Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30042 del 29/12/2011

Cassazione civile sez. I, 29/12/2011, (ud. 22/11/2011, dep. 29/12/2011), n.30042

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. SALME’ Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

COPROLA – CONSORZIO DI PRODUZIONE E LAVORO IN LIQUIDAZIONE COATTA

AMMINISTRATIVA (C.F. (OMISSIS)), in persona del Commissario

Liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA EZIO

19, presso l’avvocato GALLOTTI LUCIANO, rappresentata e difesa dagli

avvocati PORCARI FRANCESCO PAOLO, PERRI ANTONIO, giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI MATERA (C.F. (OMISSIS)), in persona del Sindaco pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, P.LE DELLE BELLE ARTI 8,

presso l’avvocato LONGOBARDI NINO, rappresentato e difeso

dall’avvocato ONORATI ENRICA, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 165/2004 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 16/07/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/11/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE SALME’;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato FRANCESCO PAOLO PORCARI che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato al comune di Matera il 12 marzo 1999 il consorzio fra cooperative di produzione e lavoro – COPROLA – ha promosso giudizio arbitrale per la risoluzione della controversia relativa all’esecuzione di un contratto d’appalto per la realizzazione di tre parcheggi in relazione al quale aveva richiesto con apposite riserve il ristoro dei maggiori oneri e del risarcimento dei danni, nominando contestualmente l’arbitro. Con atto del 1 aprile 1999 il sindaco ha proceduto alla nomina del proprio arbitro e la giunta comunale ha confermato e ratificato tale atto con delibera del 30 giugno 1999.

Il collegio arbitrale, con lodo del 26 luglio 2000, ha accolto in parte le domande proposte dal consorzio condannando il comune al risarcimento dei danni derivanti da illegittime sospensioni dei lavoro.

Con sentenza del 22 luglio 2004 la corte d’appello di Potenza ha dichiarato la nullità del lodo, compensando tra le parti le spese del giudizio. La corte territoriale è pervenuta a tale conclusione ritenendo necessario che il compromesso tra una pubblica amministrazione e un privato non solo debba rivestire la forma scritta, ma che debba essere contenuto in un unico documento, e ciò sulla base del R.D. n. 2240 del 1923, art. 17 che consente il perfezionamento del contratto con una amministrazione pubblica anche per corrispondenza nel solo caso di contratti conclusi con ditte commerciali, circostanza che non ricorre nella specie. In assenza di una norma che consenta il perfezionamento del compromesso per corrispondenza o mediante scambio di documenti integrantisi tra loro, deve valere il principio generale che richiede l’unicità del documento.

Avverso la sentenza COPROLA ha proposto ricorso per cassazione affidato a un unico motivo al quale resiste il comune con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Deducendo la violazione e falsa applicazione dell’art. 829 c.p.c., comma 1, n. 1, degli artt. 807 e 808 c.p.c., degli artt. 12 e 14 preleggi, e degli artt. 1326 e 1350 c.c., del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 17, R.D. 3 marzo 1934, n. 383, art. 87, R.D. 23 maggio 1924, n. 87, art. 101 e L. 25 giugno 1909, n. 422, art. 4 nonchè vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione, il ricorrente sostiene che quando è richiesta la forma scritta di un negozio è sufficiente che le manifestazioni di volontà siano contenute in documenti distinti, anche se redatti in diversi momenti, purchè tra gli stessi via sia un collegamento che evidenzi l’incontro dei consensi. Tale principio non soffre deroga con riferimento al compromesso perchè nessuna norma impone la contestualità, neppure quando una delle parti sia un’amministrazione pubblica, dovendosi l’opposta regola, ispirata ad esigenze di trasparenza e controllo dei flussi di denaro pubblico, applicare soltanto ai contratti commutativi o sinallagmatici. Nello stesso senso si sarebbe già pronunciata questa Corte. Peraltro, anche ad accettare l’interpretazione restrittiva del R.D. n. 2440 del 1923, art. 17 accolta dalla corte territoriale, il consorzio dovrebbe essere qualificato come “ditta commerciale” e quindi sarebbe autorizzata la deroga al principio della contestualità delle manifestazioni della volontà di compromettere in arbitri la controversia.

2. L’eccezione di inammissibilità del ricorso per indeterminatezza del motivo è infondata perchè il ricorrente ha puntualmente indicato le ragioni di critica della decisione impugnata con dovizia di argomentazioni.

3. Il ricorso è fondato.

Affrontando specificamente la questione della forma del compromesso (o della clausola compromissoria) in cui sia parte un’amministrazione pubblica questa Corte ha già in altre occasioni (cass. 24 luglio 2007, n. 16332; 23 febbraio 1999, n. 1541) affermato che anche in tali fattispecie vale il principio affermato per il compromesso (o la clausola compromissoria) sottoscritti solo da privati e cioè che il requisito della forma scritta ad substantiam, richiesto per la validità non postula indefettibilmente che la volontà negoziale sia espressa in un unico documento, attesa l’autonomia di tale negozio (o di detta clausola) rispetto al contratto cui essa accede. Infatti in tal caso non vengono direttamente in considerazione le esigenze di garanzia del regolare svolgimento dell’attività amministrativa e più in particolare di trasparenza e di controllo della spesa pubblica sottese al disposto del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, artt. 16 e 17 che richiedono che il negozio giuridico di cui sia parte un’amministrazione pubblica deve essere redatto a pena di nullità in un apposito documento, recante la sottoscrizione, anche se non contemporanea, di tale amministrazione e del privato.

In accoglimento del ricorso la sentenza, pertanto, deve essere cassata, con rinvio, anche per provvedere sulle spese di questo giudizio, alla corte d’appello di Potenza che si atterrà al seguente principio: “il compromesso del quale sia parte un’amministrazione pubblica non postula indefettibilmente che la volontà negoziale sia espressa in un unico documento”.

P.Q.M.

la corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla corte d’appello di Potenza in diversa composizione anche per le spese di questo giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 22 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2011

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