Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30022 del 31/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 31/12/2020, (ud. 27/10/2020, dep. 31/12/2020), n.30022

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18554-2019 proposto da:

A.N., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

GIUSEPPE LUFRANO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI ANCONA;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, depositato il 07/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MAURO DI

MARZIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

A.N., cittadino pakistano, ricorre per quattro mezzi, nei confronti del Ministero dell’interno, contro il decreto del 7 maggio 2019 con cui il Tribunale di Ancona ha respinto il suo ricorso avverso il diniego, da parte della competente Commissione territoriale, della sua domanda di protezione internazionale o umanitaria.

Non svolge difese l’amministrazione intimata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il ricorso contiene i seguenti motivi:

1. Violazione, falsa applicazione errata interpretazione D.lgs. n. 13 del 2017, artt. 1 e 2, nonchè dell’art. 276 c.p.c. laddove il Giudice avanti al quale si è tenuta la discussione e che si è riservato la decisione risulta un GOT non facente parte della sezione specializzata e non facente parte del collegio giudicante ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 4);

2. Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, Violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, per aver il Tribunale erroneamente valutato la narrazione del ricorrente non credibile, omettendo di valutare i rischi che egli correrebbe in caso di rientro forzoso in Nigeria.

3. Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, Violazione, mancata applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2 e art. 14 lett. c), del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, 10, 13, 27 per aver il Tribunale escluso la sussistenza dei presupposti del riconoscimento della protezione sussidiaria in modo disancorato dal contesto socio-politico attuale del Pakistan;

4. Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per non aver ritenuto sussistenti le condizioni di vulnerabilità del ricorrente, in caso di rientro forzoso in patria.

Ritenuto che:

Il ricorso è inammissibile.

L’inammissibilità discende anzitutto dall’inosservanza del numero 6 dell’art. 366 c.p.c., dal momento che il ricorso si fonda essenzialmente sulle dichiarazioni rese in sede di comparizione dinanzi alla Commissione territoriale, ma il relativo verbale non è “localizzato” (Cass., Sez. Un., 25 marzo 2010, n. 7161; Cass. 20 novembre 2017, n. 27475).

In ogni caso il primo motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c. poichè spiegato in violazione del principio secondo cui, in tema di protezione internazionale, non è affetto da nullità il procedimento nel cui ambito un giudice onorario di tribunale abbia proceduto all’audizione del richiedente la protezione ed abbia rimesso la causa per la decisione al collegio della Sezione specializzata in materia di immigrazione (Cass. 5 febbraio 2019, n. 3356).

Il secondo motivo è inammissibile.

La censura altro non fa se non contrapporre alla valutazione della credibilità del richiedente formulata dal Tribunale, la propria pretesa di veder creduta la narrazione offerta.

Ora, in materia di protezione internazionale, il giudizio sulla credibilità del racconto del richiedente, da effettuarsi in base ai parametri, meramente indicativi, forniti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, è sindacabile in sede di legittimità nei limiti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti – oltre che per motivazione assolutamente mancante, apparente o perplessa spettando dunque al ricorrente allegare in modo non generico il fatto storico non valutato, il dato testuale o extratestuale dal quale esso risulti esistente, il come e il quando tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale e la sua decisività per la definizione della vertenza (Cass. 2 luglio 2020, n. 13578).

Del che non v’è nel ricorso alcuna traccia, giacchè, nel corpo del secondo motivo, richiamati i principi secondo il ricorrente applicabili alla materia, si afferma semplicemente che “l’errore in cui è incorso il giudice di merito è di aver dubitato della veridicità delle circostanze enunciate dal ricorrente, minimizzando quindi, il rischio che il richiedente, in caso di rientro forato, sarebbe esposto. Per altro il Tribunale ha reputato il racconto del ricorrente non circostanziato e privo di informazioni di dettaglio, sena tuttavia porne in evidenza un’eventuale contraddittorietà”.

Il terzo motivo è inammissibile.

In esso si dice che il Tribunale avrebbe respinto la domanda “limitandosi a dichiarare che la zona di provenienza, non è interessata alla violenza indiscriminata”: ma le cose stanno in tutt’altro modo, giacchè il Tribunale non si è affatto limitato a tale affermazione, ma ha richiamato le fonti, debitamente indicate, tali da dimostrare che nella zona di provenienza del richiedente non ricorre una situazione riconducibile al richiamato art. 14, lett. c). Sicchè il motivo manca di specificità, giacchè non correlato all’effettiva motivazione del provvedimento impugnato.

Il quarto motivo è inammissibile.

Si tratta di considerazioni di ordine generale sulla protezione umanitaria ed in particolare sul concetto di vulnerabilità, dalle quali non emerge neppure approssimativamente per quale ragione A.N. sarebbe persona vulnerabile, fatta eccezione per la sola generica frase secondo cui la vulnerabilità sarebbe dipendente dalla “paura di tornare in patria per il timore di subire vessazioni a causa del proprio credo religioso”, frase peraltro del tutto priva di senso, una volta che il Tribunale ha ritenuto il richiedente non credibile in ordine alla sua narrazione concernente conflitti con membri di religioni diverse.

Nulla per le spese. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso. sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Depositato in Cancelleria il 31 dicembre 2020

 

 

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