Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30027 del 21/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 21/11/2018, (ud. 15/02/2018, dep. 21/11/2018), n.30027

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 28117/2012 R.G. proposto da:

Saba Italia S.p.A., in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa

dall’avv. Stefano Fedele, elettivamente domiciliata in Roma alla via

XX Settembre n. 1, presso lo studio Tributario e Societario;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata e difesa, ai soli fini dell’eventuale partecipazione

all’udienza di discussione, dall’Avvocatura Generale dello Stato,

con domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato;

e

Equitalia Sud S.p.A., in persona del l.r.p.t.;

– intimate –

avverso la sentenza n. 66/03/2012 della Commissione Tributaria

Regionale del Lazio del 2 aprile 2012, depositata il giorno 24

aprile 2012, non notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15 febbraio

2018 dal Consigliere dott.ssa Andreina Giudicepietro.

Fatto

RILEVATO

che:

1. la Saba Italia S.p.A. ricorre con tre motivi avverso l’Agenzia delle Entrate ed Equitalia Sud S.p.A. per la cassazione della sentenza n. 66/03/2012 della Commissione Tributaria Regionale del Lazio del 2 aprile 2012, depositata il giorno 24 aprile 2012, non notificata, che, in controversia concernente l’impugnativa della cartella di pagamento n. (OMISSIS), emessa a seguito di controllo automatizzato del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis e del D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 54, in relazione al modello Unico 2007 e Modello Iva 2007, ha respinto l’appello della società contribuente, confermando la sentenza della C.T.P. di Roma, di parziale accoglimento del ricorso del contribuente e conseguente annullamento della cartella limitatamente alla ripresa dell’imposta IVA;

2. con la sentenza impugnata, la C.T.R. del Lazio ha ritenuto che non fosse più emendabile la dichiarazione della società contribuente, in ordine ad un credito d’imposta maturato nell’anno 2000 ed erroneamente portato in compensazione in misura inferiore nel successivo anno di imposta, e che la cartella di pagamento non presentasse alcun vizio di motivazione;

3. l’Equitalia Sud S.p.A. rimaneva intimata, mentre l’Agenzia delle Entrate si costituiva al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione;

4. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio del 15 febbraio 2018 ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e dell’art. 380 bis 1, c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.1. con il primo motivo di ricorso, la società ricorrente lamenta la nullità della sentenza impugnata per l’omessa pronuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in ordine ai motivi di appello concernenti l’esistenza del credito di imposta, erroneamente ritenuto inesistente dalla sentenza di primo grado con conseguente vizio di ultrapetizione della stessa, nonchè l’omessa valutazione degli elementi di prova forniti dalla contribuente;

con il secondo motivo di ricorso, la società ricorrente censura l’omessa motivazione della sentenza impugnata, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ed al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, sia sui vizi della decisione di primo grado, oggetto di specifici motivi di appello, sia sulle eccezioni dell’appellante;

con il terzo motivo di ricorso, la società ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, commi 8 e 8 bis, dell’art. 53 Cost. e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, in ordine all’asserita necessità di presentare una dichiarazione integrativa per emendare gli errori commessi nella dichiarazione dei redditi, escludendo che la stessa potesse essere emendata anche in sede contenziosa;

1.2. ragioni di priorità logica impongono la trattazione del terzo motivo di ricorso, che è infondato e deve essere rigettato;

1.3. il D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8, dispone: “salva l’applicazione delle sanzioni, le dichiarazioni dei redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive e dei sostituti d’imposta possono essere integrate per correggere errori od omissioni mediante successiva dichiarazione da presentare, secondo le disposizioni di cui all’art. 3, utilizzando modelli conformi a quelli approvati per il periodo d’imposta cui si riferisce la dichiarazione, non oltre i termini stabiliti dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 43, e successive modificazioni”;

il successivo comma 8-bis stabilisce: “le dichiarazioni dei redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive e dei sostituti di imposta possono essere integrate dai contribuenti per correggere errori od omissioni che abbiano determinato l’indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito d’imposta o di un minor credito, mediante dichiarazione da presentare, secondo le disposizioni di cui all’art. 3, utilizzando modelli conformi a quelli approvati per il periodo d’imposta cui si riferisce la dichiarazione, non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo. L’eventuale credito risultante dalle predette dichiarazioni può essere utilizzato in compensazione ai sensi del D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 17”;

le Sezioni Unite di questa Corte, con la recente sentenza n. 13378 del 2016, hanno rilevato che il sistema normativo delineato dalle due previsioni sopra richiamate consente di distinguere i limiti e l’oggetto delle rispettive dichiarazioni integrative, nel senso che, in caso di errori od omissioni nella dichiarazione dei redditi, la dichiarazione integrativa può essere presentata non oltre i termini di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, se diretta ad evitare un danno per la P.A. (D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8), mentre, ai sensi del successivo comma 8-bis, può essere emendata non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo in caso di errori ed omissioni in danno del contribuente, portando in compensazione il credito eventualmente risultante;

nella specie, la società contribuente, per ovviare all’errore commesso in proprio danno con la dichiarazione per l’anno di imposta 2001 (in cui sostiene di aver indicato in compensazione un credito di imposta minore rispetto a quello complessivamente maturato nell’anno 2000), ha portato in compensazione, nella dichiarazione Modello unico 2007 relativa all’anno di imposta 2006, la parte del credito di imposta maturato nel 2000 e non compensato nelle successive dichiarazioni;

tale compensazione, ben oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione per il periodo di imposta successivo, risulta effettuata in violazione del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8-bis, applicabile al caso in esame (e la relativa decadenza del contribuente risulta rilevabile d’ufficio, come affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 5913/2017);

nè può condividersi la tesi della ricorrente, secondo cui non sarebbe applicabile al caso di specie il termine di cui al D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8-bis, dovendosi sempre riconoscere al contribuente la possibilità di contestare in fase contenziosa la fondatezza della pretesa impositiva basata sull’errore nella dichiarazione del contribuente;

ed invero, tale principio, enunciato nella ricordata pronuncia n. 13378/2016 delle Sezioni Unite di questa Corte, non è riferibile alla fattispecie in esame, in cui la contribuente non si oppone ad una maggiore pretesa dell’Amministrazione, ma sostanzialmente vorrebbe recuperare, mediante il meccanismo della compensazione, quanto versato in eccedenza relativamente all’imposta dell’anno 2001;

tale possibilità (insieme a quella di un eventuale rimborso, che non risulta richiesto dalla società contribuente) deve, invece, ritenersi preclusa dal decorso dei termini di legge, secondo il chiaro tenore letterale della normativa citata;

1.4. il rigetto del terzo motivo di ricorso assorbe l’esame del primo e del secondo motivo;

i motivi suddetti, invero, riguardano la omessa pronuncia del giudice di appello – e, comunque, l’omessa motivazione – in ordine alla sussistenza del credito d’imposta, circostanza irrilevante nel caso di specie, attesa l’intervenuta decadenza della società contribuente dalla possibilità di compensarlo, ai sensi del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8-bis, o di ottenerne il rimborso del D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 38;

1.5. stante la soccombenza della ricorrente e la mancata costituzione delle parti intimate, nulla deve disporsi in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 15 febbraio 2018.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2018

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