Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30035 del 31/12/2020

Cassazione civile sez. I, 31/12/2020, (ud. 24/09/2020, dep. 31/12/2020), n.30035

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso R.G.N. 560/2019 proposto da:

B.A., rappresentato e difeso, giusta procura speciale

allegata al ricorso, dall’Avvocato Sabrina Rossi, presso il cui

studio in Roma, alla via Golametto n. 2, è elettivamente

domiciliato;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore;

– intimato –

avverso la sentenza della CORTE DI APPELLO DI ROMA depositata

l’11/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/09/2020 dal Consigliere Dott.ssa Irene Scordamaglia.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. B.A., cittadino della (OMISSIS), ricorre per cassazione, affidandosi ad un motivo, contro la sentenza della Corte di appello di Roma dell’11 ottobre 2018, di rigetto dell’appello proposto avverso l’ordinanza del Tribunale di quella stessa città del 31 gennaio 2017, che aveva respinto il ricorso presentato avverso la decisione della Commissione territoriale di diniego della richiesta di protezione internazionale.

In particolare, la Corte di appello ha respinto la domanda di riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria, rilevando, quanto al profilo della situazione di particolare fragilità dell’appellante, che il suo attuale stato di salute fisio-psichica era buono, e, quanto al profilo del suo avviato percorso di integrazione socio-lavorativa in Italia, che le indagini compiute attraverso ricerche tramite internet non avevano consentito di verificare nè gli indirizzi, nè le ragioni sociali delle varie cooperative presso le quali B. sarebbe stato impiegato e dalle quali sarebbero provenute le referenze versate in atti.

2. L’intimato Ministero dell’Interno non ha spiegato difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso è denunciata, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2719 c.c.. Si deduce che la Corte di appello, in assenza di uno specifico disconoscimento della documentazione, prodotta in copia fotostatica, attestante l’esistenza in capo all’appellante di un regolare rapporto di lavoro, aveva proceduto d’ufficio a formulare una contestazione di autenticità, mediante il ricorso ad indagini svolte tramite internet: tanto in spregio al principio di diritto secondo il quale le copie fotografiche o fotostatiche hanno la stessa efficacia di quelle autentiche, anche qualora detta conformità non sia disconosciuta dalla controparte, con divieto per il giudice di sostituirsi nell’attività di disconoscimento alla parte interessata. Se ne fa conseguire che l’errata valutazione del profilo dell’integrazione socio-lavorativa in Italia avrebbe determinato un illegittimo diniego della protezione umanitaria richiesta.

Il motivo è infondato.

Va rilevato che la Corte d’appello non ha escluso la conformità della copia fotostatica all’originale, di modo che l’applicazione dell’art. 2719 c.c. non viene affatto in considerazione. Quel che, invece, la Corte territoriale ha negato è la veridicità del contenuto dei documenti prodotti dalla parte: profilo, questo, che legittimamente è stato oggetto di accertamento d’ufficio, in virtù degli ampi poteri istruttori officiosi di cui il giudice della protezione internazionale dispone.

3. Il ricorso va, pertanto, rigettato. Nulla è dovuto per le spese del giudizio, essendo l’Amministrazione intimata rimasta tale. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, giusta lo stesso art. 13, comma 1 bis dovrà essere versato dal ricorrente se dovuto.

PQM

Rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, giusta lo stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Prima civile della Corte Suprema di cassazione, il 24 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 31 dicembre 2020

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