Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30036 del 29/12/2011

Cassazione civile sez. I, 29/12/2011, (ud. 08/11/2011, dep. 29/12/2011), n.30036

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FIORETTI Francesco Maria – Presidente –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

BARBATOJA S.R.L. (c.f. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

CIRCONVALLAZIONE CLODIA 36, presso l’avvocato VAVALA’ RAFFAELE MARIO,

rappresentata e difesa dall’avvocato MARTINGANO FRANCESCO, giusta

procura a margine della memoria di costituzione;

– ricorrente –

contro

THE WALT DISNEY COMPANY, ora DISNEY ENTERPRISES INC., in persona del

vice Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

BOCCA DI LEONE 78, presso l’avvocato VASCIMINNI MAURIZIO, che la

rappresenta e difende unitamente agli avvocati BEDUSCHI PAOLO GUIDO,

ANSALDO GIUSEPPE, RESCIGNO PIETRO, giusta procura speciale alle liti

autenticata il 20.7.06 ed apostillata il 26.7.06 – California;

– controricorrente –

contro

FALLIMENTO ECLECTA S.R.L.;

– intimato –

avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di FIRENZE;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/11/2011 dal Consigliere Dott. VITTORIO RAGONESI;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato RAFFAELE MARIO VAVALA’, con

delega, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato in data 18 luglio 2003, la Barbatoja s.r.l. proponeva appello avverso la sentenza resa dal Tribunale di Livorno in data 16 aprile – 5 giugno 2002, n. 1004. nella causa promossa dalla Walt Disney Company nei confronti di essa appellante e della Eclecta s.r.l., e con la quale: a) era stato dichiarato che la Walt Disney Company era titolare del diritto di autore sulle opere cinematografiche a cartoni animati intitolate “Biancaneve e i sette Nani”, “Fantasia”, ” Pinocchio” e “Bambi”, nonchè sulle colonne sonore del predetti film; b) era stato dichiarato che le convenute erano responsabili della violazione del diritto di autore relativo alle opere di cui alla precedente lettera a) le stesse erano state ritenute responsabili di contraffazione de marchi della Walt Disney Company; c) era stato inibito alle convenute di riprodurre, commercializzare e diffondere le opere di cui alla precedente lettera a) ed era stato loro ordinato di distruggere le matrici in loro possesso e le videocassette eventualmente riprodotte relative alle opere oggetto di controversia; d) le convenute erano state condannate a risarcire i danni alla The Walt Disney Company, da liquidare in separato giudizio; e) era stata ordinata la pubblicazione del dispositivo della sentenza per una volta, su due colonne, con caratteri doppi del normale, sul quotidiano Il Corriere della Sera a spese e a cura dette convenute.

L’appellante deduceva che: 1) non aveva mai avuto la possibilità di riprodurre o commercializzare alcunchè in dipendenza del provvedimento di urgenza del pretore di Porto ferraio; 2) vi era carenza di prova in ordine all’attuale titolarità del diritti oggetto di giudizio in capo all’attrice, 3) la proroga di sei anni disposta dal D.Lgs.Lgt. n. 440 del 1945 avrebbe dovuto essere ritenuta valida soltanto con riferimento ai film “Biancaneve e i sette nani”, ed il termine di protezione del film in questione avrebbe dovuto essere ritenuto scaduto posto che, in virtù della predetta proroga, la stessa avrebbe dovuto essere ritenuta comprensiva della sospensione disposta nell’anno 1947. Affermava, altresì, che non vi era prova che fossero stati effettuati rifacimenti e che gli stessi avessero carattere creativo.

Si costituiva l’appellata The Watt Disney Company e deduceva che: 1) il ricorso ed il decreto emesso dal pretore di Portoferraio ex art. 700 c.p.c. erano stati ritualmente notificati a controparte; 2) sussisteva pienamente la propria legittimazione attiva posto che erano stati da essa ceduti soltanto diritti di utilizzazione delle opere indicate nei cinematografi; 3) leggi successive avevano esteso il periodo di copertura dei diritti di autore a 70 anni, ma che comunque le opere in oggetto erano coperte anche in virtù della legislazione precedente.

La Corte d’appello di Firenze, con sentenza del 21.9.04 rigettava l’appello.

Avverso la detta decisione ricorre per cassazione la Barbatoja srl sulla base di quattro motivi cui resiste con controricorso la Walt Disney Company.

Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo la ricorrente sostiene che i giudici dell’appello non avrebbero correttamente interpretato la lettera contratto del 28 febbraio 1992 con il quale la società francese PECF aveva ceduto alla Warner Bros Italia i diritti di sfruttamento nelle sale cinematografiche del film “Biancaneve e i sette nani” per il territorio italiano, nonchè per i paesi già colonie italiane e sulle navi battenti bandiera italiana.

Col secondo motivo lamenta la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti delle società Warner Bros Italia, Warner Bros int. e PECF. Con il terzo motivo prospetta che il Tribunale di Livorno non avrebbe potuto dichiarare la Barbatoja srl responsabile di violazione del diritto d’autore e di contraffazione di marchio, nè sanzionane la sua attività di riproduzione e commercializzazione, che la ricorrente, a differenza dell’Eclecta, non aveva mai intrapreso o posto in essere.

Con il quarto motivo pone il problema della applicabilità alle opere protette nei paesi delle potenze alleate ed anteriori al 1945 della c.d. doppia proroga, cioè della proroga dei termini di protezione dei diritti d’autore disposta dal legislatore italiano nel 1945 e di quella prevista nel Trattato di Pace del 1947.

Ritiene il Collegio di dovere esaminare preliminarmente tale ultima questione relativa alla doppia proroga prevista per gli eventi bellici della seconda guerra mondiale rispettivamente dal D.Lgt. n. 440 del 1945 e dall’allegato 15^ del Trattato di Pace recepito con D.L.C.P.S. n. 1430 del 1947.

La Corte d’appello ha ritenuto che nel caso di specie si applicasse il detto doppio termine di proroga sulla scorta di un orientamento di questa Corte risultante dalle sentenze civili nn. 9326/93; 9529/94 e 15777/04 al quale ha prestato la propria adesione.

Detto orientamento, in particolare per come espresso nella sentenza n. 9326 del 1993, si basa sul presupposto che il D.P.R. n. 19 del 1979, che, nell’attuare le modifiche alla Convenzione di Berna per le opere artistiche, ratificate con L. n. 399 del 1978, ha modificato la vecchia L. n. 633 del 41, art. 32 e stabilito, senza effetto retroattivo, che i diritti di utilizzazione economica delle opere cinematografi che durassero cinquanta anni e non più trenta, non abbia tolto, per il sol fatto di essere entrata in vigore, la proroga e la sospensione stabilite per il tempo di guerra rispettivamente dal D.Lgt. n. 440 del 1945 e dal D.Lgs. del Capo provvisorio dello stato n. 1400 del 1947.

Questo Collegio condivide l’assunto (che peraltro non rileva nella fattispecie in esame) secondo cui l’entrata in vigore del D.P.R. n. 19 del 1979, che ha esteso a 50 anni il termine di protezione per i diritti di utilizzazione delle opere cinematografi che, ha lasciato in vigore le proroghe previste in ragione dell’evento bellico dal D.Lgt. n. 440 del 1945 e dal Trattato di pace reso esecutivo dal D.L.C.P.S. n. 1430 del 1947; ritiene peraltro, che possa prospettarsi una diversa interpretazione per quanto concerne invece la cumulabilità delle due proroghe in questione.

Su tale punto questo Collegio condivide l’orientamento espresso dalla Sezioni Unite penali di questa Corte con la sentenza 49783/09 che, oltre a ribadire che il termine di durata di protezione del diritto di utilizzazione economica delle opere cinematografiche, portato a cinquanta anni dal D.P.R. 8 gennaio 1979, n. 19 (modificativo della L. n. 633 del 1941, art. 32 che lo fissava in anni trenta), non si applica alle opere cinematografiche già cadute in pubblico dominio alla data di entrata in vigore di detto decreto, ha altresì affermato che nei computo del termine di durata di protezione del diritto d’autore relativamente alle opere cinematografiche di un produttore avente cittadinanza di uno Stato vincitore della seconda guerra mondiale il periodo di sospensione di detta durata stabilito dall’allegato 15^ del Trattato di pace di Parigi, reso esecutivo dal D.Lgs. C.P.S. n. 1430 del 1947, non si cumula con il periodo di proroga stabilito dal D.Lgs.Lgt. n. 440 del 1945.

Va in primo luogo osservato a tale proposito che il D.Lgt. n. 440 del 1945, art. 1 recita: “la durata dei diritti di utilizzazione economica delle opere dell’ingegno accordati dalla L. 22 aprile 1941, n. 633, è prorogata di sei anni per tutte le opere pubblicate e non ancora cadute in pubblico dominio alla data di entrata in vigore del presente decreto”, Tale norma si riferisce alle sole opere pubblicate in Italia ed a quelle degli autori stranieri pubblicate per la prima volta in Italia nonchè a quelle degli autori stranieri pubblicate all’estero a condizione di reciprocità, salva l’applicazione delle convenzioni internazionali come si evince dalle norme che di seguito si indicano.

Il D.Lgt. n. 440 del 1945, art. 7 stabilisce che “la sfera di applicazione del presente decreto è regolata dalle norme contenute nel titolo 6^ della L. 22 aprile 1941, n. 633”.

Tra le norme contenute in tale titolo all’epoca vigente, l’art. 185 l.d.a. dispone che questa legge si applica a tutte le opere di autori italiani, dovunque pubblicate per la prima volta, salve le disposizioni dell’art. 189.

Si applica egualmente alle opere di autori stranieri domiciliati in Italia, che siano state pubblicate per la prima volta in Italia.

Può essere applicata ad opere di autori stranieri, fuori delle condizioni di protezione indicate nel comma precedente, quando sussistano le condizioni previste negli articoli seguenti.

Il richiamato art. 189 l.d.a prescrive che “- Le disposizioni dell’art. 185 si applicano all’opera cinematografica, al disco fonografico o apparecchio analogo, al diritti degli interpreti, attori o artisti esecutori, alla fotografia ed alle opere dell’ingegneria, in quanto si tratti di opere o prodotti realizzati in Italia o che possono considerarsi nazionali a termini di questa legge o di altra legge speciale.

In difetto della condizione sopraindicata sono applicabili a dette opere, diritti o prodotti le disposizioni degli artt. 186, 187 e 188”.

A sua volta l’art. 186 l.d.a., comma 1, prevede che “- le convenzioni internazionali per la protezione delle opere dell’ingegno regolano la sfera di applicazione di questa legge alle opere di autori stranieri”.

Il D.Lgt. n. 82 de 1946 ha successivamente disposto la sospensione dell’applicazione dell’art. 186, comma 2, e degli artt. 187 e 188 della legge in questione ed ha statuito inoltre che “qualora non sussistano le condizioni menzionate negli artt. 185, comma 2 e art. 189, comma 1, della legge predetta, le opere di autori stranieri sono protette a condizione di reciprocità salva la applicazione delle convenzioni internazionali”.

Va a questo punto rammentato che la Convenzione di Berna, che stabilisce una normativa internazionale a livello generale per il diritto d’autore, è stata ratificata dagli Stati Uniti solo nel 1988 ed è entrata in vigore l’1.3.89, per cui l’Italia (che ha ratificato la Convenzione in questione alla fine del 19^ secolo) non aveva ratione temporis alcun obbligo di applicare agli Stati Uniti le disposizioni della detta Convenzione con la conseguenza che prima della sovracitata data risultavano applicabili solo gli accordi internazionali bilaterali.

A tale proposito tra gli Usa e l’Italia,in epoca anteriore alla ratifica della Convenzione di Berna relativamente al diritto d’autore, vigeva lo scambio di note del 1892, approvato con R.D. n. 17 del 1893, in base al quale le opere di autori degli Stati Uniti in Italia erano protette come le opere nazionali in applicazione del criterio del cosiddetto trattamento nazionale. (v. Cass. 7 marzo-22 aprile 1947).Tale scambio fu integrato da uno successivo scambio di note del marzo 1915 reso esecutivo il 30 maggio 1915.

Deve quindi ritenersi che ai cittadini statunitensi titolari di diritti in materia di diritto d’autore fosse applicabile la proroga prevista dal D.Lgt. n. 440 del 1945.

Per quanto concerne, invece, la sospensione dei termini effettuata dall’allegato 15^ del trattato di pace ratificato con il D.L.C.P.S. n. 1430 del 1947, essa si applica solo agli stati belligeranti facenti parte delle Potenze alleate vincitrici del conflitto.

L’allegato 15^ (paragrafi 3 e 4) a tale proposito dispone che:

3. “Nel calcolo dei termini normali di validità dei diritti di proprietà industriale, letteraria ed artistica, che erano in vigore in Italia allo scoppio della guerra o che saranno riconosciuti o stabiliti in forza della parte a del presente allegato, appartenenti a qualunque delle potenze alleate ed associate od ai loro cittadini, non si terrà conto del periodo intercorso dallo scoppio della guerra, fino all’entrata in vigore del presente trattato. Per conseguenza, la durata normale di tali diritti si considererà automaticamente estesa in Italia per un termine ulteriore, corrispondente al periodo di sospensione di cui sopra.

4. Le disposizioni che precedono, concernenti i diritti delle potenze alleate ed associate e dei loro cittadini in Italia, si applicheranno egualmente ai diritti dell’Italia e dei suoi cittadini, nei territori delle potenze alleate ed associate. Nessuna delle disposizioni che precedono darà peraltro diritto all’Italia od ai suoi cittadini di conseguire nel territorio di alcuna delle potenze alleate ed associate un trattamento più favorevole di quello accordato da tale potenza in casi, analoghi ad altre nazioni unite ed ai loro cittadini, nè imporrà all’Italia di accordare ad alcuna delle potenze alleate ed associate od ai loro cittadini un trattamento più favorevole di quello che l’Italia od i suoi cittadini riceveranno nel territorio di tale potenza, rispetto alle materie formanti oggetto delle disposizioni di cui sopra”.

La norma in esame stabilisce il principio di reciprocità che opera peraltro su due livelli.

Il primo livello prevede che i diritti che il trattato riconosce ai cittadini della Potenze belligeranti in Italia saranno anche riconosciuti ai cittadini italiani nel territorio delle predette Potenze. Il che vuol dire che la sospensione si applica in modo uguale per tutti.

Il secondo livello prevede invece che l’Italia, nel riconoscere la sospensione dei termini di protezione stabilito dal Trattato, non è tenuta a concedere ai cittadini della potenze alleate un trattamento più favorevole rispetto a quello che i propri cittadini riceveranno nel territorio di ciascuna di dette potenze.

Tale ultima disposizione e quella che consente di chiarire a livello interpretativo il rapporto tra il D.Lgt. n. 440 del 1945 e il D.L.C.P.S. n. 1430 del 1947. Da essa discende infatti che un trattamento più favorevole rispetto a quanto previsto da Trattato duo essere concesso dall’Italia in favore delle Potenze belligeranti solo a condizioni di reciprocità.

Nel caso di specie ciò comporta che ,applicandosi già ai cittadini degli Stati Uniti, in virtù dei citato scambio di note del 1892, il D.Lgt. n. 440 del 1945, nei loro confronti lo Stato italiano aveva già adempiuto agli obblighi previsti dal trattato di pace riconoscendo la proroga di sei anni per il periodo bellico, tra l’altro anche di poco superiore al periodo di sospensione stabilito dal trattato. Un eventuale riconoscimento di un ulteriore periodo di sospensione ai sensi del Trattato di pace, che avrebbe portato sostanzialmente la proroga dei diritti per l’evento bellico a undici anni e dieci mesi circa, sarebbe stato dunque possibile solo se gli Stati Uniti avessero riconosciuto un pari periodo di proroga ai cittadini italiani. Tale dato però non risulta nè è stato mai dedotto in giudizio.

Ulteriore elemento che conferma quanto fin qui ritenuto lo si deduce da ulteriori elementi testuali contenuti nel dianzi riportato n. 3 dell’Allegato 15 laddove stabilisce che non si sarebbe tenuto conto della durata del periodo bellico “nel calcolo dei termini normali di validità dei diritti” di autore “che erano in vigore in Italia allo scoppio della guerra” e che la “durata normale” di tali diritti sarebbe stata automaticamente estesa per il tempo di durata della guerra.

In riferimento alla interpretazione di tali elementi testuali il Collegio non può non condividere le conclusioni cui è pervenuta sul punto la sentenza delle Sezioni Unite penali di questa Corte n. 49783/09 laddove ha ritenuto che ” la disposizione del Trattato si riferiva esclusivamente ai termini normali di validità, vigenti in Italia allo scoppio della guerra, ed alla durata normale dei diritti di autore. E perciò palese che la disposizione del Trattato, nel prevedere la estensione del termine, non ha inteso riferirsi al termine comprensivo anche della proroga stabilita col D.Lgs.Lgt. n. 440 del 1945 (già vigente al momento della stipulazione del Trattato), che non costituiva il termine normale di protezione, ma un termine speciale applicabile solo alle opere di alcuni autori, e che comunque non era in vigore al momento dello scoppio della guerra. Lo scopo perseguito dalla disposizione, invero, era chiaramente proprio quello di estendere ai cittadini delle potenze alleate il beneficio già concesso ai cittadini italiani ed assimilati dal D.Lgs.Lgt. n. 400 del 1945 (e di cui era, quanto meno, incerta l’applicabilità agli stranieri o ad alcuni stranieri), senza la creazione di ingiustificate posizioni di privilegio”.

Nel caso di specie dunque, essendo – come già detto – la proroga di cui al D.Lgs.Lgt. n. 400 del 1945 già riconosciuta ed applicabile alle opere i cui titolari erano cittadini degli Stati Uniti, è evidente che nessun ulteriore prolungamento della stessa poteva essere riconosciuto ai predetti cittadini.

Sotto un d’verso profilo, posto che il Trattato, in assenza di condizioni di reciprocità, non obbliga l’Italia a riconoscere il cumulo dei due periodi di prolungamento della protezione dei diritti previsti rispettivamente dal D.Lgs.Lgt. n. 440 del 1945 e dall’Allegato 15^ del trattato di pace, una interpretazione delle norme in esame che ritenesse automatico il cumulo dei due periodi senza valutare le condizioni di reciprocità creerebbe anche all’interno del nostro ordinamento una ingiustificata disparità di trattamento tra i titolari dei diritti su opere italiane nonchè su quelle straniere previste dall’art 186 l.d.a dianzi ricordato e le opere ed i relativi titolari di diritti appartenenti ad uno dei paesi delle potenze vincitrici che vedrebbero riconoscersi una proroga della protezione quasi doppia rispetto a quella riconosciuta ai primi.

Tale disparità non risulta giustificata da una diversità di situazioni e sarebbe in potenziale contrasto con l’art. 3 Cost..

La ratio di entrambe le norme (il D.Lgs.Lgt. n. 440 del 1945 e l’allegato 15^ del Trattato di pace) è infatti la medesima, e cioè, quella di consentire ai titolari dei diritti, che a causa degli eventi bellici si sono visti nella impossibilità di utilizzare le proprie opere ovvero di utilizzarle in modo ridotto e limitato, subendo quindi un danno economico, di ovviare a siffatto pregiudizio recuperando il tempo del mancato o limitato sfruttamento.

Sotto un profilo puramente logico si osserva, infine, che se questa è la ratio delle norme appare contrario ad un razionale criterio ermeneutico attribuire un periodo di protezione quasi doppio rispetto al periodo effettivo di durata degli eventi bellici che ha determinato il pregiudizio allo sfruttamento delle opere.

Venendo all’esame del caso di specie, non è controverso in giudizio che i film oggetto di causa sono stati proiettati in Italia nel periodo compreso tra il 1938 ed in 1948 e precisamente : Biancaneve e i sette nani nel 1938; Fantasia nel settembre 1946; Pinocchio nel gennaio 1947 e Bambi nel febbraio 1948.

Da ciò discende che soltanto al film Biancaneve può applicarsi la sospensione prevista dal Trattato di pace per come applicata dal D.Lgs.Lgt. n. 440 del 1945, mentre gli altri tre film, proiettati in Italia dopo la fine della guerra non possono usufruire della sospensione in questione.

Ne consegue che i diritti dei film in questione venivano a scadere, applicandosi il termine di protezione allora vigente di 30 anni ed aggiungendosi la sospensione per il periodo bellico al solo film Biancaneve, nel periodo compreso tra il 1976 ed il 1978. A partire da tali date dunque i film devono ritenersi in pubblico dominio.

Va osservato che nel caso di specie non rileva la questione se quella caduta in pubblico dominio sia la versione americana o quella italiana delle opere in questione, posto che il termine per la durata di protezione trentennale decorre dalla data di proiezione dei film in Italia e dunque quelle prese in considerazione sono necessariamente le opere cinematografiche rappresentate nel nostro paese.

Deve a questo punto esaminarsi un ulteriore aspetto riguardante il problema se le quattro opere in esame non avevano beneficiato della sopravvenuta modifica dell’art. 32 l.d.a. operata dal D.P.R n. 19 del 1979 che aveva prorogato il termine di protezione delle opere cinematografiche a 50 anni.

Anche in questo caso il Collegio condivide l’orientamento espresso dalla sentenza n. 49783/09 delle Sezioni Unite penali che ha escluso l’applicabilità della normativa in questione alle opere cadute in pubblico dominio prima della entrata in vigore della L. n. 19 del 1979.

Deve infatti ritenersi sulla scorta anche della migliore dottrina che “il nuovo regime della durata della protezione dell’opera cinematografica trova applicazione a tutte le opere ancora protette al momento dell’entrata in vigore della nuova legge; non invece alle opere che a quella data erano già cadute in pubblico dominio”.

A tale proposito va osservato che il D.P.R. n. 19 del 1979 ha dato applicazione alla L. n. 399 del 1978 che ha dato “piena ed intera esecuzione alla Convenzione di Berna per la protezione delle onere letterarie ed artistiche” (art. 2) ed ha dato mandato a “Governo di emanare, nel termine di sei mesi, norme aventi valore di legge ordinaria per l’applicazione della convenzione stessa” (art. 3).

La Convenzione di Berna prevede all’art. 18 la sua applicazione “a tutte le opere che al momento della sua entrata in vigore non siano ancora cadute in pubblico dominio nel loro Paese d’origine per effetto della scadenza della durata di protezione. Pertanto, se un’opera, per effetto della scadenza della durata di protezione che le era anteriormente riconosciuta, è caduta in pubblico dominio nel Paese dove la protezione è richiesta, l’opera stessa non vi sarà nuovamente protetta (arg. anche ex Cass. 9529/94).

Come già rilevato, il D.P.R. n. 19 del 1979, in osservanza della delega al Governo contenuta nella L. n. 399 del 1978, ha inedificato la L. n. 633 del 1941, art. 32 estendendo il termine di protezione dei diritti di utilizzazione a 50 anni, senza però nulla dire in ordine alla applicabilità o meno di tale maggior termine alle opere non più protette. Deve ritenersi che la piena ed integrale ratifica della Convenzione di Berna con legge dei lo Stato comporti la diretta ed immediata applicabilità dei principi in essa contenuti, che non debbano essere ulteriormente specificati dalla legge delegata.

Tra questi deve essere ricompreso, in difetto di diversa evidenza, anche il principio di cui all’art. 18, che rende inapplicabile la Convenzione alle opere cadute in pubblico dominio ai sensi della normativa previgente.

D’altra parte, accogliendo l’opposta tesi, si verificherebbe, in assenza di una esplicita disposizione di legge, una sorta di reviviscenza retroattiva di diritti ormai estinti, e cioè un fenomeno in contrasto con i principi generali del nostro ordinamento, per i quali la legge non dispone che per l’avvenire e non ha mai effetto retroattivo (art. 11 preleggi).

Anche su tale punto il Collegio non può che condividere le conclusioni cui è pervenuta la sentenza n. 49783/09 delle Sezioni Unite penali di questa Corte laddove si è affermato che “nell’osservanza del principio generale dell’ordinamento di irretroattività della legge ed a fronte della già rilevata mancanza di qualsiasi indicazione, nella Legge Delega n. 399 del 1978 e nel D.P.R. n. 19 del 1979, da cui possa desumersi una volontà del legislatore di estendere i nuovi termini alle opere già di pubblico dominio e di incidere sui diritti di libera utilizzazione già acquistati ed esercitati da terzi, deve quindi affermarsi l’ulteriore principio secondo il quale il termine di durata dei diritti di utilizzazione economica delle opere cinematografiche, fissato in cinquanta anni dal D.P.R. n. 19 del 1979, non si applica anche in riferimento alle opere già in pubblico dominio al momento dell’entrata in vigore di detto decreto”.

In conclusione, poichè la controversia ha avuto inizio nel gennaio 1991 con la richiesta e l’ottenimento da parte della Walt Disney di provvedimenti cautelari volti ad ordinare alla Barbatoja srl la produzione, la commercializzazione e la distribuzione di videocassette dei quattro film a cartoni animati ripetutamele citati, deve ritenersi che alla data del 1991 i citati film erano in pubblico dominio, onde di essi poteva essere effettuato legittimamente lo sfruttamento da qualunque soggetto interessato senza che ciò potesse costituire violazione del diritto d’autore.

In ragione dell’epoca dei fatti oggetto della controversia questa Corte resta esentata da ogni ulteriore esame circa la questione di una eventuale ricaduta in protezione dei diritti sulle opere cinematografiche oggetto di causa a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 154 del 1997, art. 3 che ha esteso la protezione delle opere stesse a 70 anni.

Resta da dire della ulteriore questione sollevata dalla società resistente che ha dedotto che, in ogni caso, i disegni che costituiscono la base di realizzazione del cartone animato godevano di autonoma protezione, proprio in quanto disegni, rispetto a quella dell’opera filmica.

Di tale questione,genericamente dedotta senza alcun concreto riferimento, non si rinviene traccia nella sentenza impugnala. La stessa non può pertanto essere oggetto di esame per la prima volta in questa sede, dovendosi ritenere che sarebbe stato onere della controricorrente proporre ricorso incidentale sul punto lamentando una omessa pronuncia su tale questione ove la stessa fosse stata effettivamente proposta nel corso dei giudizio di merito.

In conclusione, il quarto motivo del ricorso va accolto, restando assorbiti tutti gli altri. La sentenza impugnata va pertanto cassata e sussistendo i presupposti di cui all’art. 384 c.p.c., la domanda proposta della Walt Disney nei confronti della Barbatoja srl va rigettata.

La complessità della questione ed i sopravvenuti mutati orientamenti giurisprudenziali giustificano la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il quarto motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cessa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta a domanda proposta dalla Walt Disney; compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 8 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2011

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