Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30036 del 31/12/2020

Cassazione civile sez. I, 31/12/2020, (ud. 24/09/2020, dep. 31/12/2020), n.30036

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso R.G.N. 1137/2019 proposto da:

K.A., rappresentato e difeso, giusta procura speciale

allegata al ricorso, dall’Avvocato Laura Barberio, presso il cui

studio in Roma, alla Via del Casale Strozzi n. 31, è elettivamente

domiciliato;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore;

– intimato –

avverso la sentenza della CORTE DI APPELLO DI ROMA depositata il

29/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/09/2020 dal Consigliere Dott.ssa Irene Scordamaglia.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di appello di Roma ha rigettato l’appello proposto da K.A., cittadino del (OMISSIS), avverso l’ordinanza del Tribunale di quella città, che aveva respinto il ricorso avverso il provvedimento di diniego della protezione internazionale richiesta emesso dalla competente Commissione Territoriale.

1.1. In particolare, la Corte di merito, ritenuta la sincerità di quanto riferito alla Commissione Territoriale dal K., che aveva narrato di non avere subito in (OMISSIS) nessuna persecuzione, nè per ragioni politiche, nè per ragioni etniche, ma di non volere ritornare in patria a causa della mancanza di stabilità familiare e per motivi economici, ha, perciò, escluso che il richiedente avesse diritto al riconoscimento dello status di rifugiato; gli ha, altresì, negato la protezione sussidiaria, sia perchè egli non aveva allegato fatti suscettibili di esporlo al pericolo di subire la condanna a morte o trattamenti inumani in (OMISSIS), sia perchè in quel Paese la situazione politico-sociale sarebbe in fase di netto miglioramento a causa della cessazione del conflitto tra forze governative e dell’intervento di organismi internazionali e di forze militari operanti per conto dell’ONU: segnatamente, la zona di sua provenienza – quella di (OMISSIS) – non sarebbe interessata da scontri di natura etnica o religiosa.

2. Per la cassazione della decisione ricorre K.A. sulla base di quattro motivi. Questi ultimi sono stati integrati ed approfonditi con memoria ex art. 380-bis c.p.c., a firma del difensore, trasmessa tramite PEC in data 12/09/2020.

3. L’intimato Ministero dell’Interno non ha spiegato difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si denuncia error in iudicando, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, integrato dalla violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, commi 3 e 5, e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, relativi all’obbligo di cooperazione istruttoria incombente sul giudice della protezione internazionale. Si adduce che i giudici di merito, se avessero disposto l’interrogatorio libero del richiedente, avrebbero fugato ogni dubbio in ordine alle persecuzioni per motivi etnici da costui subite (in quanto erroneamente ritenuto di etnia (OMISSIS)) ed avrebbero approfondito il tema delle torture che gli erano state inflitte in Libia, quale Paese di transito.

Il motivo è inammissibile.

La questione della mancata audizione del richiedente davanti al Tribunale deve, invero, ritenersi non dedotta con l’atto di appello. A fronte del silenzio serbato sul tema nella sentenza impugnata, sarebbe stato necessario, invero, specificare con quale atto e in quali termini la relativa eccezione sarebbe stata sollevata: il motivo, invece, si limita ad affermare (pag. 3) che sarebbe stato eccepito “il mancato esperimento dell’interrogatorio libero sia in primo che in secondo grado”, risultando, in tal modo, assolutamente generico.

2. Con il secondo motivo si denuncia error in iudicando, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, integrato dalla violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8, comma 1, lett. a) in relazione al mancato riconoscimento in favore del richiedente dello status di rifugiato per motivi etnico/politici. Si adduce, al riguardo, che la Corte territoriale avrebbe dovuto riconoscerne i presupposti nella situazione allegata dal K., che aveva sostenuto di essere stato perseguitato sia in (OMISSIS) che in (OMISSIS) – Paese, questo, ove i familiari esercitavano un’attività commerciale – in quanto ritenuto di etnia (OMISSIS) e simpatizzante di O..

Il motivo è inammissibile.

La censura è formulata in assenza di confronto critico con il rilievo del giudice del gravame secondo cui il richiedente aveva escluso di avere subito in (OMISSIS) alcun genere di persecuzione ed aveva riferito di non volere ritornare in patria soltanto a causa della mancanza di stabilità familiare e per motivi economici; non si misura neppure con l’affermazione, contenuta in sentenza, secondo la quale il richiedente stesso aveva espressamente negato che potesse assumere rilievo la situazione della (OMISSIS), quale Paese di sua mera provenienza.

Va, in proposito, ribadito che la proposizione del ricorso al Tribunale nella materia della protezione internazionale dello straniero non si sottrae all’applicazione del principio dispositivo, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio (Sez. 6 – 1, n. 19197 del 28/09/2015, Rv. 637125 – 01).

3. Con il terzo motivo si denuncia error in iudicando, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, integrato dalla violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. g), artt. 3, 4, 5, art. 6, comma 2, art. 14, lett. b) e c) in relazione ai presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria, nella forma del rischio di trattamenti inumani e degradanti per motivi etnici in (OMISSIS) e in (OMISSIS) e nella forma del rischio di danno grave da violenza generalizzata o da conflitto armato in relazione alla situazione generale del (OMISSIS).

Il motivo è inammissibile.

La censura soffre, ancora una volta, del difetto di confronto critico con il tenore della decisione impugnata. Deve rilevarsi che la Corte di appello, quanto alla forma di protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b), ha dato atto di come l’affermazione dell’Autorità amministrativa, condivisa dal Tribunale, secondo la quale nella zona di provenienza del richiedente – quella di (OMISSIS) – non fossero in atto scontri di natura etnica o religiosa, non fosse stata contestata con il gravame, discendendone che non potesse essere più messa in discussione; quanto alla forma di protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), di come dalle stesse fonti richiamate dall’appellante emergesse che la situazione politico-sociale in (OMISSIS) fosse in netto miglioramento, a causa della cessazione del conflitto tra forze governative e dell’intervento di organismi internazionali e di forze militari operanti per conto dell’ONU. Nulla di specifico, peraltro, il ricorrente ha dedotto in ordine alla possibilità che egli, ritornando in (OMISSIS), si stabilisse in una delle zone (prevalentemente ubicate a settentrione) interessate da sporadiche situazioni di violenza generalizzata perchè poste sotto il controllo dei terroristi di matrice (OMISSIS).

4. Con il quarto motivo si denuncia error in iudicando, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, in relazione alla protezione umanitaria, sulla cui richiesta, avanzata tanto al Tribunale che alla Corte di appello, non vi era stata risposta, ancorchè ne sussistessero i presupposti, in considerazione della condizione di vulnerabilità del richiedente, sottoposto a ripetute violenze in (OMISSIS), in (OMISSIS) e in Libia.

Il motivo è inammissibile.

E’ pacifico principio di diritto quello secondo il quale, affinchè possa utilmente dedursi in sede di legittimità un vizio di omessa pronuncia, è necessario, da un lato, che al giudice di merito fossero state rivolte una domanda o un’eccezione autonomamente apprezzabili, e, dall’altro, che tali domande o eccezioni siano state riportate puntualmente, nei loro esatti termini, nel ricorso per cassazione, per il principio dell’autosufficienza, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo o del verbale di udienza nei quali le une o le altre erano state proposte, onde consentire al giudice di verificarne, in primo luogo, la ritualità e la tempestività, e, in secondo luogo, la decisività (Sez. U, n. 15781 del 28/07/2005, Rv. 583090). Ad esso il ricorrente – che non ha, invero, neppure denunciato il registrato error in procedendo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – non si è attenuto, avendo omesso, nel ricorso per cassazione, qualsiasi riferimento specifico alla deduzione dei fatti costitutivi del diritto alla protezione umanitaria, per come formulata nei gradi precedenti.

5. Il ricorso deve essere, quindi, dichiarato inammissibile. Nulla è dovuto per le spese perchè l’Amministrazione intimata è rimasta tale. Sussiste l’obbligo del pagamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), se dovuto.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Sussiste l’obbligo del pagamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Prima civile della Corte Suprema di cassazione, il 24 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 31 dicembre 2020

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