Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30020 del 31/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 31/12/2020, (ud. 27/10/2020, dep. 31/12/2020), n.30020

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17266-2019 proposto da:

D.L., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso

la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

STEFANIA RUSSO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS) COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO) DEILA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI BRESCIA, in

persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE, DELLO STATO,

che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BRESCIA, depositato il

16/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MAURO DI

MARZIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

D.L., cittadino nigeriano, ricorre per due mezzi, nei confronti del Ministero degli interni, contro il Decreto del 16 maggio 2019 con cui il Tribunale di Brescia ha respinto il ricorso avverso il diniego, da parte della competente Commissione territoriale, della sua domanda di protezione internazionale o umanitaria.

Non spiega difese l’amministrazione intimata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il primo motivo denuncia “violaione dell’art. 360, comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 231 del 2007, artt. 3 e 5”, censurando il decreto impugnato per aver omesso di osservare i parametri normativamente fissati ai fini della valutazione della credibilità del richiedente.

Il secondo motivo denuncia “violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 231 del 2007, art. 14, lett. c), e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8. comma 3″, censurando il decreto impugnato perchè il Tribunale non avrebbe proceduto all’acquisizione di informazioni in ordine alla situazione del paese di provenienza.

Ritenuto che:

Il ricorso è inammissibile.

L’inammissibilità discende anzitutto dall’inosservanza del numero 6 dell’art. 366 c.p.c., dal momento che il ricorso si fonda essenzialmente sulle dichiarazioni rese in sede di comparizione dinanzi alla Commissione territoriale, ma il relativo verbale non è localizzato” (Cass., Sez. Un., 25 marzo 2010, n. 7161; Cass. 20 novembre 2017, n. 27475).

In ogni caso il primo motivo è inammissibile.

parte l’errore evidente consistito nell’avere denunciato la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ossia della norma che consente al ricorrente per cassazione di dolersi della violazione di legge da parte del giudice di merito, norma che naturalmente il giudice di merito non può aver violato, sta di fatto che la censura altro non fa se non contrapporre alla valutazione della credibilità del richiedente formulata dal Tribunale (secondo cui, in breve, non era plausibile nè la circostanza concernente l’intento di una setta dedita alla magia nera cui apparteneva il defunto padre di aggregarlo ad essa, visto che aveva all’epoca sei anni, nè le circostanze concernenti la sua dedotta omosessualità, per più aspetti incoerenti e contraddittorie), la propria pretesa di veder creduta la narrazione offerta.

Ora, in materia di protezione internazionale, il giudizio sulla credibilità del racconto del richiedente, da effettuarsi in base ai parametri, meramente indicativi, forniti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, è sindacabile in sede di legittimità nei limiti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti – oltre che per motivazione assolutamente mancante, apparente o perplessa – spettando dunque al ricorrente allegare in modo non generico il fatto storico non valutato, il dato testuale o extratestuale dal quale esso risulti esistente, il come e il quando tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale e la sua decisività per la definizione della vertenza (Cass. 2 luglio 2020, n. 13578).

Nel che non v’è nel ricorso alcuna traccia, giacchè, nel corpo del primo motivo, richiamata una massima di questa Corte, si afferma semplicemente che in Nigeria gravi sarebbero le discriminazioni a danno degli omosessuali e ben noto l’alto tasso di corruzione e di abuso della forza da parte della polizia: la qual cosa non ha nulla a che vedere con la individuale vicenda del D.L..

Anche il secondo motivo è inammissibile.

Al di là del fatto che il ricorso non coglie una delle rationes decidendi posta a sostegno del decreto impugnato, dal momento che il giudice di merito ha anzitutto ritenuto che il richiedente non avesse neppure allegato la sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), occorre constatare che il motivo prescinde dalla motivazione del provvedimento impugnato, il quale, richiamando le fonti pertinenti, menzionate attraverso la trascrizione dei link ipertestuali, ha escluso che nella zona di provenienza del richiedente sussistesse una situazione riconducibile alla previsione normativa menzionata.

Nulla per le spese. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Depositato in Cancelleria il 31 dicembre 2020

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