Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30038 del 29/12/2011

Cassazione civile sez. I, 29/12/2011, (ud. 14/11/2011, dep. 29/12/2011), n.30038

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FIORETTI Francesco Maria – Presidente –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – rel. Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

FALLIMENTO MARK S.R.L. (c.f. (OMISSIS)), in persona del Curatore

dott. O.S., elettivamente domiciliato in ROMA, V.LE

GIUSEPPE MAZZINI 73, presso l’avvocato IVONE GIUSEPPINA, che lo

rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

CENTRO ALIMENTARE SPORTELLA MARINI S.R.L. – CASM S.R.L. (C.F.

(OMISSIS)), in persona del Presidente del Consiglio di

Amministrazione pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

PIAZZA DEI CAPRETTARI 70, presso l’avvocato GUARDASCIONE BRUNO, che

lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati RODOLFO VALDINA,

PIERFRANCESCO VALDINA, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4839/2007 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 19/11/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/11/2011 dal Consigliere Dott. RENATO BERNABAI;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato IVONE che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato VALDINA RODOLFO che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 5 luglio 2001 il fallimento Mark conveniva dinanzi al Tribunale di Roma la C.A.S.M.- Centro Alimentare Sportella Marini s.r.l. per sentir dichiarare l’inefficacia, L. Fall., ex art. 67, comma 1, n. 1, del contratto di vendita stipulato l’11 agosto 1998, con la società in bonis nel periodo sospetto, avente ad oggetto un ramo di azienda commerciale, verso il prezzo di L. 500 milioni, sproporzionato rispetto al maggior valore effettivo.

Costituitasi ritualmente, la C.A.S.M. s.r.l. eccepiva l’inesistenza sia dell’elemento oggettivo della sproporzione del prezzo, sia dello stato di insolvenza della società alienante all’epoca del contratto.

Con sentenza 27 ottobre 2003 il Tribunale di Roma rigettava la domanda, con compensazione delle spese di lite.

I successivi gravami hinc et inde promossi erano respinti dalla Corte d’appello di Roma con sentenza 19 novembre 2007, con compensazione integrale delle spese di giudizio.

La corte territoriale motivava:

– che la perizia espletata in sede penale al termine di indagini esaustive aveva valutato l’azienda in L. 624.000.000 e non appariva necessario disporne la rinnovazione, stante il modesto divario rispetto al prezzo, inferiore alla percentuale di un quarto richiesto dalla L. Fall., art. 67, comma 1, n. 1;

– che i conteggi della C.A.S.M. s.r.l. non erano stati contestati dal fallimento, nè in comparsa conclusionale, nè in memoria di replica;

e non era neppure utilizzabile, ai fini della determinazione dell’avviamento, la disciplina in materia di imposta di registro di cui al D.P.R. n. 460 del 1996, non attinente alla valutazione commerciale di un’azienda;

– che neppure appariva sintomatica della sproporzione la clausola del connesso contratto d’affitto di azienda che prevedeva l’obbligo di stipulare una polizza di assicurazione per un massimale di L. 1 miliardo, dal momento che il fatto era stato semplicemente enunciato nella parte narrativa dell’atto d’appello, nè era stata provata l’entità dei beni interessati dalla copertura assicurativa.

Avverso la sentenza, non notificata, la curatela del fallimento Mark proponeva ricorso per cassazione affidato a tre motivi e notificato il 31 dicembre 2008.

Deduceva:

1) la carenza di motivazione nell’accoglimento delle conclusioni della perizia svolta in sede penale e nel diniego della consulenza tecnica d’ufficio richiesta ex novo;

2) la violazione di legge per la mancata rinnovazione della consulenza, nonostante i rilievi critici sulla sua attendibilità espressi dallo stesso giudice;

3) la nullità della sentenza per violazione del contraddittorio nell’omesso espletamento di una consulenza tecnica e nel recepimento di una perizia svolta in sede penale su incarico del pubblico ministero.

Resisteva con controricorso la C.A.S.M. s.r.l. Entrambe le parti depositavano memoria illustrativa ex art. 378 cod. proc. civ..

All’udienza del 14 novembre 2011 il Procuratore generale e i difensori delle parti precisavano le rispettive conclusioni, come da verbale, in epigrafe riportate.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo è infondato.

Rientra nella discrezionalità tecnica del giudice la valutazione della necessità, o no, di rinnovare un mezzo istruttorio quale la consulenza tecnica d’ufficio in presenza di una perizia svolta in sede penale sul medesimo oggetto. Non è infatti inammissibile l’acquisizione di prove e accertamenti tecnici disposti in altro giudizio, stante il principio del libero convincimento del giudice e dell’ammissibilità di prove anche atipiche, se assunte in conformità con la disciplina processuale di riferimento.

La corte territoriale ha altresì confutato analiticamente le argomentazioni critiche e i diversi criteri di valutazione proposti dalla curatela, in quanto ancorati ad elementi di fatto e canoni normativi non pertinenti. Non vi sono vizi logici nel predetto impianto argomentativo, le cui conclusioni non sono suscettibili di riesame, nel merito, in questa sede.

I residui due motivi ripropongono la medesima censura sotto la veste della violazione di norme sostanziali e processuali; e sono quindi infondati, stante la conformità alla legge dell’acquisizione di una perizia svolta in giudizio penale e valutata esaustiva ed attendibile.

Il ricorso deve essere dunque rigettato con la conseguente condanna del fallimento Mark s.r.l. alla rifusione delle spese di giudizio, liquidate come dispositivo sulla base del valore della causa e del numero e complessità delle questioni trattate.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese processuali, liquidate in complessivi Euro 7.200,00, di cui Euro 7.000,00 per onorari, oltre le spese generali e gli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 14 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2011

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