Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30036 del 19/11/2019

Cassazione civile sez. I, 19/11/2019, (ud. 27/09/2019, dep. 19/11/2019), n.30036

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 32425/2018 proposto da:

J.A., elettivamente domiciliato in Roma, in Piazza Cavour

presso la cancelleria civile della Corte di cassazione e

rappresentato e difeso dall’avvocato Federico Lera per procura

speciale in calce ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t., domiciliato ex

lege in Roma, Via dei Portoghesi, 12 presso l’Avvocatura Generale

dello Stato;

– intimato –

avverso la sentenza n. 660/2018 della Corte di appello di Genova

pubblicata il 18/04/2018;

udita la relazione della causa svolta dal Cons. Dott. Laura Scalia

nella Camera di consiglio del 27/09/2019.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. J.A. ricorre in cassazione con unico articolato motivo avverso la sentenza in epigrafe indicata con cui la Corte di appello di Genova ha rigettato l’impugnazione proposta avverso l’ordinanza del locale Tribunale che aveva, a sua volta, respinto le domande di riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria dal primo introdotte, nella ritenuta insussistenza dei presupposti di legge.

2. Il Ministero dell’Interno, intimato, non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’introdotto motivo il ricorrente – proveniente dal Gambia e che aveva dichiarato, dinanzi alla competente Commissione territoriale, di aver dovuto lasciare il proprio Paese nel settembre 2014 per i dissidi insorti tra le due mogli del padre e le conseguenze del gesto estremo compiuto dalla propria madre ai danni della prima moglie, ragione per la quale, egli era stato minacciato di morte dai parenti della donna deceduta – denuncia la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Il ricorrente deduce di trovarsi in condizione di totale abbandono per essere a lui venuto meno ogni riferimento, familiare e personale, in patria e per le gravi violenze subite nel corso del viaggio in Europa e, ancora, per le vicende patite durante la permanenza in Libia.

Resterebbe in tal modo integrata quella mancanza di condizioni minime di sopravvivenza nei territori di origine a garanzia del rispetto degli obblighi costituzionali a tutela dei “minimi di dignità”.

Le condizioni di vita che l’istante si sarebbe trovato ad affrontare una volta ritornato in Gambia – Paese che si sarebbe collocato nell’elenco di quelli contraddistinti dall’indice di povertà umana alla posizione 123 dei 135 Paesi stimati, nel tasso di lavoro minorile, nella lentissima transizicne registrata da un sistema oppressivo ad uno democratico – avrebbero integrato la sua condizione di vulnerabilità sostenuta, vieppiù, dalla sua giovane età.

Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito indicate.

Il mezzo proposto è generico e mancante di autosufficienza non provvedendo a contestare, con puntualità, la sentenza per articolazione di un vero motivo di ricorso, come tale segnato da un diretto richiamo alle censure condotte in appello ed alle motivazione ivi spese dal giudice del merito nel cui confronto il primo deve porsi.

La denuncia contenuta in ricorso è invero meramente assertiva e riepilogativa dei principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità nella materia portata all’esame di questo Collegio senza che alcun concludente riferimento venga fatto al provvedimento impugnato previa indicazione delle censure nel giudizio portate e disattese dal giudice del merito.

La proposizione, mediante il ricorso per cassazione, di censure prive di specifica attinenza al “decisum” della sentenza impugnata comporta l’inammissibilità del ricorso per mancanza di motivi che possono rientrare nel paradigma normativo di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4. Il ricorso per cassazione, infatti, deve contenere, a pena di inammissibilità, i motivi per i quali si richiede la cassazione, aventi carattere di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, il che comporta l’esatta individuazione del capo di pronunzia impugnata e l’esposizione di ragioni che illustrino in modo intelligibile ed esauriente le dedotte violazioni di norme o principi di diritto, ovvero le carenze della motivazione (Cass. 03/08/2007 n. 17125; Cass. 18/02/2011 n. 4036).

Il principio di autosufficienza del ricorso impone infatti che esso contenga tutti gli elementi necessari a porre il giudice di legittimità in grado di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto, di cogliere il significato e la portata delle censure rivolte alle specifiche argomentazioni della sentenza impugnata, senza la necessità di accedere ad altre fonti ed atti del processo, ivi compresa la sentenza stessa (Cass. 03/02/2015 n. 1926; Cass. 31/07/2017 n. 19018).

3. Il ricorso è, pertanto, inammissibile.

Nulla sulle spese non avendo l’Amministrazione intimata articolato difese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 novembre 2019

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