Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30046 del 29/12/2011

Cassazione civile sez. I, 29/12/2011, (ud. 24/11/2011, dep. 29/12/2011), n.30046

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. BERRUTI Giuseppe – Consigliere –

Dott. SALVAGO Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.P.E. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA VALADIER 43, presso l’avvocato LIZZA EGIDIO,

rappresentata e difesa dall’avvocato PORTOGHESE ANTONIO, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI PIETRADEFUSI (C.F. (OMISSIS)), in persona del Sindaco

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CELIMONTANA 38,

presso l’avvocato PANARITI PAOLO, rappresentato e difeso

dall’avvocato SANTUCCI ETTORE, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 840/2008 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 03/03/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/11/2011 dal Consigliere Dott. SALVATORE SALVAGO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FIMIANI Pasquale che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 10 maggio 2000, la Corte di appello di Napoli confermò la decisione 18 marzo 1998 del Tribunale di Benevento che aveva revocato il decreto ingiuntivo 8 marzo 1995 concesso a C. P.E. dal Presidente di quel Tribunale nei confronti del comune di Pietradefusi quale contributo per il finanziamento di un fabbricato ubicato nella locale via (OMISSIS), danneggiato dal terremoto del 1960. Questa Corte, con sentenza 17 settembre 2004 n. 18742, cassò la decisione di appello nella parte in cui aveva escluso il diritto soggettivo della richiedente al versamento del contributo, già perfetto in presenza di decreto sindacale di “indicazione” del contributo “in mancanza di disponibilità finanziarie”, di cui al D.L. n. 19 del 1984, art. 3, comma 5, nonchè del parere positivo dell’apposita commissione di cui alla L. 14 maggio 1981, n. 219, art. 14 (e succ. modif.). Ma la Corte di rinvio con sentenza del 3 marzo 2008 ha confermato egualmente la decisione del Tribunale per l’avvenuta ricostruzione dell’edificio in modo difforme al progetto per cui il contributo era stato ottenuto. Per la cassazione della sentenza la C. ha proposto ricorso per un motivo; cui resiste il comune con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il Comune ha eccepito l’inammissibilità del ricorso, tra l’altro, per la mancata formulazione dei quesiti di diritto in modo conforme al disposto dell’art. 366 bis cod. proc. civ. L’eccezione è fondata.

Questa Corte, nella elaborazione dei canoni di redazione del quesito di diritto, del quale deve essere corredato ciascun motivo di ricorso per il disposto dell’art. 366 bis cod. proc. civ., ha ripetutamente affermato, anche a sezioni unite, che i quesiti di diritto rispondono alla esigenza di soddisfare l’interesse del ricorrente ad una decisione della lite diversa da quella cui è pervenuta la sentenza impugnata, ed al tempo stesso, con più ampia valenza, di enucleare, collaborando alla funzione nomofilattica della Corte di Cassazione, il principio di diritto applicabile alla fattispecie; sicchè gli stessi devono costituire la chiave di lettura delle ragioni esposte e porre la medesima Corte in condizione di rispondere ad esso con l’enunciazione di una “regula iuris” che sia, in quanto tale, suscettibile di ricevere applicazione in casi ulteriori rispetto a quello sottoposto all’esame del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata.

Ciò vale a dire, da un lato che il quesito di diritto deve rappresentare il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale; e dall’altro che la Corte di legittimità deve poter comprendere dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della questione, l’errore di diritto asseritamene compiuto dal giudice e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare.

Consegue che ove tale articolazione logico – giuridica manchi, il quesito si risolve in un’ astratta petizione di principio, inidonea sia ad evidenziare il nesso tra la fattispecie ed il principio di diritto che si chiede venga affermato, sia ad agevolare la successiva enunciazione di tale principio ad opera della Corte, in funzione nomofilattica; per cui esso non può consistere in una mera richiesta di accoglimento del motivo o nell’interpello della Corte in ordine alla fondatezza della censura così come illustrata nello svolgimento dello stesso motivo. Ed a maggior ragione risolversi nella generica richiesta rivolta alla Corte di stabilire se sia stata o meno violata una certa norma, essendo ciascuna di queste formulazioni del tutto inidonea ad assumere rilevanza ai fini della decisione del motivo e a chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alla concreta controversia. Nessuno di questi principi è stato osservato dalla ricorrente, che dopo avere addebitato alla decisione impugnata numerose violazioni delle norme che disciplinano il giudizio (non essersi attenuta al principio enunciato dalla Cassazione, avere introdotto nuovi temi di indagine, avere pronunciato su questioni non devolutele dalla Cassazione ecc.), nonchè vizi di motivazione in ordine alla ritenuta non conformità della propria costruzione al progetto per cui aveva ottenuto il contributo, ha chiesto a questa Corte di enunciare essa un principio di diritto “in tal senso” e di dire se la decisione impugnata aveva o meno violato l’art. 384 cod. proc. civ. Il tutto senza osservare neanche il principio che, in caso di proposizione di motivi di ricorso per cassazione formalmente unici, ma in effetti articolati in profili autonomi e differenziati di violazioni di legge diverse, nonchè di vizi di motivazione, sostanziandosi tale prospettazione nella proposizione cumulativa di più motivi, affinchè non risulti elusa la “ratio” dell’art. 366-bis cod. proc. civ., tali motivi cumulativi debbono concludersi con la formulazione di tanti quesiti per quanti sono i profili fra loro autonomi e differenziati in realtà avanzati (Cass. sez. un. 5624/2009, 1906/2008).

Il ricorso va conclusivamente dichiarato inammissibile, e la C., rimasta soccombente, condannata al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso, e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in favore del Comune in complessivi Euro 2.200, 00, di cui Euro 2.000, 00 per onorario di difesa, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 24 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2011

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