Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3002 del 07/02/2011

Cassazione civile sez. II, 07/02/2011, (ud. 05/11/2010, dep. 07/02/2011), n.3002

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

V.A., rappresentato e difeso dall’Avvocato Stumpo Corrado

per procura speciale in calce al ricorso, elettivamente domiciliato

in Roma, via Alessandro Farnese n. 12, presso lo studio dell’Avvocato

Giovanni Cimino;

– ricorrente –

contro

C.M. E CA.MA.;

– intimati –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Catanzaro n. 516/08,

depositata in data 15 luglio 2008;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 5

novembre 2010 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che il consigliere delegato ha depositato la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.:

“ V.A. impugna per cassazione la sentenza n. 516/08, depositata il 15 luglio 2008, con la quale la Corte d’appello di Catanzaro ha rigettato l’appello dal medesimo V. proposto avverso la sentenza n. 1300/06 del Tribunale di Cosenza che, accogliendo la domanda proposta da C.M. e C. M., aveva disposto la reintegrazione degli stessi nel possesso del quoziente di terreno sito in (OMISSIS), lungo il quale il V. aveva realizzato una stradella in terra battuta, con conseguente determinazione della linea di delimitazione tra i due fondi di proprieta’, rispettivamente, dei C. e del V., nei termini individuati dal ctu.

La Corte d’appello riteneva che la sentenza di primo grado non meritasse le censure ad essa rivolte dall’appellante V., avendo il Tribunale accertato, con motivazione ampia e sulla base delle risultanze istruttorie – e in particolare della prova testimoniale assunta nel corso del giudizio – nonche’ della consulenza tecnica d’ufficio, che la stradella realizzata dal V. insisteva sul terreno di proprieta’ dei C., sicche’ risultavano integrati gli estremi del lamentato spoglio.

V.A. propone due motivi di ricorso.

Con il primo, articolato in due profili e rubricato omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il ricorrente, dopo aver premesso la necessita’ della esatta individuazione del tratto di strada che egli avrebbe realizzato, si duole, in primo luogo, del fatto che la Corte d’appello abbia ritenuto attendibile il teste N.P., esecutore materiale dei lavori oggetto di contestazione con il ricorso per reintegrazione proposto dai C., essendovi in atti altre risultanze che rendevano evidente come la stradina indicata dai ricorrenti era gia’ esistente, libera e percorribile prima che il N. eseguisse i lavori commissionatigli da esso ricorrente. Ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., comma 2, il ricorrente ritiene, in ragione di quanto sopra, che la delibazione giudiziale in questione, nella parte dinanzi indicata, sia illogica, insufficiente, inattendibile e contraddittoria, per cui dovra’ ritenersi inidonea ed ingiustificata, in quanto nell’ipotesi in cui fossero state ben considerate le eccezioni e le prove fornite dall’allora appellante l’esito del giudizio sarebbe stato di tutt’altro segno. Pertanto sussiste un nesso causale tra le circostanze teste’ cennate, sostanzialmente trascurate, e le argomentazioni (contraddittorie e parziali) indicate dall’Autorita’ giudiziaria in sede di gravame e formula il seguente quesito Dica la Suprema Corte di cassazione se il mancato esame degli elementi probatori ut supra dedotti abbia dato luogo ad omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su di un fatto controverso e decisivo del giudizio?.

Sotto altro profilo, il ricorrente denuncia travisazione fatti e identificazione pista», rilevando come dalla risultanze delle consulenze tecniche d’ufficio e dalla prova testimoniale emergerebbe, al contrario di quanto affermato dalla Corte d’appello, la prova della esistenza di due strade, l’una realizzata nel 1988 e l’altra costituente l’oggetto di causa. L’esposizione del motivo si conclude con l’affermazione secondo cui la statuizione giudiziale, anche nelle parti dinanzi indicate, s’appalesa illogica, insufficiente e contraddittoria, tale da rendere totalmente inidonea ed ingiustificata la decisione adottata. E’ chiaro che la sussistenza delle prove circa l’esistenza di due strade, ampiamente documentata finanche dall’ortofoto realizzata dall’aeronautica militare nel novembre del 1986 (All. 8), dovevano indurre il Collegio ad adottare ben altra decisione e/o a motivare diversamente la stessa, poiche’ la ricostruzione in fatto resa dal V., sin dall’inizio della controversia, risulta pacificamente avvalorata dall’incartamento in questione. Pertanto sussiste un nesso causale tra le circostanze teste’ cennate, sostanzialmente trascurate, e la soluzione giuridica e fattuale data alla controversia», e formula il seguente quesito Dica la Suprema Corte di cassazione se il mancato esame degli elementi probatori ut supra. dedotti, ivi compresa l’adozione di ctu richiesta e non ammessa in appello, abbia dato luogo e integri un’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su di un fatto controverso e decisivo del giudizio?. In entrambi i profili in cui si articola, il motivo appare inammissibile, non avendo il ricorrente osservato quanto stabilito dall’art. 366 bis c.p.c., comma 2, in tema di formulazione del quesito di diritto nel caso in cui venga dedotto un vizio di omessa motivazione.

Trova nella specie applicazione il principio affermato da questa Corte, secondo cui nella norma dell’art. 366 bis cod. proc. civ, nonostante la mancanza di riferimento alla conclusivita’ (presente, invece, per il quesito di diritto), il requisito concernente il motivo di cui al n. 5 del precedente art. 360 – cioe’ “la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione della sentenza impugnata la rende inidonea a giustificare la decisione – deve consistere in una parte del motivo che si presenti a cio’ specificamente e riassuntivamente destinata, di modo che non e’ possibile ritenerlo rispettato allorquando solo la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo riveli, all’esito di un’attivita’ di interpretazione svolta dal lettore e non di una indicazione da parte del ricorrente, deputata all’osservanza del requisito del citato art. 366 bis, che il motivo stesso concerne un determinato fatto controverso, riguardo al quale si assuma omessa, contraddittoria od insufficiente la motivazione e si indichino quali sono le ragioni per cui la motivazione e’ conseguentemente inidonea sorreggere la decisione. (Cass., n. 16002 del 2007; Cass., S.U., n. 20603 del 2007; Cass., n. 8897 del 2008).

Sotto altro profilo, si deve rilevare che le censure proposte dal ricorrente si risolvono in una critica della valutazione delle risultanze istruttorie espressa dalla Corte territoriale, senza indicare lacune o vizi logici del ragionamento seguito dalla medesima Corte nella ricostruzione del fatto e nell’apprezzamento di dette risultanze.

Con il secondo motivo, rubricato violazione o falsa applicazione delle norme di diritto ed omessa pronuncia circa un fatto decisivo per il giudizio, il ricorrente si duole del fatto che la Corte d’appello abbia ritenuto provato il possesso, da parte dei C., del tratto di strada in relazione al quale e’ stata disposta la reintegrazione, sul presupposto di un intervenuto spoglio violento.

Tale prova difettava sin dall’inizio, tant’e’ che il giudice della fase interdittale aveva negato la richiesta misura sul rilevo della mancanza di prova del possesso, e tale lacuna non era stata colmata nella fase a cognizione piena. Il ricorrente formula quindi il seguente quesito di diritto: Dica la Suprema Corte di cassazione, considerando la fattispecie de qua, se e’ possibile ottenere in giudizio la tutela possessoria ex artt. 1168 – 951 c.c. omettendo di fornire la prova del possesso nel periodo antecedente l’asserito spoglio?.

Il motivo e’ manifestamente infondato, dal momento che la Corte d’appello, nell’incipit della disamina dei motivi di gravame, ha affermato che “i ricorrenti C.M. e Ma. hanno (…) fornito la prova, mediante le dichiarazioni rese dagli informatori e dai testimoni, dei presupposti che l’art. 1168 c.c. richiede per l’esercizio dell’azione di reintegrazione: l’esistenza di un possesso tutelabile, un fatto configurabile come spoglio violento o clandestino, consistente nella privazione totale o parziale del possesso, nonche’ la circostanza che lo stesso non fosse stato effettuato piu’ di un anno prima della proposizione del ricorso”. Non risponde, dunque, al vero che la Corte d’appello non avrebbe preso in considerazione l’esistenza del possesso da parte dei soggetti che hanno agito in reintegrazione. Per il resto, il motivo, che si conclude con la formulazione di un quesito di diritto generico, si risolve nella richiesta di una nuova valutazione delle risultanze istruttorie che la Corte territoriale ha invece ritenuto idonee a suffragare l’esistenza del requisito di cui il ricorrente lamenta la mancanza. Sussistono le condizioni per la trattazione del ricorso in camera di consiglio;

che il Collegio condivide la proposta di decisione ora richiamata, non ritenendo le argomentazioni svolte dal ricorrente nella memoria ex art. 378 cod. proc. civ. idonee ad indurre a diverse conclusioni;

che, in particolare, deve evidenziarsi come la complessita’ delle argomentazioni ex art. 360, cod. proc. civ., n. 5 necessitasse di una pluralita’ di momenti di sintesi che cristallizzassero i singoli fatti controversi e le carenze motivazionali per ciascuno di essi denunciate, il che nella specie non e’ riscontrabile se non all’esito di una complessiva lettura del primo motivo di ricorso e di una non consentita attribuzione alla Corte di legittimita’ della complessiva riconsiderazione della sentenza impugnata alla luce di tutte le risultanze istruttorie acquisite nel corso del giudizio;

che, dunque, le argomentazioni svolte dal ricorrente prospettano questioni di fatto, nel tentativo di ottenere una nuova valutazione, difforme dal quella del giudice del merito; il che non e’ consentito in sede di legittimita’;

che, infine, il travisamento dei fatti, pur ove sussistente, integrerebbe un vizio revocatorio, non denunciabile con il ricorso per cassazione;

che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato;

che non vi e’ luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimita’, non avendo gli intimati svolto attivita’ difensiva.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso.

Cosi’ deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte suprema di Cassazione, il 5 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2011

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