Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30024 del 31/12/2020

Cassazione civile sez. II, 31/12/2020, (ud. 03/07/2020, dep. 31/12/2020), n.30024

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19362/2019 proposto da:

G.A., rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO

FRATERNALE, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

avverso il decreto n. 6711/2019 del TRIBUNALE di ANCONA, depositato

il 21/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

03/07/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

è stato impugnato da G.A. il decreto n. 6731/2018 del Tribunale di Ancona con ricorso fondato su due motivi.

La parte intimata, non costituitasi nei termini, ha depositato atto di costituzione “al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1”.

Per una migliore comprensione della fattispecie in giudizio va riepilogato, in breve e tenuto conto del tipo di decisione da adottare, quanto segue.

L’odierna parte ricorrente chiedeva, come da atti, alla Commissione Territoriale di Ancona il riconoscimento della protezione internazionale.

La domanda veniva rigettata in toto.

Impugnata la decisione della Commissione di Ancona con successivo ricorso, quest’ultimo veniva rigettato col provvedimento del Tribunale oggetto del ricorso in esame.

Il ricorso viene deciso ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., con ordinanza in Camera di consiglio non ricorrendo l’ipotesi di particolare rilevanza delle questioni in ordine alle quali la Corte deve pronunciare.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.- Con il primo motivo del ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4.

Parte ricorrente fonda tale deduzione invocando promiscuamente e confusamente i parametri normativi processuali di cui dell’art. 360 c.p.c., nn. 3), 4) e 5).

Nella sostanza viene svolta doglianza in quanto il Tribunale avrebbe omesso ogni specifico riferimento alla vicenda narrata dal ricorrente con ciò sostanziando una pretesa (secondo il ricorrente) “motivazione apparente”.

Il motivo è inammissibile per due differenti ragioni.

Il canone della specificità del ricorso per cassazione prescrive la necessità di evitare la promiscua deduzione di vizi eterogenei e di varia natura (ex plurimis: Cass. civ., Sez. Prima, Sent. 23 settembre 2011, n. 19443 e, da ultimo, Ord. 23 ottobre 2018, n. 26874).

In ogni caso la motivazione del provvedimento gravato non è affatto apparente e risulta pienamente svolto l’esame delle questioni, in fatto, alla cui stregua non è stata riconosciuta la richiesta protezione.

Il motivo è, pertanto, inammissibile.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si prospetta la violazione e falsa applicaiione dell’art. 132 c.p.c., n. 4.

Parte ricorrente fonda tale deduzione invocando promiscuamente e confusamente i parametri normativi processuali di cui dell’art. 360 c.p.c., nn. 3), 4) e 5).

Nella sostanza viene svolta doglianza in quanto il Tribunale avrebbe omesso ogni specifico riferimento alla vicenda narrata dal ricorrente con ciò sostanziando una pretesa (secondo il ricorrente) “motivazione apparente”.

Il motivo non può ritenersi ammissibile, stante la sua formulazione con riferimento promiscuo a vizi di natura eterogena.

Al riguardo non può che richiamarsi quanto già innanzi affermato sub 1.

In ogni caso il motivo non si confronta (ed anzi elude) le risultanze del fatto, invero esaminato, relativo alle condizioni ed alla credibilità del richiedente protezione.

In proposito il provvedimento gravato giunge motivatamente alla conclusione che le dichiarazioni del ricorrente “laddove credibili, restano confinate nei limiti di una vicenda di vita privata” e che “emerge l’insussistenza di una grave violazione dei diritti umani”.

Il motivo è, pertanto, inammissibile.

3.- Il ricorso va dichiarato inammissibile nel suo complesso.

4.- Nulla va statuito quanto alle spese del giudizio poichè l’atto denominato di “mera costituzione” e depositato dalla parte intimata non riveste i requisiti formali del rituale controricorso e, quindi, essendo inidoneo come tale, è inammissibile.

5.- Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis, se dovuto, non risultando il ricorrente ammesso in via definitiva al beneficio del gratuito patrocinio a spese dello Stato.

PQM

La Corte:

dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 3 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 31 dicembre 2020

 

 

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