Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30013 del 19/11/2019

Cassazione civile sez. I, 19/11/2019, (ud. 14/06/2019, dep. 19/11/2019), n.30013

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20676/2018 proposto da:

A.J., elettivamente domiciliato in Roma Via P.falconieri 55

presso lo studio dell’avvocato Cucina Augusta Massima che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS), Procura Generale;

– intimato –

avverso la sentenza n. 979/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 10/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/06/2019 da Dott. SCORDAMAGLIA IRENE;

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di appello di Bologna, con sentenza pubblicata il 10 aprile 2018, ha rigettato l’appello proposto avverso l’ordinanza del Tribunale di Bologna del 5 novembre 2016, che aveva respinto il ricorso presentato da A.J., dichiaratosi cittadino nigeriano proveniente dal (OMISSIS), contro il provvedimento della Commissione territoriale di diniego della richiesta di protezione internazionale, sub specie di riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria e, in subordine, della protezione umanitaria.

A fondamento della decisione la Corte territoriale ha addotto che il timore, allegato dall’appellante, di essere vittima in Nigeria di persecuzioni religiose a cagione della sua fede cattolica, osteggiata dai genitori adoratori dell’idolo Eden, cui avevano cercato di sacrificarlo, così da indurlo a trovare riparo prima nel nord della Nigeria (città di (OMISSIS)), ove a stento era scampato ad un attacco dei (OMISSIS), e poi in Libia, era affidato a dichiarazioni del tutto inattendibili – giudicate come tali sia da parte della Commissione territoriale che dal Tribunale delle quali, coni motivi di gravame, non erano stati chiariti i profili di marcata implausibilità e contraddittorietà, ricadenti su aspetti fondamentali della vicenda narrata. Ha, in aggiunta, osservato, con riferimento al diniego della protezione sussidiaria, nella forma di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) – la sola dedotta non genericamente – come non sussistesse il pericolo di alcun danno grave cui in ipotesi il richiedente sarebbe rimasto esposto ritornando nel (OMISSIS), posto che colà, come dimostrato dalle aggiornate fonti qualificate compulsate e puntualmente richiamate, non vi era alcuna situazione di violenza indiscriminata derivante da un conflitto interno armato, atteso che gli evocati (OMISSIS) rivolgevano i loro attacchi contro gli impianti di estrazione petrolifera e non contro la popolazione civile. Ha, infine, escluso che l’appellante potesse vantare un diritto a ricevere la protezione umanitaria, nulla avendo egli allegato in ordine a sue specifiche condizioni di vulnerabilità ed in ordine ad un suo effettivo radicamento sul territorio nazionale.

2. Il ricorso per cassazione è articolato su tre motivi, che denunciano:

I. Il vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1, lett. e) e art. 14 lett. b); il vizio di omessa motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, e il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per essere la Corte territoriale pervenuta ad erronee valutazioni quanto alla credibilità delle dichiarazioni dei richiedente la protezione internazionale non avendo collocato le stesse nel contesto della cultura tribale africana;

II. il vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 8,10,13 e 27, per avere la Corte territoriale omesso di esercitare i propri poteri – doveri di collaborazione officiosa allo scopo di colmare le lacune probatorie registrate nel racconto del richiedente e di accertare la situazione esistente tanto nel Nord che nel Sud della Nigeria compulsando fonti di informazione qualificate;

III. il vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b), in ragione della omessa considerazione dell’esistenza in Nigeria di società segrete tali da mettere a repentaglio la vita e la sicurezza dei cittadini.

3. L’intimato Ministero dell’Interno non sì è costituito in giudizio.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso è inammissibile.

1. Le censure di cui al primo e al terzo motivo devono essere esaminate congiuntamente, invocando, entrambe, il vaglio di legittimità su questioni attenti alla protezione sussidiaria richiesta ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b). Le stesse, tuttavia, sono inammissibili.

E’ pur vero che, in tema di protezione internazionale sussidiaria, vige la regula iuris secondo cui l’Autorità decidente ha l’obbligo di esperire un approfondimento istruttorio officioso, allorchè il richiedente, pur in maniera deficitaria, descriva una situazione di rischio per la sua vita o per la sua incolumità fisica, derivante da sistemi di regole non scritte sub statuali – come in ipotesi di cultura tribale -, imposte con la violenza e la sopraffazione verso un genere, un gruppo sociale o religioso o semplicemente verso un soggetto o un gruppo familiare nemico, in presenza di tolleranza, tacita approvazione o incapacità a contenere o fronteggiare il fenomeno da parte delle autorità statuà (Sez. 6 – 1, Sentenza n. 7333 del 10/04/2015, Rv. 634949 – 01), tuttavia nel caso censito l’indicazione direttiva evocata è priva di rilievo, risultando decisivi i passaggi motivazionali sviluppati nella sentenza impugnata nei quali la Corte territoriale ha congruamente argomentato in ordine all’inverosimiglianza e alla contraddittorietà delle dichiarazioni del richiedente rispetto agli stessi fatti da lui allegati. La valutazione negativa svolta dal giudice del merito in ordine alla credibilità del richiedente, che, in quanto apprezzamento di fatto, si sarebbe dovuta specificamente censurare ai sensi dell’art. 360 c.p.p., comma 1, n. 5 (Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019, Rv. 652549), esclude, infatti, la necessità dell’approfondimento istruttorio richiesto.

2. Anche il secondo motivo è inammissibile.

Al cospetto, infatti, di una motivazione che ha dato conto, in maniera compiuta ed argomentata, dell’assenza nel (OMISSIS) – vale a dire nel Sud della Nigeria – di una situazione di violenza generalizzata e di conflitto armato tale da esporre a pericolo la popolazione civile, la sollecitata necessità di consultazione a fonti ulteriori, quanto alla situazione del detto Stato, rispetto a quelle considerate dal collegio di merito, mediante il riferimento al dovere di integrazione istruttoria officiosa di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, si appalesa come un tentativo di rimettere in discussione un accertamento in fatto congruamente compiuto dai giudici di merito.

Con riguardo alla situazione esistente nella regione di (OMISSIS) della Nigeria -, i dedotti rilievi non sono pertinenti, perchè articolati in assenza di confronto critico con la ratio decidendi che sorregge il diniego della protezione sussidiaria richiesta ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2008, art. 14 lett. c), vale a dire con la registrata inverosimiglianza del racconto del richiedente in relazione al suo trasferimento in quella città.

3. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Nulla è dovuto a titolo di spese non essendosi l’intimato costituito in giudizio. Ricorrono i presupposti per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, non essendo stato il ricorrente ammesso al patrocinio a spese dello Stato.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

Così deciso in Roma, il 14 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 novembre 2019

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