Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30033 del 19/11/2019

Cassazione civile sez. I, 19/11/2019, (ud. 24/09/2019, dep. 19/11/2019), n.30033

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 31095/2018 R.G. proposto da:

N.A.A.L., rappresentato e difeso giusta delega

in atti dall’avv. Luigi Migliaccio (PEC

luigimigliaccioavvocatinapoli.legalmail.it);

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato con

domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato (PEC

ags.rm.maiicert.avvocaturastato.it);

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Catania n. 635/18

depositata il 20/03/2018, non notificata;

udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del

24/09/2019 dal Consigliere Dott. Roberto Succio.

Fatto

RILEVATO

che:

– con la sentenza di cui sopra la Corte d’appello ha respinto l’appello del ricorrente, confermando la pronuncia di prime cure;

– avverso la sentenza di seconde cure propone ricorso per Cassazione il ricorrente con atto affidato a due motivi, articolati in sub-censure; il Ministero dell’Interno è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– il primo motivo di ricorso censura la gravata sentenza per violazione

e falsa applicazione degli artt. 33 e 40 della Direttiva 2013/32/CE nonchè del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 29, comma 1, lett. b), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere erroneamente il giudice dell’appello ritenuto identica la seconda domanda presentata dal richiedente, omettendo anche di considerare i nuovi elementi di prova ivi dedotti e documentati;

– il motivoè privo di fondamento;

– il D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 29, prevede che la Commissione territoriale dichiari inammissibile la domanda di protezione senza procedere all’esame, tra l’altro, anche nel caso in cui (lett. b) il richiedente abbia reiterato identica domanda dopo l’assunzione di una decisione da parte della Commissione stessa senza addurre nuovi elementi in merito alle sue condizioni personali o alla situazione del suo Paese di origine. L’art. 32 della Direttiva 01/12/2005 n. 852005/85/CE, (Direttiva del Consiglio recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato), in tema di domande reiterate prevedeva che, se una persona che ha chiesto asilo in uno Stato membro rilascia ulteriori dichiarazioni o reitera la domanda nello stesso Stato membro, questo può esaminare le ulteriori dichiarazioni o gli elementi della domanda reiterata nell’ambito dell’esame della precedente domanda o dell’esame della decisione in fase di revisione o di ricorso, nella misura in cui le autorità competenti possano tenere conto e prendere in considerazione tutti gli elementi che sono alla base delle ulteriori dichiarazioni o della domanda reiterata in tale ambito. Tale disciplina è stata sostituita da quella, sul punto ricompilativa, di cui all’art. 40 della successiva Direttiva 26/06/2013 n. 322013/32/CE (Direttiva UE recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale- rifusione) che all’art. 53, ha abrogato la precedente;

– la citata disciplina Europea prevede che la domanda di asilo reiterata sia anzitutto sottoposta a esame preliminare per accertare se, dopo il ritiro della domanda precedente, o dopo che sia stata presa la decisione su quella domanda, siano emersi o siano stati addotti dal richiedente elementi o risultanze nuovi, rilevanti per l’esame dell’eventuale qualifica di rifugiato. Pertanto, solo se l’esame preliminare permette di concludere che sono emersi o sono stati addotti dal richiedente elementi o risultanze nuovi che aumentano in modo significativo la probabilità che al richiedente possa essere attribuita la qualifica di beneficiario di protezione internazionale si può dar ingresso ad un rinnovato esame nel merito della richiesta. Questa Corte ha avuto modo in proposito di affermare che i “nuovi elementi”, alla cui allegazione il D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 29, lett. b), subordina l’ammissibilità della reiterazione della domanda di riconoscimento della tutela, possono consistere, oltre che in nuovi fatti di persecuzione o comunque costitutivi del diritto alla protezione stessa, successivi al rigetto della prima domanda da parte della competente Commissione, anche in nuove prove dei fatti costitutivi del diritto, purchè il richiedente non abbia potuto, senza sua colpa, produrle in precedenza innanzi alla commissione in sede amministrativa, nè davanti al giudice introducendo il procedimento giurisdizionale di cui all’art. 35 del D.Lgs. citato (Sez. 6, 28/02/2013, n. 5089). E’ stato anche ritenuto che nel procedimento di riconoscimento della protezione internazionale per lo straniero, è ammissibile la reiterazione della domanda quando vengano addotti nuovi elementi, anche sussistenti al momento della precedente richiesta, che il ricorrente non aveva tuttavia potuto, senza sua colpa, prospettare in difetto di prove;

– nella fattispecie la Corte catanese ha ritenuto che non sussistessero elementi nuovi suscettibili di essere posti efficacemente a sostegno della domanda reiterata, incolpevolmente sottaciuti tanto all’epoca della prima domanda;

– la censura è inammissibile perchè introduce riferimenti, oltremodo generici, a documenti non allegati e non trascritti, ossia le dichiarazioni rese in data 17.11.2008, le cui differenze rispetto a quanto dichiarato e illustrato in memoria in data 8.10.2012 vengono prospettate invece quale elemento fondante della rivendicata ammissibilità della reiterazione. Questa Corte non è stata così posta in condizione di apprezzare la validità delle recriminazioni del ricorrente, specie a fronte del ricordato reciso diniego di novità opposto. In secondo luogo, occorre puntualizzare che la disciplina sopra illustrata richiede il carattere incolpevole della mancata precedente allegazione del nuovo elemento; pertanto un ulteriore motivo di inammissibilità va colto nel fatto che il ricorrente omette totalmente di dimostrare, e anche solo dedurre, le ragioni che, a suo dire, avrebbero giustificato la mancata allegazione della nuova circostanza in sede di prima domanda e soprattutto nell’ambito del giudizio di cognizione attinente il riconoscimento della protezione da lui introdotto con ministero e assistenza legale di un difensore abilitato. Tale giudizio, secondo l’orientamento del tutto consolidato di questa Corte, non ha per oggetto l’impugnazione del provvedimento di diniego da parte della Commissione territoriale, ma il diritto soggettivo del ricorrente alla protezione invocata (ex multis: Sez. 6-1, 22/03/2017, n. 7385; Sez. 6-1, 08/06/2016, n. 11754; Sez. 6-1, 03/09/2014, n. 18632; Sez. 06-1, del 13/01/2012, n. 420; Sez. 06-1, del 09/12/2011, n. 26480). In tale giudizio, il ricorrente, nell’osservanza delle norme di rito, ben può produrre nuove prove e anche allegare fatti nuovi, anche non sopravvenuti, rispetto al proprio precedente racconto reso in sede amministrativa, arricchendone la narrazione, colmandone le lacune e correggendone le incongruenze e così introducendo tempestivamente i nova nel dibattito processuale, offrendo, se possibile, una ragionevole spiegazione della mancata precedente allegazione da parte sua, in ottemperanza dell’obbligo generale di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 1, di presentare, unitamente alla domanda di protezione internazionale, o comunque appena disponibili, tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda. Pertanto, in caso di reiterazione della domanda di protezione D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, ex art. 29, lett. b), dopo che si sia già svolto un precedente giudizio diretto al riconoscimento della protezione internazionale, il richiedente asilo, a pena di inammissibilità della nuova istanza, è tenuto a indicare le ragioni per cui, senza colpa, non abbia potuto addurre i “nuovi elementi” nel giudizio di cognizione da lui proposto, atteso che quest’ultimo ha ad oggetto non già l’impugnazione del provvedimento di diniego da parte della Commissione territoriale, ma il riconoscimento del proprio diritto soggettivo alla protezione invocata, sicchè in esso è anche possibile integrare le deduzioni svolte in sede amministrativa;

– il secondo motivo di impugnazione si incentra sulla violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 4, comma 3, artt. 4,5 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, nonchè degli artt. 127,184,359 e 702 quater c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la Corte di appello erroneamente applicato le disposizioni in materia di “cooperazione istruttoria” sopra richiamata ritenendo inammissibile la domanda reiterata di cui al precedente motivo;

– il motivo non è fondato;

– giova ricordare, al proposito, che in effetti la valutazione della credibilità soggettiva del richiedente non può essere legata alla mera presenza di riscontri obiettivi di quanto da lui narrato, poichè incombe al giudice, nell’esercizio del potere-dovere di cooperazione istruttoria, l’obbligo di attivare i propri poteri officiosi al fine di acquisire una completa conoscenza della situazione legislativa e sociale dello Stato di provenienza, onde accertare la fondatezza e l’attualità del timore di danno grave dedotto (Sez. 6, 25/07/2018, n. 19716);

– a ciò deve però aggiungersi che il giudice deve comunque prendere le mosse da una versione precisa e credibile, se pur sfornita di prova, perchè non reperibile o non esigibile, della personale esposizione a rischio grave alla persona o alla vita: tale premessa è indispensabile perchè il giudice debba dispiegare il suo intervento istruttorio ed informativo officioso sulla situazione persecutoria addotta nel Paese di origine; le dichiarazioni del richiedente che siano intrinsecamente inattendibili, alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non richiedono un approfondimento istruttorio officioso (Sez. 6, 27/06/2018, n. 16925; Sez. 6, 10/4/2015 n. 7333; Sez. 6, 1/3/2013 n. 5224). Il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, stabilisce che anche in difetto di prova, la veridicità delle dichiarazioni del richiedente deve essere valutata alla stregua dei seguenti indicatori: a) il compimento di ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda; b) la sottoposizione di tutti gli elementi pertinenti in suo possesso e di una idonea motivazione dell’eventuale mancanza di altri elementi significativi; c) le dichiarazioni del richiedente debbono essere coerenti e plausibili e non essere in contraddizione con le informazioni generali e specifiche pertinenti al suo caso, di cui si dispone; d) la domanda di protezione internazionale deve essere presentata il prima possibile, a meno che il richiedente non dimostri un giustificato motivo per averla ritardata; e) la generale attendibilità del richiedente, alla luce dei riscontri effettuati;

– il contenuto dei parametri sub c) ed e), sopra indicati, evidenzia che il giudizio di veridicità delle dichiarazioni del richiedente deve essere integrato dall’assunzione delle informazioni relative alla condizione generale del paese, quando il complessivo quadro allegativo e probatorio fornito non sia esauriente, purchè il giudizio di veridicità alla stregua degli altri indici (di genuinità intrinseca) sia positivo (Sez. 6, 24/9/2012, n. 16202 del 2012; Sez. 6, 10/5/2011, n. 10202);

– beninteso, il principio che le dichiarazioni del richiedente che siano inattendibili non richiedono approfondimento istruttorio officioso va opportunamente precisato e circoscritto: nel senso che ciò vale per il racconto che concerne la vicenda personale del richiedente, che può rilevare ai fini dell’accertamento dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato o ai fini dell’accertamento dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b). Invece il dovere del giudice di cooperazione istruttoria, una volta assolto da parte del richiedente la protezione il proprio onere di allegazione, sussiste sempre, anche in presenza di una narrazione dei fatti attinenti alla vicenda personale inattendibile e comunque non credibile, in relazione alla fattispecie contemplata dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), (Sez. 1, 31/1/2019 n. 3016). Inoltre questa Corte ha di recente ribadito che la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, o come motivazione apparente, o come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (Sez. 1, n. 3340 del 05/02/2019, Rv. 652549 01; Sez. 6 – 1, n. 33096 del 20/12/2018, Rv. 652571 – 01);

– in concreto quindi, nel presente caso, il giudizio di inattendibilità posto dalla Corte a base del proprio ragionamento, e non scalfito dai motivi di ricorso, rende corretto il diniego di “cooperazione istruttoria” adottato dal giudice dell’appello;

– la sentenza impugnata, anche su questo punto, ha quindi correttamente pronunciato;

– conclusivamente il ricorso va rigettato.

P.Q.M.

rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 24 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 novembre 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA