Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30027 del 19/11/2019

Cassazione civile sez. I, 19/11/2019, (ud. 24/09/2019, dep. 19/11/2019), n.30027

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 30387/2018 R.G. proposto da:

S.A.M.R., rappresentato e difeso giusta delega in atti

dall’avv. Maurizio Carpinoed elettivamente domiciliato presso il suo

studio in Roma, Viale Eritrea n. 20 (indirizzo PEC

mauriziocarpino-ordineavvocatiroma.org);

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato con

domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato (PEC

ags.rm-mailcert.avvocaturastato.it);

– intimato –

Avverso la sentenza della Corte d’ Appello di Milano n. 2114/2018

depositata il 19/04/2018, non notificata;

Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del

24/09/2019 dal consigliere Dott. Roberto Succio.

Fatto

RILEVATO

che:

– con la sentenza di cui sopra la Corte d’appello ha respinto l’appello del ricorrente, confermando la pronuncia di prime cure;

– avverso la sentenza di seconde cure propone ricorso per Cassazione S.A.M.R. con atto affidato a due motivi; il Ministero dell’Interno è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– il primo motivo di impugnazione si incentra sulla violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 con riferimento al diniego della protezione c.d. “umanitaria” e per motivazione apparente ed illegittima; la Corte d’appello avrebbe reso motivazione apparente richiamando le ragioni poste dal Tribunale a base del decisum, senza attivare i poteri officiosi per approfondire in sede istruttoria quanto riferito dal richiedente, le cui dichiarazioni invece erano da considerarsi attendibili;

– il motivo è in parte inammissibile, in parte infondato;

– in materia di protezione internazionale l’accertamento del giudice di merito deve innanzitutto avere ad oggetto la credibilità soggettiva della versione del richiedente circa l’esposizione a rischio grave alla vita o alla persona. La valutazione di non credibilità del racconto costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del richiedente siano coerenti e plausibili, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. c), ma pur sempre a fronte di dichiarazioni sufficientemente specifiche e circostanziate (Cass. 27503/2018). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, mentre si deve escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito; per contro, poichè il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa, mentre l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, estranea all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità, il giudizio circa la credibilità del ricorrente non può essere censurato sub specie di violazione di legge (Cass. 3340/2019), come nel caso di specie. Il motivo in esame risulta così sotto questo profilo inammissibile, dato che, attraverso la denuncia della violazione di norme di legge relative alla valutazione sulla credibilità del richiedente la protezione internazionale, finisce per fornire una ricostruzione della fattispecie concreta difforme da quella accertata dalla corte distrettuale. La constatazione dell’inverosimiglianza del racconto esimeva poi il collegio del merito dal compiere un approfondimento istruttorio officioso circa la situazione di carattere pregiudizievole prospettata dal ricorrente. Il dovere del giudice di cooperazione istruttoria è infatti circoscritto alla verifica della situazione obbiettiva del paese di origine e non si estende alle individuali condizioni del soggetto richiedente. Pertanto e in ogni caso, qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria personale nel paese di origine, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori (Cass. 16925/2018); sotto questo secondo profilo il mezzo è comunque privo di fondamento;

– il secondo motivo di ricorso si incentra sulla violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 con riferimento alla richiesta di protezione umanitaria, per avere con motivazione meramente assertiva la Corte territoriale omesso sia di valutare la situazione del ricorrente e del paese di origine sia di illustrare le ragioni del diniego del beneficio;

– il motivo è infondato;

– quanto al profilo motivazionale, lo stesso è all’evidenza infondato, avendo la Corte dato atto delle ragioni poste alla base del proprio decisum;

– quanto al rigetto dell’istanza diretta a ottenere la protezione umanitaria, conviene premettere che, come questa Corte ha già affermato, il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per ragioni umanitarie dev’essere frutto di valutazione autonoma, non potendo conseguire automaticamente dal rigetto delle altre domande di protezione internazionale, essendo necessario che l’accertamento da svolgersi sia fondato su uno scrutinio avente ad oggetto l’esistenza delle condizioni di vulnerabilità che ne integrano i requisiti (Cass.28990/2018). Anche in relazione alla protezione umanitaria, peraltro, si evidenzia che l’attivazione da parte del giudice del dovere di cooperazione istruttoria presuppone l’allegazione in capo al ricorrente di una ben determinata situazione di “vulnerabilità” che va specificamente delineata nei suoi elementi costitutivi, onde consentire di effettuare una effettiva valutazione comparativa della situazione del richiedente con riferimento al paese di origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione di integrazione raggiunta nel paese di accoglienza (Cass. 4455/2018);

– nel presente caso, la Corte territoriale ha ritenuto, con motivato accertamento fattuale non più censurabile in questa sede, che “non sono stati dedotti aspetti di particolare vulnerabilità e fragilità del richiedente”;

– conseguentemente, il ricorso va rigettato.

P.Q.M.

rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 24 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 novembre 2019

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