Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30007 del 19/11/2019

Cassazione civile sez. un., 19/11/2019, (ud. 22/10/2019, dep. 19/11/2019), n.30007

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente –

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente di sez. –

Dott. MANNA Antonio – Presidente di sez. –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8338-2018 proposto da:

PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO MINISTERO PRESSSO LA

CORTE DEI CONTI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BAIAMONTI

25;

– ricorrente –

contro

AGEA – AGENZIA PER LE EROGAZIONI IN AGRICOLTURA, in persona del

legale rappresentante pro tempore, per legge domiciliata in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;

– controricorrente –

e contro

F.C.M., F.R.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 146/2017 della CORTE DEI CONTI – SEZIONE

GIURISDIZIONALE D’APPELLO PER LA REGIONE SICILIANA PALERMO,

depositata il 28/11/2017;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/10/2019 dal Consigliere Dott. FRANCO DE STEFANO;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott.

SALZANO FRANCESCO, che ha concluso per il rigetto del ricorso e la

declaratoria della giurisdizione del giudice ordinario;

udito l’Avvocato Luigi Simeoli per l’Avvocatura Generale dello Stato.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso notificato a partire dal 09/03/2018 il Procuratore Generale della Repubblica presso la Sezione giurisdizionale d’appello per la Regione siciliana della Corte dei conti chiede la cassazione della sentenza di tale Sezione del 28/11/2017, n. 146/A/2017, con cui è stato rigettato l’appello del suo ufficio avverso la declinatoria di giurisdizione, in favore del giudice ordinario, pronunciata dai giudici di primo grado (n. 23 del 18/01/2017) sull’opposizione di F.C.M. e F.R. avverso le ingiunzioni di pagamento nei loro confronti dall’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura – AGEA emesse ai sensi del R.D. n. 639 del 1910, art. 3 per la restituzione di somme indebitamente percette a titolo di contributi comunitari relativi alle campagne seminative dal 2002 al 2005 (per rispettivi Euro 96.840,72 ed Euro 82.868,93). Degli intimati resiste con controricorso la sola Agenzia per le erogazioni in agricoltura, insistendo per il rigetto del ricorso ed il riconoscimento della correttezza della declaratoria della giurisdizione del giudice ordinario.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La gravata sentenza ha confermato la declinatoria di giurisdizione del giudice contabile sia in base ad un argomento testuale, rinvenuto nel testuale tenore del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 32 e art. 34, comma 40, (nella parte in cui hanno devoluto al giudice ordinario le opposizioni alle ingiunzioni di cui al R.D. n. 639 del 1910, art. 3), sia alla stregua della ricostruzione della dispiegata azione come pretesa di ripetizione di indebito, indipendente dall’azione di responsabilità contabile, quest’ultima soltanto sicuramente devoluta alla giustizia contabile ed alternativa rispetto a quella.

2. La stessa qui impugnata pronuncia ha, in particolare, ammesso la coesistenza dell’una e dell’altra azione, sia pure e beninteso fino alla concorrenza dell’integrale ristoro del pregiudizio subito (o del soddisfacimento del credito vantato), poichè del resto la normativa Eurounitaria impone l’integrale recupero dei contributi indebitamente erogati, non garantita nell’azione di danno, basata sui diversi presupposti in tema di nesso causale ed elemento soggettivo (e del resto già esperita e definita con sentenza n. 31/A/2015 dello stesso giudice contabile di appello, di solo parziale accoglimento attesa la prescrizione del credito pure di alcune delle annualità di contributi rese oggetto delle ingiunzioni oggi opposte).

3. Il ricorrente Procuratore Generale contabile contesta con ampiezza di argomentazioni la prima ragione del decidere, anche alla stregua di un’interpretazione sistematica, in base alla quale la codificazione del 2011 non ha inteso modificare l’ordinario riparto di giurisdizione in dipendenza della natura della pretesa azionata, per poi insistere sulla ricorrenza di una fattispecie di responsabilità contabile e quindi di giurisdizione esclusiva della Corte dei conti.

4. Dal canto suo, la costituita AGEA contesta soprattutto proprio quest’ultimo assunto ed argomenta sulla ontologica differenza di presupposti, natura e funzione delle azioni di responsabilità contabile e di ripetizione di indebito, una volta ricordatane la reciproca autonomia e la conseguente piena legittimità di un loro concorso, anche a fini di migliore tutela delle ragioni erariali.

5. Il ricorso non può trovare accoglimento, anche se la prima delle argomentazioni spese nella qui gravata sentenza deve essere effettivamente corretta.

6. E’ infatti da ribadire (Cass. Sez. U. 05/01/2016, n. 29) che – in applicazione degli ordinari criteri ermeneutici della normativa oggetto di delegazione legislativa (costantemente applicati dalla Corte costituzionale per l’applicazione dei parametri di cui all’art. 76 Cost. e art. 77 Cost., comma 1: cfr., ex aliis, le sentenze nn. 425 del 2000 e 341 del 2007) – la sostituzione del R.D. n. 639 del 1910, art. 3 ad opera del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 32 e art. 34, comma 40, non è idonea, di per sè sola, ad attribuire alla giurisdizione del giudice ordinario tutte le controversie introdotte con l’opposizione ad ingiunzione fiscale, rimanendo questa devoluta al giudice munito di giurisdizione in relazione alla natura del credito oggetto dell’ingiunzione.

7. Pertanto, deve concludersi che la relativa disciplina non ha mai inteso derogare alle norme regolatrici della giurisdizione nel vigente ordinamento giuridico e, di conseguenza, non può essere invocata per ricondurre nella sfera di competenza giurisdizionale del giudice ordinario controversie che, con riguardo alla natura dei rapporti dedotti ed alla disciplina ad essi relativa, debbano ritenersi attribuite alla giurisdizione di altro giudice, amministrativo, contabile o speciale (Cass. Sez. U. n. 1238 del 2002, ed ivi il richiamo dei precedenti).

8. Ne consegue che, anche successivamente alla sostituzione del R.D. n. 639 del 1910, art. 3 ad opera del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 32 e art. 34, comma 40, l’opposizione ad ingiunzione fiscale resta devoluta al giudice munito di giurisdizione in relazione alla natura del credito che costituisce l’oggetto dell’ingiunzione e del rapporto dedotto, anche ove si tratti di giudice amministrativo o contabile o comunque speciale e quindi diverso da quello ordinario, benchè questi sia l’unico ad essere espressamente previsto dal tenore testuale della norma.

9. In via dirimente, tuttavia, non è però sostenibile che l’azione di ripetizione di indebito per il recupero di somme non dovute sia devoluta alla giurisdizione – per di più esclusiva – del giudice contabile, per l’ontologica differenza fra la prima e l’azione di responsabilità contabile.

10. La giurisprudenza di questa Corte regolatrice è ferma nel rimarcare la reciproca autonomia e quindi la concorrenza già soltanto delle azioni di responsabilità ordinaria e contabile, anche quando trovino causa nei medesimi fatti materiali; infatti (da ultimo, Cass. sez. U. ord. 19/02/2019, n. 4883), “l’azione di responsabilità per danno erariale e quella di responsabilità civile promossa dalle singole amministrazioni interessate davanti al giudice ordinario restano reciprocamente indipendenti, anche quando investano i medesimi fatti materiali, essendo la prima volta alla tutela dell’interesse pubblico generale, al buon andamento della P.A. e al corretto impiego delle risorse, con funzione prevalentemente sanzionatoria, e la seconda, invece, al pieno ristoro del danno, con funzione riparatoria ed integralmente compensativa, a protezione dell’interesse particolare della amministrazione attrice; ne deriva che le eventuali interferenze tra i due giudizi integrano una questione non di giurisdizione ma di proponibilità dell’azione di responsabilità innanzi al giudice contabile, sempre che non sia contestata dinanzi a quest’ultimo la configurabilità stessa, in astratto, di un danno erariale, in relazione ai presupposti normativamente previsti per il sorgere della responsabilità amministrativa contestata dal P.G. contabile, nel qual caso si configura una questione di giurisdizione risolvibile dalle Sezioni Unite, essendo posta in discussione la potestas iudicandi del giudice contabile, la cui definizione è rimessa alla discrezionalità del legislatore ordinario, non essendo la Corte dei conti “il giudice naturale della tutela degli interessi pubblici e della tutela da danni pubblici”” (in precedenza, nello stesso senso, tra le altre: Cass. Sez. U. ord. 10/09/2013, n. 26935; Cass. Sez. U. ord. 02/12/2013, n. 26935; in motivazione, Cass. Sez. U. 17/04/2014, n. 8927; Cass. Sez. U. 18/12/2014, n. 26659, richiamata – più di recente – da Cass. ord. 23/08/2018, n. 21021).

11. Ma se tale autonomia e reciproca indipendenza ed indifferenza sussiste tra le azioni pur sempre tutte di responsabilità, benchè di norma ancorate a presupposti fattuali coincidenti o comuni, essa a maggior ragione deve sussistere tra le azioni di responsabilità e quelle di ripetizione di indebito: infatti, la ripetizione di indebito, quand’anche abbia ad oggetto somme di pertinenza di enti pubblici, non può integrare nè un’azione di responsabilità, nè in senso proprio o civilistico, nè tanto meno contabile od erariale, nè un’azione di contabilità pubblica.

12. L’azione di ripetizione di indebito è infatti rimedio generale alle attribuzioni patrimoniali prive di causa giustificatrice, costituendo tale carenza in sè e per sè considerata (originaria o sopravvenuta, come questa Corte precisa da tempo immemorabile: per tutte, v. Cass. 04/01/1980, n. 12; Cass. 13/11/1973, n. 3003; Cass. 07/06/1966, n. 1476) il fatto costitutivo della pretesa restitutoria a prescindere dagli elementi costitutivi delle fattispecie risarcitorie, cioè il nesso di causalità tra condotta del danneggiante e danno e l’ingiustizia di questo.

13. Anzi – una volta assolto il relativo onere probatorio dalla parte di volta in volta onerata (di norma, l’attore in ripetizione: Cass. 22/06/2983, n. 4276; Cass. 13/02/1998, n. 1557; Cass. 13/11/2003, n. 17146; Cass. Sez. U. 04/08/2010, n. 18046, ove altri riferimenti; ma, proprio in caso di opposizione ad ingiunzione per recupero di somme già liquidate con precedente provvedimento amministrativo, l’attore in opposizione: Cass. 11/02/2016, n. 2739; Cass. ord. 26/06/2019, n. 17071) – un tale fatto costitutivo si rivela di per sè necessario e sufficiente all’accoglimento della domanda, non rilevando l’elemento soggettivo dell’accipiens quanto alla spettanza della sorta capitale (in generale, ai fini della decorrenza degli accessori ordinari: Cass. 23/01/1995, n. 722; oppure ai soli fini dell’eventuale sanzione, come sancito proprio in tema di contributi erogati dall’AGEA, precursore dell’AIMA: Cass. 23/07/2014, n. 16724).

14. In definitiva, non rilevano minimamente la ragione o il motivo dell’inesistenza della causa di attribuzione ed il termine prescrizionale (da ultimo: Cass. ord. 11/07/2018, n. 18266; Cass. 04/04/2014, n. 7897; Cass. Sez. U. 02/12/2010, n. 24418) è e resta quello ordinario decennale.

15. Altro è invece il risarcimento del danno, ricostruito comunque nell’obbligazione che insorge in capo all’autore di una condotta – contraria ad un’obbligazione contrattuale o a norma generale o specifica di comportamento – che abbia procurato ad altri un danno ingiusto e che mira alla restaurazione integrale del patrimonio del danneggiato: si tratta dell’istituto cardine del sistema della responsabilità civile, della quale, accanto all’originaria tradizionale funzione compensativo-riparatoria (che immancabilmente, ma solo indirettamente, lambisce la deterrenza), si è visto progressivamente e recentemente emergere una natura polifunzionale, proiettata verso più aree, tra cui non mancano quella preventiva (o deterrente o dissuasiva) e perfino quella anche lato sensu sanzionatoria (sul punto v. Cass. Sez. U. 05/07/2017, n. 16601, pp. 5.1 ss. delle ragioni della decisione; sulla funzione del risarcimento – ai fini della ricostruzione dell’istituto della compensatio lucri cum damno – v. Cass. Sez. U. 22/05/2018, nn. 12564 e ss.).

16. Qualunque sia l’estensione della responsabilità contabile o per danno erariale, è pur sempre vero che per integrarne le fattispecie sono indispensabili quei fatti costitutivi, soprattutto quanto all’elemento soggettivo, propri della responsabilità civile generale, ma che, al contempo, essa non si limita al mero recupero di esborsi non dovuti, sicchè, nel coacervo indistinto di conseguenze sfavorevoli per il patrimonio del danneggiato ente pubblico, al giudice contabile è data la possibilità, invero derogatoria rispetto ai principi generali, di limitare l’entità del risarcimento preteso in ragione di interessi altrettanto generali (R.D. n. 2440 del 1923, ex art. 83,R.D. n. 1214 del 1934, art. 52 e D.P.R. n. 3 del 1957, art. 19; v. ora pure art. 130 cod. giust. cont.; rapportato, in genere, a specifici elementi oggettivi, connessi al fatto dannoso, ovvero soggettivi, legati alla persona del responsabile); inoltre, il termine prescrizionale è dimezzato rispetto a quello ordinario e l’obbligazione di pagamento consacrata nella condanna non si trasmette automaticamente agli eredi, occorrendo invece il concorso di determinati ulteriori presupposti (Cass. Sez. U. 19/07/2018, n. 19280; Cass. 29/12/2018, n. 30856).

17. Con la ripetizione di indebito, invece, si tratta soltanto di verificare se una determinata uscita ascritta al patrimonio pubblico e da questo sopportata sia o meno sorretta da causa giustificatrice e, in caso negativo, di ripristinare il patrimonio medesimo nelle condizioni in cui si sarebbe trovato ove quell’esborso, appunto non dovuto, fosse stato correttamente evitato.

18. Non c’è spazio per alcuna valutazione di altri elementi, nè di una condotta specificamente indebita dell’accipiens, nè di un suo peculiare elemento soggettivo, nè di un nesso tra quelli ed il danno, nè – a ben vedere – un danno inteso in senso diverso dalla mera diminuzione del patrimonio del solvens.

19. Ma i principi generali dell’azione contabile sono incompatibili con il pubblico interesse alla obbligatorietà ed all’integralità del recupero: e tanto a cominciare dall’esclusività del potere di iniziativa in capo al Procuratore generale, per proseguire con quelli di contemperamento con altri interessi generali, tali da consentire perfino una riduzione dell’entità della condanna o una sua intrasmissibilità automatica agli eredi e quindi la non pienezza della reintegrazione del patrimonio pubblico.

20. A questo riguardo, giova ricordare come la giurisprudenza amministrativa (da ultimo: Cons. Stato, sez. IV, 05/04/2018, n. 2115, ove altri riferimenti) abbia, in tema di ripetizione di somme indebitamente corrisposte dalla pubblica amministrazione, considerato (Cons. Stato, sez. III, 04/09/2013, n. 4429; sez. III, 12/12/2013 n. 4519; sez. III, 28/10/2013, n. 5173; sez. III, 09/06/2014, n. 2902; sez. V, 04/11/2014, n. 5435; sez. IV, 12/02/2015, n. 750; sez. IV, 20/10/2017, n. 4851; sez. IV, 03/01/2018, n. 27; sez. III, 25/01/2018, n. 527) quale atto dovuto l’esercizio del diritto-dovere dell’Amministrazione di ripetere le somme indebitamente corrisposte dal momento che:

a) l’azione di ripetizione di indebito ha come suo fondamento l’inesistenza dell’obbligazione adempiuta da una parte, o perchè il vincolo obbligatorio non è mai sorto o perchè è venuto meno successivamente, ad esempio a seguito di annullamento (Cons. Stato, sez. IV, 03/11/2015, n. 5010);

b) il recupero delle somme erogate e non dovute costituisce il risultato di attività amministrativa di verifica e di controllo, priva di valenza provvedimentale;

c) in tali ipotesi l’interesse pubblico è in re ipsa e non richiede specifica motivazione in quanto, a prescindere dal tempo trascorso, l’oggetto del recupero produce di per sè un danno alla Amministrazione, consistente nell’esborso di denaro pubblico senza titolo ed un vantaggio ingiustificato per il dipendente (sulla autoevidenza delle ragioni che impongono l’esercizio dell’autotutela, a protezione di interessi sensibili dell’Amministrazione, v. pure Cons. Stato, ad. plen., 17/10/2017, n. 8);

d) si tratta di un atto dovuto che non lascia all’Amministrazione alcuna discrezionale facoltà di agire e, anzi, configura il mancato recupero delle somme illegittimamente erogate come danno erariale;

e) il solo temperamento ammesso è costituito dalla regola per cui le modalità di recupero non devono essere eccessivamente onerose, in relazione alle condizioni di vita del debitore;

f) l’affidamento dell’accipiens e la stessa buona fede non sono di ostacolo all’esercizio del potere-dovere di recupero, nel senso che l’Amministrazione non è tenuta a fornire un’ulteriore motivazione sull’elemento soggettivo riconducibile all’interessato (Cons. Stato, sez. III, 12/09/2013, n. 4519; sez. V, 30/09/2013, n. 4849);

g) rimane recessivo il richiamo ai principi in materia di autotutela amministrativa sotto il profilo della considerazione del tempo trascorso e dell’affidamento maturato in capo agli interessati (Cons. Stato, sez. III, 10/12/2012, n. 11548; sez. III, 31/05/2013, n. 2986; 04/09/2013, n. 4429).

21. Nè una tale conclusione muta a voler considerare la devoluzione al giudice contabile della materia della contabilità pubblica, attesine i noti limiti oggettivi e soggettivi – qualificazione pubblica del denaro o del bene oggetto di gestione e natura pubblica o equiparabile del soggetto: fin da Cass. Sez. U. 05/02/1969, n. 563 – e riferendosi, per comune definizione, la seconda alle attività di acquisizione, conservazione e impiego delle risorse da parte delle amministrazioni pubbliche, alle procedure di formazione dei documenti di bilancio ed ai relativi criteri di contabilizzazione e controllo delle operazioni.

22. In questo contesto, la pura e semplice ripetizione di indebito, anche se proposta nelle forme previste dal R.D. n. 639 del 1910, è dunque irriducibile ad un’azione di responsabilità od in tema di contabilità pubblica: e la relativa domanda non può dirsi devoluta alla giurisdizione, tanto meno esclusiva, della Corte dei conti, ma resta, anche in relazione alla natura del credito azionato ed alla causa petendi in concreto posta a base della pretesa, al giudice ordinario.

23. Ne consegue l’infondatezza della tesi del ricorrente Procuratore Generale sulla devoluzione al giudice contabile delle azioni di mera ripetizione di erogazioni pubbliche non dovute: ed il ricorso non può che essere rigettato, con declaratoria del giudice ordinario come quello munito della giurisdizione.

24. Vanno peraltro escluse, nonostante la soccombenza, pronunce sulle spese, attesa la natura di parte in senso soltanto formale del Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte dei conti, come pure sul contributo unificato, essendone istituzionalmente esente dal versamento il ricorrente (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e dichiara la giurisdizione del giudice ordinario.

Così deciso in Roma, il 22 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 novembre 2019

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