Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30004 del 19/11/2019

Cassazione civile sez. trib., 19/11/2019, (ud. 12/09/2019, dep. 19/11/2019), n.30004

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

su ricorso 16031-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

R.A., elettivamente domiciliata in ROMA C.SO VITTORIO

EMANUELE II 287, presso lo studio dell’avvocato IORIO ANTONIO, che

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7582/2017 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 18/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

l2/09/2019 dal Consigliere Dott. NAPOLITANO ANGELO.

Fatto

R.A. ha impugnato davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) con il quale l’Ufficio Provinciale di Roma – Territorio ha, riclassato l’immobile di sua proprietà sito in (OMISSIS), identificato al (OMISSIS), attribuendo ad esso la classe 2 e la categoria A/2 in luogo della precedente classe 4 e della categoria A/4, e la rendita di Euro 1.947,04 in luogo della precedente di Euro 1.560,99.

La contribuente ha dedotto la nullità dell’accertamento per difetto di motivazione, in quanto nell’atto non sarebbero stati indicati gli interventi di riqualificazione urbana ed edilizia che avrebbero determinato l’asserita “consistente rivalutazione del patrimonio immobiliare” ed il dedotto incremento dei valori immobiliari.

Il giudice tributario di prime cure ha rigettato il ricorso della contribuente ritenendo l’atto impugnato sufficientemente motivato.

In particolare, la CTP ha affermato che “il vecchio classamento era risalente negli anni e che dalla sua determinazione indubbiamente il contesto urbano era ad oggi significativamente ed ulteriormente migliorato, quindi tali notori mutamenti hanno indubbiamente reso i precedenti classamenti non più rispondenti all’attuale valutazione e redditività degli immobili portando ad una discrasia di valori tale da giustificare l’operato dell’Ufficio …”.

Su appello della contribuente, la CTR ha riformato la sentenza di prime cure, ritenendo insufficiente la motivazione dell’avviso di accertamento impugnato, in quanto questo “doveva chiaramente specificare a cosa era dovuto il mutamento …”. non potendo considerarsi esaustiva una motivazione “fondata esclusivamente sul significativo scostamento tra vecchie rendite catastali e valore di mercato della microzona”, o basata sul riferimento “a non meglio precisati interventi diffusi di riqualificazione edilizia ed importanti insediamenti di poli di attrazione sociale e culturale”.

Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate – Territorio ha proposto ricorso per cassazione, fondato su due motivi.

La contribuente ha resistito depositando un controricorso.

Nella camera di consiglio del 12/9/2019 la causa è stata trattenuta in decisione.

Diritto

Con il primo motivo, rubricato “Violazione e falsa applicazione della L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 335, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, l’amministrazione ha censurato la sentenza impugnata lamentandosi dell’erronea interpretazione da parte della Commissione Tributaria Regionale della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, essendo stati rispettati a suo dire i presupposti di fatto e di diritto che legittimavano l’Ufficio all’emissione del provvedimento di riclassamento impugnato.

La procedura di riclassamento in esame, infatti, è stata attivata su esplicita richiesta del Comune, il quale, dopo aver rilevato che il rapporto tra il valore medio di mercato e il valore medio catastale nella singola microzona di riferimento si discostava per oltre il 35% dall’analogo rapporto esistente nell’insieme delle microzone comunali, ha richiesto all’Agenzia del Territorio di procedere alla revisione dei classamenti sugli immobili ubicati nella microzona anomala, in ossequio al principio di eguaglianza e di capacità contributiva.

A tal proposito, ricorda l’Avvocatura erariale che la L. n. 311 del 2004 ha sostanzialmente previsto una revisione generalizzata (art. 1, comma 335) e una revisione puntuale (art. 1, comma 336) delle rendite. La prima norma avrebbe un carattere “speciale”, essendo stata introdotta, in attesa di una puntuale riforma del sistema catastale, per attenuare nel modo più celere possibile le sperequazioni fiscali, ed evitare situazioni di palese ingiustizia all’interno del comune.

Questo tipo di revisione generalizzata della rendita catastale degli immobili situati all’interno di una specifica microzona, dunque, ben potrebbe essere attuata con provvedimenti che non indichino le caratteristiche dell’immobile “rivalutato”, l’analisi delle quali, invece, sarebbe necessaria nel caso in cui si procedesse a revisione ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 336.

A sostegno del motivo di ricorso, l’Avvocatura erariale ha citato l’arresto di questa Corte n. 21176/2016, e ha riportato passi della sentenza della Corte Costituzionale n. 249/2017 che ha rigettato la questione di legittimità costituzionale della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335.

Con il secondo motivo, rubricato “Violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, l’Avvocatura erariale ha dedotto che l’avviso di accertamento impugnato dalla contribuente in prime cure soddisfa lo standard motivazionale richiesto dalla legge.

Il ricorso è inammissibile, sotto un triplice aspetto.

In primo luogo, il ricorso manca del tutto di autosufficienza, atteso che non riproduce il contenuto dell’atto di riclassamento quale documento rilevante ai fini della decisione, nè indica alla Corte dove reperirlo nell’ambito degli atti processuali (ex multis, Cass., sez. 5, n. 29093/2018, Rv. 651277-0 I).

In secondo luogo, esso si appunta quasi del tutto sul contenuto dell’atto di riclassamento, diffondendosi nel tentativo di dimostrarne l’adeguatezza dell’apparato motivazionale. Così facendo, l’Avvocatura, in realtà, chiede l’intervento della Suprema Corte quale terzo giudice di merito, e mira sostanzialmente ad una “revisione” del giudizio espresso nella sentenza della CTR.

Il ricorso, dunque, tende a devolvere a questa Corte il giudizio di merito circa l’adeguatezza dell’apparato motivazionale dell’atto di riclassamento, incorrendo nel vizio di inammissibilità.

In terzo luogo, il ricorso non si confronta affatto con la sentenza della CTR, in quanto nessuna critica specifica, tra quelle consentite dall’art. 360 c.p.c., comma 1, viene mossa contro l’atto giurisdizionale formalmente impugnato, sicchè la deduzione della violazione di legge rappresenta, di fatto, solo un espediente per accedere al giudizio di legittimità e chiedere a questa Corte una nuova e diversa valutazione circa la completezza della motivazione dell’atto di riclassamento impugnato dalla contribuente in prime cure.

In definitiva, il ricorso è inammissibile.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza, e sono liquidate nel dispositivo.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna l’Amministrazione ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, che si liquidano in Euro duemilacinquanta per onorari, oltre al rimborso delle spese generali e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 12 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 novembre 2019

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