Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30042 del 21/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 21/11/2018, (ud. 04/07/2018, dep. 21/11/2018), n.30042

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA E. L. – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI G. – Consigliere –

Dott. NONNO G. M. – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M. G. – Consigliere –

Dott. CHIESI G. A. – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8034-2011 proposto da:

I.N.A.S. ITALIA S.R.L. IN LIQUIDAZIONE (C.F. (OMISSIS)), in persona

del legale rappresentante p.t., elett.te dom.to in Roma, alla Via

CRESCENZIO, N. 92, presso lo studio dell’Avv. CLAUDIO LUCISANO, che

lo rapp. e dif. in virtù di procura speciale in calce del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t. (C.F.

(OMISSIS)), dom.to ope legis in Roma, alla Via dei Portoghesi, n.

12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rapp. e dif.;

– controricorrente –

e contro

EQUITALIA NORD S.P.A. (già EQUITALIA NOMOS S.P.A.), in persona del

legale rappresentante p.t. (P.I. (OMISSIS)), elett.te dom.to in

Roma, alla Via QUATTRO FONTANE, n. 161, presso lo studio dell’Avv.

SANTE RICCI che, unitamente all’Avv. MAURIZIO CIMETTI, lo rapp. e

dif. in virtù di procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 08/33/10 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di TORINO, depositata il 04/02/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/07/2018 dal Consigliere Dott. CHIESI GIAN ANDREA;

udito il Pubblico Ministero, nella persona del Dott. DE AUGUSTINIS

UMBERTO, che ha concluso per il rinvio a nuovo ruolo per riunione ad

altri ricorsi o, in subordine, per il rigetto del ricorso;

udito l’Avv. GIANCARLO CASELLI, per l’Agenzia delle Entrante, nonchè

l’Avv. SIMONA CHIRICOTTO, per delega dell’Avv. MAURIZIO CIMETTI, per

l’Equitalia Nord s.p.a..

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La I.N.A.S. ITALIA S.R.L. IN LIQUIDAZIONE (d’ora in avanti, propose ricorso, innanzi alla C.T.P. di Torino, avverso la cartella di pagamento n. (OMISSIS) emessa a seguito di controllo automatizzato del modello Unico 2002, deducendo una pluralità di vizi inerenti la cartella medesima, nonchè il ruolo alla tessa sotteso (anche in relazione agli atti ad esso prodromici).

2. A seguito del rigetto del ricorso, l’INAS propose appello innanzi alla C.T.R. di Torino la quale rigettò il gravame, condannando altresì l’appellante alla refusione delle spese del secondo grado di lite.

3. Avverso tale sentenza l’INAS ha quindi proposto ricorso per cassazione, affidato a sedici motivi. Si sono costituite ed hanno resistito, con controricorso, l’AGENZIA DELLE ENTRATE e l’EQUITALIA NORD.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. In via preliminare va disattesa la richiesta di rinvio a nuovo ruolo formulata dal P.G., siccome generica, non essendovi elementi atti a consentire di valutare se i ricorsi cui lo stesso ha fatto riferimento nel corso della discussione – e rispetto ai quali ha chiesto procedersi alla riunione al presente – abbiano ad oggetto le medesime questioni e, in ultima analisi, il medesimo tributo per cui è causa in questa sede.

2. Con il primo motivo, parte ricorrente lamenta (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5) la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e D.P.R. n. 602 del 1973, art. 12, comma 4, per avere la C.T.R. ritenuto gravante sul contribuente l’onere di dimostrare l’avvenuta sottoscrizione del ruolo.

2.1. Il motivo (da correttamente ricondurre, per come formulato, al solo vizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Cfr. Cass., Sez. 3, 29.5.2018, n. 13395) è infondato.

2.2. Parte ricorrente non considera, infatti, che, secondo il costante insegnamento di questa Corte – cui ancora una volta si intende dare continuità in questa sede – il difetto di sottoscrizione del ruolo da parte del capo dell’ufficio non incide in alcun modo sulla validità dell’iscrizione a ruolo del tributo, poichè si tratta di atto interno e privo di autonomo rilievo esterno, trasfuso nella cartella da notificare al contribuente, per la quale ultima neppure è prescritta la sottoscrizione del titolare dell’ufficio (cfr. infra. Sul punto, ex multis, Cass. n. 26053/2015, Cass. n. 6199/2015 e Cass., n. 6610/2013), costituendo ius receptum il principio per cui la mancata sottoscrizione della cartella di pagamento da parte del funzionario competente non comporta l’invalidità dell’atto “quando non è in dubbio la riferibilità di questo all’Autorità da cui promana, giacchè l’autografia della sottoscrizione è elemento essenziale dell’atto amministrativo nei soli casi in cui sia prevista dalla legge” (cfr. Cass. n. 19761/2016, in motivazione. In senso conforme cfr., anche, Cass. n. 4555/2015, Cass. n. 25773/2014, Cass. n. 1425/2013, Cass. n. 11458/2012, Cass. n. 13461/2012, Cass. n. 6616/2011, Cass. n. 4283/2010, Cass. n. 4757/2009, Cass. n. 14894/2008, Cass. n. 4923/2007, Cass. n. 9779/2003, Cass. n. 2390/00, nonchè Corte Cost. n. 117/00).

2.3. A quanto detto deve inoltre aggiungersi (sulla scia di Cass. n. 19761/2016) che il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 12, non prevede alcuna sanzione per l’ipotesi di mancata sottoscrizione del ruolo; sicchè non può che operare la presunzione generale di riferibilità dell’atto amministrativo all’organo da cui promana, con onere della prova dell’insussistenza del potere e/o della provenienza a carico del contribuente (Cass. n. 24322/2014): il quale ultimo, peraltro, non può limitarsi ad una generica contestazione della insussistenza del potere e/o della provenienza dell’atto, ma deve allegare elementi specifici e concreti (Cass. n. 6616/2011), tenuto conto anche della “natura vincolata” degli atti meramente esecutivi, quali il ruolo e la cartella di pagamento, che non presentano in fase di formazione e redazione margini di discrezionalità amministrativa, con conseguente applicazione, nei loro confronti, del generale principio di irrilevanza dei vizi di invalidità del provvedimento, ai sensi della L. n. 241 del 1990, art. 21-octies (che impedisce l’annullamento del provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, il suo contenuto dispositivo non avrebbe comunque potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Sul punto cfr. anche Cass. n. 2365/2013).

3. Le considerazioni che precedono determinano l’assorbimento del terzo e del sesto motivo di ricorso con cui parte ricorrente si è doluta della violazione e falsa applicazione di legge, per non avere la C.T.R. dichiarato l’illegittimità del ruolo nonostante lo stesso fosse stato sottoscritto da parte di un soggetto (il Direttore dell’Agenzia Fiscale delle Entrate, Ufficio Locale di Chivasso) privo di qualifica dirigenziale e, comunque, privo di una valida delega.

4. Con tutti i successivi motivi (ad eccezione del quindicesimo e sedicesimo) parte ricorrente si duole, benchè con improprio richiamo al vizio di violazione e mancata applicazione di legge (cfr. art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), all’omissione di pronunzia rispetto ad una serie di motivi di appello (compiutamente illustrati alla p. 1 della gravata decisione), la cui proposizione risulta essere effettivamente avvenuta (cfr. p. 2 della motivazione della sentenza 8/33/10:”in sostanza riproponeva i motivi già offerti in primo grado lamentando come la sentenza impugnata non ne avesse tenuto conto”) e rispetto ai quali, tuttavia, la C.T.R. non ha fornito risposta alcuna: ricorre, dunque, in relazione a tali motivi di appello, la lamentata violazione dell’art. 112 c.p.c..

4.1. Sennonchè, nella più recente giurisprudenza di legittimità si è andato affermando l’orientamento (cfr. da ultimo Cass. S.U. n. 2731/2017) secondo cui, la mancanza di motivazione su questione di diritto e non di fatto deve ritenersi irrilevante, ai fini della cassazione della sentenza, qualora il giudice del merito sia comunque pervenuto ad un’esatta soluzione del problema giuridico sottoposto al suo esame. In tal caso, la Corte di cassazione, in ragione della funzione nomofilattica ad essa affidata dall’ordinamento, nonchè dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, di cui all’art. 111, comma 2, Cost., ha il potere, in una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 384 c.p.c., di correggere la motivazione anche a fronte di un error in procedendo, quale la motivazione omessa, mediante l’enunciazione delle ragioni che giustificano in diritto la decisione assunta, anche quando si tratti dell’implicito rigetto della domanda perchè erroneamente ritenuta assorbita, sempre che si tratti di questione che non richieda ulteriori accertamenti in fatto (conf. Cass. n. 28663/2013). Tale ragionamento è stato esteso anche all’ipotesi – qui ricorrente di omessa disamina di un motivo di impugnazione atteso che si afferma (cfr. Cass. n. 16171/2017) che, alla luce dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo come costituzionalizzato nell’art. 111, comma 2, Cost., nonchè di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 c.p.c. ispirata a tali principi, una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di gravame, la Suprema Corte può omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito allorquando la questione di diritto posta con quel motivo risulti infondata, di modo che la statuizione da rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza di appello, sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto (conf. Cass. n. 9693/2018, Cass. n. 21257/2014, ed ancor prima Cass. n. 2313/2010).

4.2. Reputa il Collegio che, nella fattispecie, ricorrano le condizioni, rispetto ai residui motivi di ricorso, per poter omettere la cassazione con rinvio, provvedendo in ogni caso alla decisione nel merito della controversia, in maniera tale da confermare il dispositivo della sentenza d’appello (che a sua volta aveva confermato per il resto la sentenza di primo grado).

5. Con il secondo motivo parte ricorrente denunzia la violazione di legge e, in specie, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, comma 2, lett. a, per non essere stata rilevata la decadenza dell’attività liquidatoria.

5.1. Il motivo è infondato, giacchè il termine ex art. 36-bis cit., autenticamente interpretato dalla L. n. 449 del 1997, art. 28, ha natura ordinatoria (Cass., Sez. U, 12.11.2004, n. 21498, Rv. 578018; Cass., sez. 5, 30.6.2009, n. 15307, Rv. 608676; Cass., Sez. 5, 3.4.2013, n. 8055, Rv. 626123; Cass., Sez. 5, 21.12.2016, n. 26546, non massimata)

6. Con il quarto, il quinto ed il settimo motivo, parte ricorrente denuncia la plurima violazione di legge e mancata applicazione, in specie, D.Lgs. n. 462 del 1997, art. 2,D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12, commi 1-3, D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 7, comma 1 e art. 16, comma 2, nonchè della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 3, D.P.R. n. 602 del 1973, art. 12, comma 3 e D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 17, comma 3, per non essere state applicate, rispetto alle sanzioni applicate, la riduzione ad un terzo nè l’istituto della continuazione.

I motivi – da trattare congiuntamente, stante l’identità di questioni agli stessi sottese – sono infondati, giacchè l’omesso versamento dell’imposta risultante dalla dichiarazione è sanzionato in misura fissa (nella misura del “trenta per cento di ogni importo non versato” D.Lgs. n. 471 del 1997, ex art. 13), senza margini di discrezionalità amministrativa, nè obblighi di autonoma motivazione, con separato riguardo a ogni somma evasa (Cfr. anche Cass., Sez. 5, 21.12.2016, n. 26546, non massimata).

7. Con l’ottavo ed il nono motivo, parte ricorrente si duole della violazione di legge e, in specie, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, commi 1 e 3, nonchè del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 3 e art. 60, comma 5-bis, per essere stata la cartella ritenuta legittima, nonostante il mancato previo invio dell’avviso bonario.

7.1. I motivi – da trattare congiuntamente, stante l’identità di questioni agli stessi sottese – sono infondati, poichè nella liquidazione automatizzata l’invio dell’avviso non è obbligatorio in caso di mero omesso o tardivo versamento, attesa la naturale insussistenza di incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione (Cass., Sez. 5, 10.6.2015, n. 12023, Rv. 635672; Cass., Sez. 5, 6.7.2016, n. 13759, Rv. 640341). Ed infatti, l’obbligo di instaurazione del contraddittorio anteriormente all’iscrizione a ruolo, a seguito di liquidazione in esito a controllo di dichiarazioni secondo procedure automatizzate, sussiste per l’Amministrazione finanziaria soltanto quando da quel controllo emergano “incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione” (cfr. L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5) e non, invece, in presenza di meri errori materiali ovvero, come nella specie, di omessi o tardivi versamenti (cfr., ex multis, Cass. n. 12023/2015, Cass. n. 8342/2012).

7.2. La norma generale dello Statuto del contribuente (ai sensi della quale “prima di procedere alle iscrizioni a ruolo derivanti dalla liquidazione di tributi risultanti da dichiarazioni, qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, l’amministrazione finanziaria deve invitare il contribuente, a mezzo del servizio postale o con mezzi telematici, a fornire i chiarimenti necessari o a produrre i documenti mancanti entro un termine congruo e comunque non inferiore a trenta giorni dalla ricezione della richiesta. La disposizione si applica anche qualora, a seguito della liquidazione, emerga la spettanza di un minor rimborso di imposta rispetto a quello richiesto. La disposizione non si applica nell’ipotesi di iscrizione a ruolo di tributi per i quali il contribuente non è tenuto ad effettuare il versamento diretto. Sono nulli i provvedimenti emessi in violazione delle disposizioni di cui al presente comma”) è stata, infatti, successivamente riprodotta nel D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis, comma 3 e nel D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, comma 3, come modificati dal D.L. n. 203 del 2005, art. 2, conv. con modif. dalla L. n. 248 del 2005: tali disposizioni, però, non prevedono alcuna automatica sanzione di nullità in caso di generica inosservanza del previo contraddittorio con il contribuente. Da quanto precede, dunque, non può che trarsi la conclusione per cui, (a) essendo la sanzione di nullità comminata della L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, ben presente al Legislatore allorchè, nel 2005, ha novellato i richiamati artt. 36-bis e 54-bis (inserendo, per l’appunto, gli obblighi di comunicazione al contribuente in seguito ai controlli automatizzati) e (b) non essendosi in tale occasione prevista un’automatica nullità della cartella per l’inosservanza dell’obbligo di preventiva comunicazione al contribuente, ne discende (c) che la nullità dell’atto impositivo non può che essere ricondotta esclusivamente all’ipotesi “generale” contemplata dall’art. 6, comma 5, cit. che – si ribadisce limita l’obbligo di invitare il contribuente a fornire chiarimenti, prima di effettuare la iscrizione a ruolo, al caso (non ricorrente nella specie) in cui “sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione” (arg. da Cass. n. 8154/2015, in motivazione).

7.3. Nessuna comunicazione d’irregolarità era dunque dovuta nel caso in esame, neppure emergendo dalle difese della contribuente la sussistenza di margini di tipo interpretativo o comunque di errori o di altre irregolarità formali (cfr. anche, da ultimo, Cass., n. 1109/2017, cit. e Cass., n. 26511/2016).

8. Il rigetto del primo (con assorbimento del terzo e del sesto), del quarto, del quinto, del settimo, dell’ottavo e del nono motivo implica l’assorbimento del decimo, con cui la parte ricorrente ha lamentato, quale conseguenza della fondatezza delle predette censure, la plurima violazione di legge, per difetto di motivazione del ruolo.

9. Con l’undicesimo ed il dodicesimo motivo – anch’essi da trattare congiuntamente, per l’identità di questioni agli stessi sottese – l’INAS si duole della plurima violazione di legge, per non avere la C.T.R. dichiarato (a) l’inesistenza della notificazione della cartella di pagamento, quale conseguenza della mancanza, nella relata, dell’indicazione degli elementi di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1, secondo periodo, nonchè (b) la sua illegittimità, per essere stata eseguita da privo della qualifica di messo notificatore.

9.1. I motivi sono infondati. Costituisce, infatti, principio consolidato – cui si intende dare continuità in questa sede quello per cui la notificazione della cartella, emessa per la riscossione di imposte o sanzioni, può essere eseguita (come avvenuto nel caso di specie) anche mediante invio, da parte dell’esattore, di raccomandata con avviso di ricevimento, nel qual caso la notifica si ha per avvenuta alla data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto dal ricevente o dal consegnatario, senza necessità di redigere un’apposita relata di notifica. Tale soluzione, in particolare, risponde al disposto di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 26, che prescrive l’onere, per l’esattore, di conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con l’avviso di ricevimento (cfr. Cass. 45671/2015 e Cass. 16949/2014): in tale sistema, infatti, è proprio l’ufficiale postale a garantire, nel menzionato avviso, l’esecuzione effettuata su istanza del soggetto legittimato e l’effettiva coincidenza tra destinatario e consegnatario della cartella (cfr. anche Cass., 6395/2014). Ai fini del perfezionamento della notifica opera, dunque, il D.M. 9 aprile 2001, artt. 32 e 39, secondo cui è sufficiente che la spedizione postale sia avvenuta con consegna del plico al domicilio del destinatario, senz’altro adempimento ad opera dell’ufficiale postale, se non quello di curare che la persona da lui individuata come legittimata alla ricezione apponga la sua firma sul registro di consegna della corrispondenza, oltre che sull’avviso di ricevimento da restituire al mittente; con l’ulteriore precisazione che, persino se manchino nell’avviso di ricevimento le generalità della persona cui l’atto è stato consegnato e/o la relativa sottoscrizione sia inintelligibile, l’atto è comunque valido, poichè la relazione tra la persona cui esso è destinato e quella cui è stato consegnato costituisce oggetto di un preliminare accertamento di competenza dell’ufficiale postale, assistito dall’efficacia probatoria di cui all’art. 2700 c.c. (cfr. Cass. 11708/2011; Cass. 14327/2009).

9.2. I medesimi principi sono stati recentemente confermati da Cass, Sez. 6-5, 21.2.2018, n. 4275, Rv. 647134-01, la quale ha ribadito che la notificazione della cartella di pagamento può essere eseguita anche mediante invio, da parte del concessionario, di raccomandata con avviso di ricevimento, ed in detta ipotesi la stessa si perfeziona alla data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto dal ricevente o dal consegnatario, senza necessità di redigere un’apposita relata di notifica, in quanto l’avvenuta effettuazione della notificazione, su istanza del soggetto legittimato, e la relazione tra la persona cui è stato consegnato l’atto ed il destinatario della medesima costituiscono oggetto di una attestazione dell’agente postale assistita dall’efficacia probatoria di cui all’art. 2700 c.c..

10. Con il tredicesimo ed il quindicesimo motivo, parte ricorrente lamenta la plurima violazione di legge, da un lato, per non avere la C.T.R. dichiarato illegittima la condanna alle spese del primo grado, che pure non distingueva l’importo per diritti e quello per onorari e, dall’altro, per avere essa stessa provveduto, secondo le medesime modalità, alla liquidazione delle spese del secondo grado di lite.

10.1. I motivi sono inammissibili, giacchè la generica denuncia della mancata distinzione tra diritti e onorari secondo le tariffe professionali applicabili ratione temporis non dimostra l’esistenza di un interesse ad ottenere la riforma della decisione, occorrendo a tal fine deduzioni specifiche sui concreti pregiudizi derivanti dalla mancata applicazione della distinzione (Cass., Sez. 3, 26.7.2016, n. 15363, Rv. 641160; Cass., Sez. 5, 21.12.2016, n. 26546, non massimata).

11. Con il quattordicesimo ed il sedicesimo motivo, infine, parte ricorrente lamenta la plurima violazione di legge, da un lato, per non avere la C.T.R. dichiarato illegittima la condanna alle spese del primo grado, effettuata – si opina, senza motivazione alcuna – in base a valori superiori ai minimi e, dall’altro, per avere essa stessa provveduto, secondo le medesime modalità, alla liquidazione delle spese del secondo grado di lite.

11.1. I motivi sono inammissibili in quanto il principio della soccombenza va inteso nel senso che soltanto la parte interamente vittoriosa non può essere condannata, nemmeno per una minima quota, al pagamento delle spese stesse: sicchè, con riferimento al regolamento delle spese, il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, con la conseguenza che esula da tale sindacato, e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, sia la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, sia provvedere alla loro quantificazione, senza eccedere i limiti (minimi, ove previsti e) massimi fissati dalle tabelle vigenti (Cass., Sez. 1, 4.8.2017, n. 19613, Rv. 645187-01) – circostanza non denunziata nella specie.

12. In conclusione, il ricorso va rigettato, con condanna dell’INAs al pagamento, in favore di ciascuno dei controricorrenti, delle spese del presente grado di lite.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Per l’effetto condanna l’I.N.A.S. ITALIA S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, in persona del legale rappresentante p.t., al pagamento, in favore dell’AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., nonchè dell’EQUITALIA NORD S.P.A., in persona del legale rappresentante p.t., delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano, in favore di ciascun controricorrente, in Euro 7.300,00 (settemilatrecento/00) per compenso professionale, oltre: a) spese prenotate a debito, in favore dell’AGENZIA DELLE ENTRATE; b) rimborso forfettario nella misura del 15% ed accessori di legge, in favore di EQUITALIA NORD S.P.A.

Così deciso in Roma, il 4 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2018

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