcimento del danno in favore degli attori
(per il disagio da questi ultimi patito per sedici anni nell’accedere al
loro fondo), nonostante che la domanda proposta fosse generica e
che il danno fosse insussistente.
Anche questo motivo non può trovare accoglimento.
Per un verso, invero, il motivo risulta non specifico con
riferimento alla doglianza circa la genericità della domanda di
risarcimento dei danni (la ricorrente non rappresenta in qual modo la
domanda sia stata formulata e, pertanto, la sua critica al modo di
formulazione della domanda rimane assolutamente generica), per
altro verso, poi, il danno risultava in actis, scaturendo esso dal
disagio derivante dal fatto che la strada era stata sopraelevata fino ad
un metro al disopra del livello del fondo attoreo, sì da limitare e
rendere disagevole il transito e la stessa fruizione del predio. Trattasi
di danno giuridicamente rilevante, consistito nella limitazione del
godimento del bene da parte degli attori.
È poi insindacabile in cassazione l’esercizio in concreto del potere
discrezionale conferito al giudice di liquidare il danno in via equitativa,
quando – come nella specie – la decisione in merito è sorretta da
motivazione immune da vizi logici e da errori di diritto (Cass. Sez. 2,
n. 7235 del 26/06/1995; Sez. 3, n. 8807 del 27/06/2001; Sez. 2, n.
6067 del 17/03/2006).

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applicazione di norme di diritto (ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ.),

1.7. – Con l’ultimo motivo (l’undicesimo), si deduce infine la
violazione e la falsa applicazione di norme di diritto, per avere la
Corte di rinvio disposto la rimozione delle opere realizzate e il
ripristino dello stato dei luoghi.
Il motivo è inammissibile, per difetto di specificità, non
prospettando esso in realtà alcun vizio di legittimità, neppure sotto

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, che il Collegio ritiene
di ribadire, quando nel ricorso per cassazione è denunziata violazione
o falsa applicazione di norme di diritto, il vizio della sentenza previsto
dall’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., deve essere
dedotto, a pena di inammissibilità, non solo mediante la puntuale
indicazione delle norme asseritamente violate, ma anche mediante
specifiche argomentazioni, intese motivatamente a dimostrare in qual
modo determinate affermazioni in diritto, contenute nella sentenza
gravata, debbano ritenersi in contrasto con le norme regolatrici della
fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla dottrina e
dalla prevalente giurisprudenza di legittimità (Cass., Sez. 6 – 5, n.
635 del 15/01/2015).
Nella specie non vi è alcuna indicazione delle norme di legge
asseritamente violate, né la ricorrente spiega in qual modo la
condanna al ripristino dello stato dei luoghi contrasti con le norme
regolatrici della materia. Dal che l’inammissibilità del motivo.
Trattasi, in realtà, di censura assorbita nel rigetto dei precedenti
motivi, attenendo essa ad una statuizione che è consequenziale a
quelle che hanno determinato l’estensione della servitù.
2. – Passando all’esame del ricorso incidentale proposto dai
controricorrenti coniugi Pigazzi, con l’unico motivo si deduce il vizio di
motivazione della sentenza impugnata (ex art. 360 n. 5 cod. proc.
civ.), per avere la Corte di rinvio rigettato la domanda di risarcimento
del danno relativo alle somme che i coniugi Pigazzi hanno dovuto

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l’apparente profilo della violazione di legge.

sborsare per effetto dell’esecuzione provvisoria della sentenza di
primo grado emessa dal Tribunale di Milano il 4/4/1995.
La censura non è fondata.
Premesso che la sentenza impugnata ha condannato l’Immobiliare
Emmegi a restituire ai coniugi Pigazzi «tutte le somme da questi
pagate effettivamente corrisposte per effetto della sentenza di primo

appello (…) con gli interessi legali dalla data della sentenza al saldo»,
va rilevato che il risarcimento di ogni ulteriore danno non può trovare
ingresso nel giudizio di appello.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, alla quale il Collegio
ritiene di dare continuità, la disposizione dell’art. 345 secondo comma
ultima parte cod. proc. civ., che – derogando al fondamentale
principio del divieto di domande nuove in appello – autorizza la
proponibilità di quelle aventi ad oggetto gli interessi, i frutti, gli
accessori maturati dopo la sentenza impugnata nonché il risarcimento
dei danni sofferti dopo la sentenza stessa, postula che dette domande
derivino da cause preesistenti all’inizio della lite e che trovino
fondamento nella stessa causa petendi dedotta in primo grado, onde
l’applicazione della menzionata eccezionale norma non ha luogo per il
risarcimento dei danni cagionati da fatti posteriori che con quelli
precedenti non abbiano un nesso diretto e sostanziale, come per le
domande inerenti ai danni derivanti dall’esecuzione della sentenza di
primo grado (Cass., Sez. 2, n. 7656 del 30/07/1990).
I coniugi Pigazzi, pertanto, potranno chiedere solo in separato
giudizio il risarcimento di eventuali ulteriori danno patiti a causa
dell’esecuzione della sentenza di primo grado.
3. – In definitiva, entrambi i ricorsi devono essere rigettati.
Tenuto conto del principio di causalità e della prevalente incidenza
del ricorso principale (a fronte della minima incidenza del ricorso

11

grado (Tribunale Milano del 4/4/1995 n. 5531/95) e delle sentenze di

incidentale), le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico
della ricorrente in via principale.
4.

ai ar—

c-e.vrboin, \-4

1e. parti ricorrenti soncj tenuta versare – ai sens”

1 quater

D.P.R. n. 115/02 (applicabile ratione
e.
temporis, essendo stato il ricorso v proposto dopo il 30 gennaio 2013)
dell’art. 13, comma

– un ulteriore importo a titolo contributo unificato pari a quello

P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale; condanna la
ricorrente principale al pagamento, in favore dei controricorrenti,
delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00
(cinquemila) per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura
del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di
legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 – quater del d.P.R. n. 115 del 2002
dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento,
Da e ch da parte dei ricorrenti in via
parte della ricorrente inTh
via —Srir
iaj–r—q

incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis dello stesso
art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda
Sezione Civile, addì 22 settembre 2017.

dovuto per la proposizione dell’impugnazione.

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