Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30038 del 14/12/2017


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 30038 Anno 2017
Presidente: BIANCHINI BRUNO
Relatore: D’ASCOLA PASQUALE

SENTENZA

sul ricorso 3000-2013 proposto da:
S.p.A. SICEL – IMPRESA COSTRUZIONI EDILI LIGURE c.f.
00227330099, in persona dell’amministratore unico e
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA SALARIA 400, presso lo studio
dell’avvocato MASSIMILIANO DE LUCA, che la rappresenta
2017

e difende unitamente all’avvocato STEFANO SCARFI;
– ricorrente –

419

contro

CONDOMINIO di VIA COLLETTE 57 di ALBISSOLA MARINA p.iva
92021280091,

in

persona

dell’Amministratore

pro

Data pubblicazione: 14/12/2017

tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA

GREGORIO VII 474, presso lo studio dell’avvocato GUIDO
ORLANDO, rappresentato e difeso dall’avvocato
GIANFRANCO NASUTI;
– controricorrente –

ZUNINO ADRIANA, POLLERO GIOVANNI, BARTOLINI ALDO,
RISITANO ADRIANA, ZOCCOLI ENRICO, MIRO GIUSEPPINA,
NUARA MASSIMO, GALLO ANGELA, FORLANI LUISA, SOGNI
LUCIANO, NICOSIA MARIA ROSA, OLIVIERI ROBERTO,
GIACCHINO CATERINA, DAUCI VALENTINO, MUSSO ROBERTA,
DISINT LUIGI;
– intimati –

avverso la sentenza n. 759/2012 della CORTE D’APPELLO
di GENOVA, depositata il 27/06/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 16/02/2017 dal Consigliere Dott. PASQUALE
D’ASCOLA;
udito

l’Avvocato

ANGELA

GALLIONE,

con

delega

dell’Avvocato MASSIMILIANO DE LUCA difensore della
ricorrente, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito

l’Avvocato

dell’Avvocato
controricorrente,

GUIDO

GIANFRANCO

ORLANDO,
NASUTI

con
difensore

delega
del

che ha chiesto il rigetto del

ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

non chè contro

Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per il

rigetto del ricorso.

Fatti di causa

In riforma della sentenza n. 337/2005 del tribunale di Savona, la Corte di
appello di Genova ha accolto l’appello proposto dal Condominio via Collette
n.57 di Albissola contro la SICEL spa, impresa costruttrice del caseggiato;
pertanto con sentenza 27 giugno 2012 ha dichiarato la appellata tenuta al
risarcimento dei danni, liquidati in circa 51.000 euro, derivanti

dall’inadempimento degli accordi per la sistemazione delle aree comuni
dell’edificio.
SICEL spa ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 21 gennaio 2013,
articolato su tre motivi.
Il Condominio ha resistito con controricorso.
I condòmini intimati non hanno svolto attività difensiva.
Le parti hanno depositato memoria.
IL Collegio ha deliberato la redazione di sentenza in forma semplificata.

Ragioni della decisione

2) Il primo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt.
1131, 1704, 1387 e ss c.c. nonché omessa, insufficiente contraddittoria
motivazione..
Parte ricorrente deduce che il Condominio non è legittimato ad agire contro il
costruttore-venditore degli appartamenti per l’esercizio di diritti che trovino
fondamento nei rapporti con singoli condomini; che l’amministratore pertanto
avrebbe potuto agire solo in quanto avesse ottenuto dai singoli condomini
specifico mandato.
Afferma che riprova della mancanza di conferimento dei poteri rappresentativi
si desume dall’intervento spiegato dai condòmini con atto datato 20/2/1992.
La censura è infondata.
Essa non considera adeguatamente e non censura specificamente la ratio sulla
base della quale la Corte di Genova ha respinto l’eccezione sollevata sul punto.

n. 3000-13

D’Ascola rei

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Il giudice di appello ha ribadito che il tribunale aveva correttamente ritenuto
che non vi è necessità di autorizzazione per azioni intraprese nell’ambito delle
attribuzioni di cui all’art. 1130 c.c.. Ha aggiunto, tra l’altro, che deliberazione vi
era comunque stata nell’assemblea del 12.4.1991; che ogni ipotizzato vizio
della deliberazione non era causa di nullità ma di annullamento della delibera,
in ogni caso consolidatasi per mancata impugnazione del termine; che vi era

ratifica.
2.1)

A fronte di questi molteplici profili di infondatezza del motivo di appello,

il ricorso per cassazione non affronta tutte queste rationes.
Esso si infrange comunque contro l’accertamento che attesta la esistenza di
una delibera condominiale e la circostanza che la controversia concerneva parti
comuni dell’edificio condominiale.
Se così è, giova ricordare che l’insegnamento di SU Cass. 18331/2010 è stato
precisato da Cass. 16260/2016 nel senso che l’amministratore di condominio,
senza necessità di autorizzazione o ratifica dell’assemblea, può proporre
opposizione a decreto ingiuntivo, nonché impugnare la decisione del giudice di
primo grado, per tutte le controversie che rientrino nell’ambito delle sue
attribuzioni ex art. 1130 c.c., quali quelle aventi ad oggetto il pagamento
preteso nei confronti del condominio dal terzo creditore in adempimento di
un’obbligazione assunta dal medesimo amministratore per conto dei
partecipanti, ovvero per dare esecuzione a delibere assembleari, erogare
le spese occorrenti ai fini della manutenzione delle parti comuni o l’esercizio dei
servizi condominiali. In tal senso cfr già Cass. n. 1451 del 23/01/2014.
Si badi poi che le ragioni dell’intervento dei condomini ai fini (cfr ricorso pag.
17) dell’ultimazione “delle aree comuni” “anche a titolo proprio”, oltre che quali
condòmini, non contraddice i poteri attribuiti all’amministratore con la delibera,
potendo i singoli partecipare al giudizio per far valere le ragioni del
Condominio, senza che ciò valga a negare i poteri dell’amministratore, ma solo
semmai a contraddire cautelativamente la tesi secondo cui, poiché il contratto
originario era stato stipulato dai singoli con il costruttore, essi soli potevano
agire. Tesi contraddetta dalla circostanza che, trattandosi di parti comuni, i
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D’Ascola re!

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stata anche una seconda deliberazione che poteva eventualmente valere come

condòmini possono deliberare in quanto tali di agire contro chi sia obbligato in
relazione ai danni arrecati alle stesse.
Non vi era quindi, al contrario di quanto si deduce in memoria, necessità di
integrare o ratificare ulteriormente i poteri di rappresentanza
dell’amministratore mediante procura individuale.
2.2) La sentenza è coerente con questa impostazione, giacchè a pag. 9 ha

relazione

al

deprezzamento

delle

rispettive

unità

immobiliari

per

l’inadempimento nel completare le opere di sistemazione delle aree esterne
condominiali, proprio perché per questa voce risarcitoria sarebbe stata
necessaria un’azione diretta e personale.
Resta infine da rilevare che il motivo si conclude lamentando un’omissione di
pronuncia circa la questione della sostituzione dell’amministratore che sarebbe
intervenuta medio tempore. Trattasi di questione assorbita dalle conclusioni già
raggiunte, ma che è comunque inammissibile, perché parte ricorrente non ha
indicato in quale atto e con quali precisi contenuti e riferimenti normativi
l’avesse posta al giudice di appello. (cfr tra le tante Cass. 8206/16; 8008/14;
12664 del 20/07/2012)
3)

Il secondo motivo lamenta violazione dell’art. 112 c.p.c. deducendo che la

Corte di appello avrebbe accolto in luogo della domanda di adempimento una
mai formulata domanda di pagamento dell’equivalente pecuniario della
prestazione non eseguita.
Anche in questo caso la censura è inammissibilmente formulata, giacchè non
tiene conto della ratio decidendi acutamente spesa dalla Corte di appello sul
punto.
La Corte genovese ha ritenuto che la domanda iniziale fosse stata in corso di
causa superata dal Condominio, il quale aveva richiesto il pagamento della
somma stimata dal ctu come corrispondente ai lavori necessari per il
completamento delle opere che incombevano su SICEL. Ha così qualificato la
domanda principale che al capo 1 (cfr conclusioni in epigrafe sentenza appello)
chiedeva la sistemazione delle aree comuni e in mancanza l’equivalente
monetario per provvedervi e al capo 3 il risarcimento dei danni.
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rifiutato di riconoscere al Condominio i danni subiti dai singoli proprietari in

Ne consegue che la pronuncia, congrua rispetto alla domanda, non è
adeguatamente impugnata, perché la censura non discute del potere di
riqualificazione che è stato razionalmente adoperato anche sulla scorta della
illustrazione difensiva conclusionale.
4) Il terzo motivo lamenta che i danni non sarebbero stati provati o sarebbero
stati individuati inammissibilmente pregiudizi di natura non patrimoniale.

Nel recepire la stima del consulente, la Corte ha considerato voci di danno
obbiettive quali il disagio per mancata illuminazione delle aree esterne e
l’inutilizzabilità anche di quella a verde: trattasi di parziale privazione del
godimento di beni immobili e non di mere ansie e fastidi tollerabili quali
ipotizzati da SU 26972/08, sicchè non vi è stata alcuna violazione di legge nel
considerarli e stimarli in via equitativa.
Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso e la condanna alla refusione
delle spese di lite, liquidate in dispositivo, in relazione al valore della
controversia.
Ratione temporis non è applicabile il disposto di cui all’art. 13 comma 1 quater
del d.p.r 30 maggio 2002, n. 115, introdotto dal comma 17 dell’art. 1 della
legge n. 228/12.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla refusione delle spese di lite liquidate in euro
7.000 per compenso, 200 per esborsi, oltre accessori di legge,.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio della 2^ sezione civile tenuta il
16 febbraio 2016

La censura è infondata.

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