Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30026 del 31/12/2020

Cassazione civile sez. II, 31/12/2020, (ud. 08/09/2020, dep. 31/12/2020), n.30026

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24 97 0-2019 proposto da:

Z.M., rappresentato e difeso dall’avv. MARCO FERRERO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), IN PERSONA DEL MINISTRO PRO

TEMPORE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2103/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 22/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

08/09/2020 dal Consigliere Dott. SERGIO GORJAN.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Z.M. – cittadino del (OMISSIS) – ebbe a proporre ricorso avanti il Tribunale di Venezia avverso la decisione della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Verona che aveva rigettato la sua istanza di protezione internazionale in relazione a tutti gli istituti previsti dalla relativa normativa.

Il ricorrente deduceva d’essere dovuto fuggire dal suo Paese poichè coinvolto in un contrasto con gli zii per la titolarità di alcuni terreni ed in violenze tra studenti per ragioni politiche, cui seguì la morte di un giovane di cui venne accusato infondatamente senza la possibilità di ricorrere alla protezione dello Stato poichè la Polizia corrotta.

Il Giudice monocratico ebbe a rigettare il ricorso ed il richiedente asilo propose gravame avanti al Corte d’Appello di Venezia, limitatamente alla questione correlata alla protezione sussidiaria ed alla protezione umanitaria.

Il Collegio territoriale rigettò l’appello ritenendo non credibile il racconto portato dal richiedente asilo a motivazione del suo espatrio e, comunque, non sussistenti in concreto le condizioni previste dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) in relazione alla domanda di protezione sussidiaria, nonchè non fornito elemento alcuno atto a lumeggiare la concorrenza di condizione di sua vulnerabilità.

Il richiedente protezione ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza resa dalla Corte marciana articolato su tre motivi, anche illustrato con memoria tardivamente depositata.

Il Ministero degli Interni, ritualmente evocato, ha resistito con controricorso.

E’ intervenuta la Procura Generale in persona della Dott. Ceroni che ha concluso per l’accoglimento dell’ultimo motivo di ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso svolto da M.Z. appare inammissibile ex art. 360 bis c.p.c. – siccome la norma ricostruita ex Cass. SU n. 7155/17.

Con il primo articolato mezzo d’impugnazione il ricorrente deduce violazione delle norme D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 3, 5, 6 e ex art. 14, lett. c), D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e art. 27, commi 1 e 1 bis omessa considerazione della documentazione depositata, nonchè omessa acquisizione officiosa di adeguate informazioni circa la situazione socio-politica esistente in (OMISSIS).

Il ricorrente, anzitutto, osserva come la Corte territoriale non abbia seriamente esaminato gli indici di sua credibilità intrinseca anche alla luce della documentazione dimessa e nemmeno ebbe ad assumere adeguate informazioni circa la situazione socio-politica attuale del (OMISSIS), mediante ricorso ad attenta lettura dei rapporti Easo.

In dettaglio poi il ricorrente lamenta come le argomentazioni utilizzate dai Giudici d’appello siano sovrapponibili a quelle presenti nella sentenza di primo grado e come il Collegio lagunare non aveva esaminato e valutata la documentazione di assoluta rilevanza in causa da lui dimessa, che confermava la veridicità del suo racconto circa la sua famiglia, gli studi fatti, la malattia della madre, la morte del padre e la lite familiare circa i terreni dati in affitto.

L’argomentazione critica svolta sul punto dal ricorrente appare svincolata dalla motivazione in effetti espressa dalla Corte marciana, nel cui corpo viene messo in evidenza come l’argomentazione esposta dal Tribunale, per illustrare la statuizione circa la non credibilità del narrato offerto dal richiedente asilo a giustificazione del suo espatrio, non risultava attinta da specifica censura, essendosi limitato l’appellante e riproporre la tesi difensiva formulata in atto d’opposizione al provvedimento della Commissione senza confrontarsi con la motivazione presente nell’ordinanza impugnata.

Inoltre i Giudici veneziani hanno sottolineato come la non credibilità del narrato si fondava anche sulla circostanza che il richiedente asilo, in sede amministrativa non ebbe a dedurre, siccome ragione dell’espatrio, la morte dello studente della quale era falsamente accusato, bensì riferito la sua decisione a ragioni esclusivamente economiche.

Dunque la Corte non già s’è appiattita sulla motivazione resa dal Tribunale, bensì ha preso atto che l’appellante non svolgeva critica specifica avverso detta motivazione, nonchè ha puntualmente evidenziato anche ragione specifica a suffragio della ritenuta inaffidabilità della versione resa in corso di causa.

In questo contesto, effettivamente, del tutto irrilevanti appaiono i documenti cui opera cenno il ricorrente, sicchè nemmeno concorreva l’esigenza di farne menzione in sentenza, in quanto afferenti alle condizioni familiari e di salute dei parenti, ossia a fatti estranei alla ragione addotta a giustificazione dell’espatrio e del timore di rientrare in Patria.

In ulteriore dettaglio il Z. osserva come la Corte lagunare non ebbe ad esaminare funditus la situazione socio-politica del (OMISSIS), poichè non ha valutato quanto illustrato nel rapporto Easo, posto alla base della sua decisione sul punto, circa l’esistenza di gruppi terroristici attivi anche in (OMISSIS) e circa l’incapacità, per mancanza di mezzi e corruzione, della Pubblica autorità di intervenire a protezione dei cittadini anche in relazione a questioni di conflitto intra familiare, come quello esistente tra il richiedente asilo e gli zii.

Infine il ricorrente segnala come l’erronea valutazione degli elementi fattuali sopra ricordati si rifletteva anche sulla fondatezza del timore per la propria incolumità, posto alla base della decisione del ricorrente di non far rientro in (OMISSIS).

Anche con relazione a tali censure l’argomentazione critica sviluppata nel ricorso non pare confrontarsi con l’effettiva motivazione illustrata dalla Corte veneziana sul punto.

Difatti il Collegio serenissimo ha puntualmente apprezzato la segnalazione – enfatizzata in ricorso – della presenza di gruppi terroristici operanti in (OMISSIS), rilevando però come la loro azione non potesse essere ricondotta al concetto giuridico – siccome precisato dalla Corte Europea – di violenza diffusa ovvero guerra civile e come alcuna parte del mondo sia immune da attentati da parte di gruppi estremisti.

Quindi la Corte territoriale ha valutato nel suo complesso il rapporto Easo utilizzato quale fonte d’informazione in modo appropriato ed esaustivo, mentre la questione afferente l’incapacità dell’Autorità statuale di proteggere i propri cittadini rimane puntualmente smentita e dalla non credibilità del narrato reso dal richiedente asilo circa la lite con gli zii e la falsa accusa di omicidio.

Di conseguenza correttamente la Corte marciana ha escluso la concorrenza di fondato timore in capo al Z. di rientrare in Patria poichè non sussistente alcuna delle cause da lui prospettate.

Con la seconda doglianza il ricorrente denunzia falsa applicazione delle regole di diritto D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 5, comma 6, ex art. 10, comma 4 e ex art. 19, comma 1 nonchè omesso esame di fatti e documenti determinanti poichè il Collegio marciano ha ritenuto non concorrenti i presupposti fattuali e giuridici per il riconoscimento del suo diritto a godere della protezione umanitaria.

La cesura, siccome sviluppata s’appalesa inammissibile posto che si limita ad una apodittica contestazione del decisum adottato dal primo Giudice con richiamo a documentazione lumeggiante il radicamento sociale in Italia, che risulta già puntualmente esaminata dal Collegio serenissimo, ed a mera contestazione del giudizio di comparazione formulato specificatamente dalla Corte marciana.

Difatti la Corte territoriale ha sottolineato la mancata prospettazione di condizioni di vulnerabilità sia oggettive che soggettive diverse da quelle palesate nel racconto ritenuto non credibile, nonchè l’irrilevanza ex se della sola attività lavorativa svolta in Italia, poichè detto fattore va apprezzato nell’ambito della complessiva valutazione – siccome insegna proprio l’arresto di legittimità evocato dal ricorrente – che nella specie risulta puntualmente operata dalla Corte marciana con esito negativo per il ricorrente e detta statuizione non risulta attinta da specifica censura.

Quanto all’argomentazione esposta dal P.G. a sostegno della sua conclusione di accoglimento dell’impugnazione, basta rilevare come la stessa si focalizza sull’affermazione del Collegio marciano che la non credibilità del racconto reso dal richiedente asilo si riflette anche sull’esame dell’istanza di godere della protezione umanitaria, statuizione ritenuta contraria al più recente indirizzo di legittimità sul punto.

A parte che l’affermazione dei Giudici veneti appare correlata all’osservazione che non sono prospettati dal ricorrente a sostegno della sua istanza di protezione umanitaria elementi ulteriori e diversi – allegazione invece necessaria secondo l’insegnamento di questo Supremo Collegio – rispetto a quelli già prospettati ed esaminati in relazione alla principale domanda di protezione internazionale – Cass. sez. 3 n. 8819/20, Cass. sez. 1 n. 13573/20, Cass. sez. 1 n. 7985720, Cass. sez. 1 n. 21123/19, Cass. sez. 1 n. 15794/19 -, rimane dirimente il rilievo che la Corte marciana ha comunque proceduto a valutare nel merito la domanda de qua.

Difatti il Collegio lagunare ha puntualizzato come il ricorrente non aveva indicato dati fattuali – ulteriori rispetto a quelli già negativamente esaminati – lumeggianti condizione soggettiva od oggettiva di vulnerabilità e come, invero, la sola attività lavorativa espletata non fosse ex se sufficiente all’uopo, dovendosi espletare – Cass. SU n. 29459/19 – la richiesta valutazione complessiva dei vari dati fattuali rilevanti in ordine all’istituto in questione, siccome effettivamente fatto da parte della Corte territoriale.

Quanto poi alla prospettata – dal P.G. – esigenza di rimettere la questione alle Sezioni unite di questa Corte non reputa questo Collegio la stessa concorra poichè anche gli arresti evocati nella requisitoria scritta postulano sempre l’allegazione almeno di un dato fattuale ulteriore rispetto a quelli dedotti con il narrato ritenuto non credibile.

Quindi l’argomento sviluppato dal P.G. non si correla in concreto con la complessiva motivazione illustrata dalla Corte marciana riguardo alla domanda tesa al riconoscimento del diritto di godere della protezione umanitaria.

Con la terza ragione di impugnazione lo Z. lamenta violazione del disposto ex art. 61 – rectius 91 – c.p.c. e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 28 bis, comma 1 e art. 28 ter e art. 32, comma 1, lett. a) poichè il Collegio serenissimo lo ha condannato al pagamento delle spese processuali, ritenendo inammissibile la sua istanza di riconoscimento della protezione internazionale al di fuori delle specifiche ipotesi normativamente previste dagli articoli di legge indicati siccome violati.

La censura appare frutto di equivoco, posto che la Corte marciana ha semplicemente ritenuto manifestamente privo di fondamento il gravame mosso dal Z. e, non già, la sua originaria domanda di protezione internazionale. Dunque alcun rilievo assumono le norme richiamate a sostegno della censura afferenti alle ipotesi di inammissibilità di detta richiesta in sede amministrativa. All’inammissibilità dell’impugnazione segue, ex art. 385 c.p.c., la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di lite di questo giudizio di legittimità in favore dell’Amministrazione resistente liquidate in Euro 2.100,00 oltre spese prenotate a debito.

Concorrono in capo al ricorrente le condizioni processuali per l’ulteriore pagamento del contributo unificato.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna lo Z. alla rifusione delle spese di questo giudizio di legittimità in favore dell’Amministrazione degli Interni liquidate in Euro 2.100,00 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza in camera di consiglio, il 8 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 31 dicembre 2020

 

 

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