Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30021 del 21/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 21/11/2018, (ud. 15/02/2018, dep. 21/11/2018), n.30021

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10132-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

A.V.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 150/2011 della COMM. TRIB. REG. della

CAMPANIA, depositata il 10 marzo 2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15 febbraio 2018 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE LOCATELLI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Guardia di Finanza eseguiva una verifica fiscale nei confronti della società F.C.Turris 1944 srl, anche mediante accertamenti bancari su due conti correnti intestati alla società e su tre conti correnti intestati all’amministratore A.V., dai quali emergevano prelevamenti e versamenti non giustificati, considerati ricavi non dichiarati in applicazione della presunzione stabilita dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32. Pertanto l’Agenzia delle Entrate notificava alla società, nella persona del curatore fallimentare, un avviso di accertamento delle maggiori imposte, relative al periodo 1 luglio 1999-30 giugno 2000, nonchè di irrogazione della sanzione; il medesimo avviso di accertamento veniva notificato all’ amministratore A.V. quale autore della violazione. Il curatore fallimentare non impugnava l’avviso di accertamento, mentre A. proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Napoli che lo accoglieva con sentenza n. 692 del 2007.

L’Agenzia delle Entrate proponeva appello alla Commissione tributaria regionale che lo rigettava con sentenza depositata il 10 marzo 2011.

Contro la sentenza di appello l’Agenzia delle Entrate propone due motivi di ricorso per cassazione.

L’intimato non resiste.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Primo motivo: “Violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32,D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3″ nella parte in cui ha ritenuto onere dell’Ufficio compiere gli ulteriori accertamenti necessari per accertare la riconducibilità alla società verificata delle movimentazioni bancarie rilevate dal conto corrente di A.V.”, anche in violazione dell’art. 2697 c.c..

2. Secondo motivo: “Insufficiente e/o omessa motivazione su fatto controverso e decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”, nella parte in cui non ha esaminato la circostanza che il contribuente non aveva fornito prova contraria alle risultanze degli accertamenti bancari.

I motivi, da esaminare congiuntamente, sono fondati. Il giudice di appello, premesso che A.V., nel periodo in cui era amministratore e legale rappresentante della società verificata F.C.Turris 1944 srl, era anche socio della snc Cosmetica Due e socio accomandatario della Sas Beauty Cosmetic di A.V., ha ritenuto che fosse onere dell’Ufficio effettuare ulteriori accertamenti sulla contabilità delle società Cosmetica Due e sas Beauty Cosmetic, al fine di verificare se le movimentazioni bancarie rilevate sui conti correnti di A.V. fossero riferibili alle predette società di persone piuttosto che alla società verificata. Preliminarmente occorre rilevare che lo stesso giudice di appello restringe ai soli dati desunti dai conti correnti personali di A. il dubbio su quale sia la società alla quale vanno riferite le operazioni risultanti da detti conti, mentre, contraddittoriamente, disconosce rilevanza probatoria anche alle operazioni desunte dai conti correnti intestati direttamente alla società verificata Turris 1944 srl. L’affermazione della C.T.R. non è giuridicamente corretta laddove pone a carico dell’Ufficio, in violazione della presunzione legale relativa prevista dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, l’onere di fornire la prova (negativa) che le operazioni rilevate dai conti correnti non fossero riferibile a società diverse da quella verificata. La presunzione legale prevista dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32,comporta propriamente che i prelevamenti e versamenti rilevati sui conti correnti intestati alla società, nonchè formalmente intestati all’amministratore ma riconducibili all’attività della società, devono considerarsi ricavi imputabili alla società stessa, salva la prova contraria, la quale può consistere anche nella dimostrazione che si tratta di operazioni riferibili a società diversa da quella verificata, e risultanti dalle scritture contabili della diversa società, ma che è sempre onere del soggetto verificato di fornire. (Peraltro, secondo il processo verbale di constatazione trascritto nel corpo del ricorso per cassazione, l’Ufficio aveva avvertito A.V. della possibilità di dimostrare la riferibilità dei movimenti bancari ad altre società da lui amministrate, ma senza esito). In senso conforme questa Corte ha stabilito che, in caso di accertamenti bancari compiuti ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, l’utilizzazione dei dati risultanti dalle copie dei conti correnti bancari acquisiti dagli istituti di credito non può ritenersi limitata, in caso di società di capitali, ai conti formalmente intestati alla società, ma può riguardare anche i soci specie se muniti di poteri gestori, atteso che la sussistenza del rapporto societario accompagnato dalla presenza di poteri gestori, fa presumere – ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, che le operazioni possano essere state compiute nell’interesse della società, salvo prova contraria di cui è onerato il contribuente. (Sez. 5, Sentenza n. 8112 del 22 aprile 2016; Sez. 5 n. 15006 del 16 giugno 2017).

In accoglimento del ricorso la sentenza deve essere cassata con rinvio per nuovo giudizio alla Commissione tributaria regionale della Campania in diversa composizione, alla quale è demandata la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche sulle spese, alla Commissione tributaria regionale della Campania in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 15 febbraio 2018.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2018

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