Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30006 del 13/12/2017


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 30006 Anno 2017
Presidente: DORONZO ADRIANA
Relatore: DI PAOLA LUIGI

ORDINANZA
sul ricorso n. 2467-2015 proposto da:
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ’ E RICERCA – C.F.
80185250588,

in pc.ronA

del Ministro pro tempore, doraieiliato

in

ROMA,

VIA DEI PORTOGI-11-N 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE
DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope /egis;

– ricorrente contro
CARLUCCIO LUIGIA, elettivamente domiciliata in ROMA, piazza Cavour,
presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa
dall’avvocato ALESSIO ARIOTTO;

– controricorrente avverso la sentenza n. 611/2014 della CORTE D’APPELLO di TORINO,
depositata il 15/07/2014;

F

Data pubblicazione: 13/12/2017

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata
dell’08/11/2017 dal Consigliere Dott. LUIGI DI PAOLA.
Rilevato che:
la sentenza impugnata ha confermato la decisione del primo giudice che aveva
riconosciuto a Luigia Carluccio – assunta con una successione di contratti a

dipendenti a tempo indeterminato secondo la contrattazione collettiva
nazionale in base all’anzianità di servizio complessivamente maturata, con
conseguente condanna dell’amministrazione alla corresponsione delle relative
differenze retributive;
per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso il Ministero
dell’Istruzione, dell’università e della ricerca, affidato ad un unico motivo;
la lavoratrice ha resistito con controricorso;
è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.,
ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in
camera di consiglio.
Considerato che:
il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata;
il Ministero – denunciando violazione e falsa applicazione della direttiva
99/70/CE e dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato ivi allegato,
degli artt. 485, 489 e 526 del d.lgs. n. 297 del 1994, degli artt. 6 e 10 del d.lgs. 6
settembre 2001, n. 368, dell’art. 9, comma 18, del d.l. 13 maggio 2011, n. 70,
come convertito dall’art. 1, comma 2, della 1. 12 luglio 2011, n. 106, dell’art. 4
della 1. 3 maggio 1999, n. 124, dell’art. 36 e 45 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165,
degli artt. 77, 79 e 106 del c.c.n.l. comparto scuola del 29 novembre 2007,
dell’art. 36 Cost., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – ha censurato
la statuizione di accertamento della lamentata discriminazione nel trattamento
retributivo, inferiore rispetto a quello riservato ai lavoratori titolari di un

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termine – il diritto alla medesima progressione stipendiale spettante ai

rapporto di lavoro a tempo indeterminato, conseguente al meccanismo di
calcolo della retribuzione tabellare, che prevede aumenti corrispondenti al
crescere dell’anzianità di servizio, assumendo che i rapporti di lavoro a tempo
detetniinato del settore scolastico sono assoggettati ad una normativa speciale,
sicché agli stessi non si applica la disciplina generale dettata dal d.lgs. n.

trattamento differente con riguardo alla progressione economica legata
all’anzianità di servizio.
Ritenuto che:
la censura non è fondata, in quanto la sentenza impugnata è conforme al
principio di diritto affermato da questa Corte con le sentenze nn. 22558 e
23868/2016, con le quali si è statuito che “nel settore scolastico, la clausola 4
dell’Accordo quadro sul rapporto a tempo determinato recepito dalla direttiva
n. 1999/70/CE, di diretta applicazione, impone di riconoscere la anzianità di
servizio maturata al personale del comparto scuola assunto con contratti a
termine, ai fini della attribuzione della medesima progressione stipendiale
prevista per i dipendenti a tempo indeterminato dai c.c.n.l. succedutisi nel
tempo, sicché vanno disapplicate le disposizioni dei richiamati c.c.n.l. che,
prescindendo dalla anzianità maturata, commisurano in ogni caso la
retribuzione degli assunti a tempo determinato al trattamento economico
iniziale previsto per i dipendenti a tempo indeterminato”;
la novità e la complessità della questione, diversamente risolta dalle Corti
territoriali, giustificano la compensazione delle spese del giudizio di legittimità;
non trova applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato l’art.
13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto
dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, atteso che le stesse,
mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal

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368/2001, mentre sussisterebbero ragioni obiettive determinanti un

pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (cfr. Cass.
14/03/2014, n. 5955; Cass. 29/01/2016, n. 1778)

PQM
rigetta il ricorso; compensa le spese.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della

dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per
il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio dell’8 novembre 2017.

non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente,

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