Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30046 del 14/12/2017


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 30046 Anno 2017
Presidente: BIANCHINI BRUNO
Relatore: ABETE LUIGI

ORDINANZA
sul ricorso n. 26351 – 2014 R.G. proposto da:
CONDOMINIO di via Pigna, n. 197, Napoli – c.f. 94021690634 – in persona
dell’amministratore pro tempore, rappresentato e difeso in virtù di procura
speciale a margine del ricorso dall’avvocato professor Manlio Lubrano di
Scorpaniello ed elettivamente domiciliato in Roma, alla piazza Martiri di Beifiore,
n. 3, presso lo studio dell’avvocato Corrado Musso.
RICORRENTE
contro
AULETTA MARIO – c.f. LTTMRA45R28B7590 – rappresentato e difeso in virtù di
procura speciale a margine del controricorso dall’avvocato Alfredo Pepe ed
elettivamente domiciliato in Roma, alla via Montopoli, n. 31, presso lo studio
dell’avvocato Sante Calza.
CONTRORICORRENTE
e
BARRA MARIA
INTIMATA

Data pubblicazione: 14/12/2017

avverso la sentenza della corte d’appello di Napoli n. 2178 dei 9/16.5.2014,
udita la relazione nella camera di consiglio del 19 settembre 2017 del consigliere
dott. Luigi Abete,

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO
Con ricorso al tribunale di Napoli il condominio di via Pigna, n. 197, Napoli

per oneri condominiali insoluti maturati dal 1996 all’ottobre 2000.
Con decreto n. 4116 del 28.9.2000 veniva pronunciata l’ingiunzione.
Con atto di citazione ritualmente notificato Mario Auletta proponeva
opposizione.
Deduceva che non era obbligato a corrispondere alcunché; che l’unità
immobiliare di cui era proprietario, ubicata al civico n. 191 di via Pigna, aveva
autonomo e diretto accesso alla strada e non faceva parte del condominio.
Chiedeva revocarsi il decreto opposto.
Si costituiva il condominio.
Instava per il rigetto dell’avversa opposizione.
Si costituiva Maria Barra, coniuge in comunione legale dell’opponente.
Con sentenza n. 3290/2005 il tribunale adito accoglieva l’opposizione,
revocava l’ingiunzione e compensava le spese.
Interponeva appello il condominio di Napoli, via Pigna, n. 197.
Resistevano Mario Auletta e Maria Barra; esperivano appello incidentale.
Con sentenza n. 2178/2014 la corte d’appello di Napoli rigettava ambedue i
gravami e condannava l’appellante principale alle spese.
Evidenziava la corte che il condominio – gravato dall’onere della prova aveva prodotto unicamente verbali di assemblea e ricevute a nome di Mario

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chiedeva ingiungersi a Mario Auletta il pagamento della somma di lire 9.542.606

Auletta, ma al cospetto delle contestazioni degli appellati non ne aveva
dimostrato la qualità di condomini; che irrilevante era la circostanza per cui gli
appellati avessero per un certo lasso temporale partecipato alle assemblee e
pagato gli oneri condominiali.
Evidenziava dunque che andava confermato il riscontro d’estraneità al

era identificata con una sua propria particella catastale, aveva un numero civico
diverso da quello del condominio, un autonomo e diretto accesso alla strada
nonché fondazioni e scarico fognario a sé stanti.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il condominio di via Pigna, n. 197,
Napoli; ne ha chiesto sulla scorta due motivi la cassazione con ogni susseguente
statuizione anche in ordine alle spese di lite.
Mario Auletta ha depositato controricorso; ha chiesto rigettarsi l’avverso
ricorso con il favore delle spese da attribuirsi al difensore anticipatario.
Maria Barra non hanno svolto difese.
Il controricorrente ha depositato memoria.
Con il primo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3,
cod. proc. civ. la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1117 e 2697, 2° co.,
cod. civ. e dell’art. 115, 1° co., cod. proc. civ..
Deduce che la corte di merito non ha considerato adeguatamente la
presunzione di condominialità di cui all’art. 1117 cod. civ..
Deduce che nel caso di specie la presunzione di condominialità rinviene
riscontro alla stregua della relazione tecnica datata 10.2.2000 a firma
dell’ingegner Domenico Moscardino, relazione che per nulla è stata presa in
considerazione dai giudici del merito e il cui esito “non è stato in alcun modo

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condominio dell’unità abitativa degli appellati; che difatti tale unità immobiliare

vinto da elementi di prova contraria” (così ricorso, pag. 8), propriamente da
elementi fondati su di un apposito “titolo”.
Deduce che non hanno rilevanza alcuna l’autonoma identificazione catastale
dell’unità immobiliare delle controparti e la presenza di un autonomo accesso alla
pubblica strada e di un’autonoma immissione nella fogna comunale

riferimento a fondazioni, strutture portanti anche verticali, lastrici e scarichi
pluviali comuni” (così ricorso, pag. 12).
Deduce che l’Arcidiocesi di Napoli, proprietaria dell’immobile sottostante a
quello di Mario Auletta e Maria Barra, non ha mai dubitato della condominialità
della propria unità immobiliare.
Deduce che la documentazione da esso ricorrente prodotta è univoca
nell’indicare gli elementi da cui si desume la condominalità dell’unità immobiliare
di controparte; che sono stati i coniugi Auletta – Barra a fornire la prova
documentale contraria ai loro assunti mercé allegazione dell’atto di
compravendita per notar Albore del 28.3.1975 e dell’atto di compravendita per
notar Rungi del 3.12.1967.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n.
5, cod. proc. civ. l’omessa o insufficiente motivazione.
Deduce che la corte distrettuale ha omesso la valutazione della relazione a
firma dell’ingegner Moscardino e degli atti di compravendita a rogiti notar Albore
e notar Rungi, ha omesso la valutazione della mancata specifica contestazione da
parte dei convenuti della relazione a firma dell’ingegner Moscardino, ha omesso
la valutazione delle risultanze della documentazione prodotta da esso
condominio.

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precipuamente a fronte delle risultanze della relazione “Moscardino” che “fa

Priva di fondamento è la preliminare “eccezione di giudicato” sollevata
dal controricorrente.
Invero la notifica della sentenza di secondo grado eseguita in data 6.6.2014 è
stata operata in relazione all’autonomo diritto dell’avvocato antistatario di Mario
Auletta.

“breve” ai fini della proposizione del ricorso per cassazione

(cfr. Cass.

11.11.2016, n. 23021, secondo cui, in tema d’impugnazioni, la notifica della
sentenza al soccombente, effettuata dal difensore distrattario al solo scopo del
recupero delle spese, essendo finalizzata alla realizzazione di un diritto proprio
del procuratore, diverso e autonomo rispetto alla posizione sostanziale della
parte rappresentata, non fa decorrere nei confronti di quest’ultima il termine
breve per proporre l’impugnazione, rimanendo per la stessa operante, in
mancanza di specifica notificazione, il termine previsto dall’art. 327,

10 co., cod.

proc. civ.).

I motivi di ricorso sono strettamente connessi.
Anche il primo mezzo di impugnazione infatti si qualifica in relazione alla
previsione del n. 5 del 10 co. dell’art. 360 cod. proc. civ..
Occorre tener conto, da un lato, che pur con il primo motivo il condominio
censura sostanzialmente il giudizio “di fatto” cui la corte territoriale ha atteso (“si
evince da tale passaggio come la medesima Corte abbia valorizzato detti
elementi, i quali non sono in alcun modo decisivi ai fini della valutazione del
rapporto condominiale, (…) sia perché in molti condominii esistono unità o corpi
di fabbrica con accessi autonomi (…) e separati scarichi fognari (…)”: così ricorso,
pagg. 10 – 12; “non si comprende come (…) si sia potuto accogliere una diversa
tesi, senza che la stessa fosse supportata da idonea prova contraria”: così

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Come tale è inidonea a far decorrere nei confronti del condominio il termine

ricorso, pag. 12; “è in altre parole mancato, nei giudizi di merito, il doveroso
esame di tutte le prove proposte dalle parti”: così ricorso, pag. 18).
Occorre tener conto, dall’altro, che è propriamente il motivo di ricorso ex art.
360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. che concerne l’accertamento e la valutazione dei
fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia

(cfr. Cass. sez. un.

In questi termini ambedue i motivi sono destituititi di fondamento.
Si premette che i vizi motivazionali sostanzialmente veicolati dagli esperiti
mezzi di impugnazione rilevano nel segno della novella formulazione del n. 5 del
1° co. dell’art. 360 cod. proc. civ. (la sentenza della corte partenopea è stata
depositata il 16.5.2014) e nei limiti di cui all’insegnamento delle sezioni unite di
questa Corte n. 8053 del 7.4.2014.
In quest’ottica si rappresenta quanto segue.
Da un canto, che nessuna delle figure di “anomalia motivazionale” destinate
ad acquisire significato alla stregua della pronuncia delle sezioni unite testé
menzionata, si scorge in relazione alle motivazioni cui la corte d’appello ha
ancorato il suo dictum.
In particolare, con riferimento al paradigma della motivazione “apparente” che ricorre allorquando il giudice di merito non procede ad una approfondita
disamina logico – giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo
seguito (cfr. Cass. 21.7.2006, n. 16672) – la corte distrettuale – siccome si è in
precedenza posto in risalto – ha compiutamente ed intellegibilmente esplicitato il
proprio iter argomentativo.
Dall’altro, che la corte territoriale ha sicuramente disaminato il fatto
caratterizzante la res litigiosa ovvero l’appartenenza o meno al condominio
dell’unità immobiliare dei coniugi Auletta – Barra.
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25.11.2008, n. 28054; cfr. Cass. 11.8.2004, n. 15499).

L’iter motivazionale che sorregge l’impugnato dictum risulta perciò in toto

ineccepibile sul piano della correttezza giuridica ed assolutamente congruo ed
esaustivo.
In particolare si rappresenta ulteriormente quanto segue.
In primo luogo, che, in tema di condominio negli edifici, la presunzione legale

applicabile quando si tratti di parti dello stesso edificio (cfr. Cass. 30.7.2004, n.
14559), laddove, viceversa, nella fattispecie si è al cospetto di corpi di fabbrica

distinti, ancorché adiacenti.
In secondo luogo, che la circostanza per cui nei rogiti Albore del 28.3.1975 e
Rungi del 3.12.1967 “si parla espressamente del trasferimento di obblighi e diritti
condominiali” (così ricorso, pag. 17), non ha un peculiare significato, atteso che
la valenza di siffatta locuzione ben può essere circoscritta al solo edificio in cui
sono ricompresi l’unità immobiliare dei coniugi “Auletta – Barra” e l’unità
immobiliare dell’Arcidiocesi (cfr. Cass. 21.5.2012, n. 8012, secondo cui, in tema
di condominio negli edifici, in base all’art. 1117 cod. civ., l’estensione della
proprietà condominiale ad edifici separati ed autonomi rispetto all’edificio in cui
ha sede il condominio può essere giustificata soltanto in ragione di un titolo
idoneo a far ricom prendere il relativo manufatto nella proprietà del condominio
stesso, qualificando espressamente tale bene come ad esso appartenente negli
atti in cui, attraverso la vendita dei singoli appartamenti, il condominio risulta
costituito).

In terzo luogo (e comunque), che la costituzione di un condominio, pur non
necessitando di un atto formale, e pur essendo configurabile anche tra edifici
strutturalmente autonomi, appartenenti ciascuno a singoli soggetti, necessita

di comunione di talune parti, stabilita dall’art. 1117 cod. civ., è senz’altro

tuttavia che vi siano opere comuni, pur se distaccate, destinate al loro godimento
e servizio (cfr. Cass. 12.11.1998, n. 11407).
Su tale scorta si ribadisce che la corte d’appello, con valutazione “in fatto”
ineccepibile, esaustiva e congrua delle risultanze probatorie, ha disconosciuto la
sussistenza di un rapporto di inerenza strutturale e funzionale dell’edificio ove è

condominio ricorrente in questa sede.
In quarto luogo, che l’applicabilità ovvero, si aggiunge, la non applicabilità
delle norme sul condominio, in dipendenza della consistenza fisica e funzionale di
un determinato complesso edilizio, prescinde dalla circostanza che i proprietari
delle singole unità immobiliari si siano o meno resi conto della condominialità del
fabbricato (cfr. Cass. 11.5.1981, n. 3105).
Su tale scorta è del tutto irrilevante che i coniugi Auletta – Barra “si sono
sempre considerati condomini, (…) abbiano partecipato a molte assemblee
condominiali, (…) abbiano pagato le quote ordinarie e straordinarie (…), abbiano
fatto richiesta uti condomini del buono contributo per la riparazione delle parti
comuni ex I. n. 219/81” (così ricorso, pag. 13).
Infine, che il condominio ricorrente censura l’asserita erronea ed omessa
valutazione delle risultanze di causa (“questo documento (…) non è stato preso in
considerazione dal Tribunale e nemmeno dalla Corte di Appello”: così ricorso,
pag. 8; “questa difesa sottolinea (…) l’irrilevanza di un’unica identificazione
catastale”: così ricorso, pag. 10; “la Corte d’Appello di Napoli (…) ha omesso la
valutazione di prove decisive”: così ricorso, pag. 19).

E tuttavia il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non
legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con
il ricorso per cessazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360,
8

ricompresa l’unità abitativa del coniugi Auletta – Barra all’edificio costituente il

1° co., n. 5, cod. proc. civ., né in quello del precedente n. 4, disposizione che per il tramite dell’art. 132, n. 4, cod. proc. civ. – dà rilievo unicamente
all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge
costituzionalmente rilevante (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892).
Il rigetto del ricorso giustifica la condanna del condominio ricorrente al

Alfredo Pepe, del controricorrente, difensore il quale ha dichiarato di aver
anticipato le spese e di non aver riscosso gli onorari.
La liquidazione segue come da dispositivo.
Maria Barra non ha svolto difese.
Nessuna statuizione in ordine alle spese va pertanto assunta nei suoi
confronti.
Il ricorso è datato 29.10.2014. Si dà atto della sussistenza dei presupposti
perché, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, d.p.r. n. 115/2002 (comma 1

quater introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24.12.2012, n. 228),

il

condominio ricorrente sia tenuto a versare un ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione a norma del
comma 1 bis dell’art. 13 del medesimo d.p.r..
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente condominio di Napoli, via
Pigna, n. 197, a rimborsare all’avvocato Alfredo Pepe, difensore anticipatario del
controricorrente, le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in
euro 1.700,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle
spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge; ai sensi
dell’art. 13, comma 1 quater, d.p.r. 30.5.2002, n. 115, dà atto della sussistenza
dei presupposti per il versamento, da parte del condominio ricorrente,
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pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del difensore, avvocato

dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la
stessa impugnazione ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis, d.p.r. n. 115/2002.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della II sez. civ. della Corte

Suprema di Cassazione, il 19 settembre 2017.

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