Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30001 del 31/12/2020

Cassazione civile sez. I, 31/12/2020, (ud. 30/11/2020, dep. 31/12/2020), n.30001

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3947/2019 proposto da:

D.E., quale madre del minore D.M.A., domiciliata

in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di

Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato Esposito Franco,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

I.T., in qualità di curatore speciale nonchè tutore

provvisorio del minore D.M.A., elettivamente domiciliata

in Roma, Via Ezio n. 12, presso lo studio dell’avvocato Russo

Gerarda, rappresentata e difesa dall’avvocato Loredana De Simone,

giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

De.Ma.Al.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 41/2018 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, del

17/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

30/11/2020 dal Cons. Dott. Laura Scalia.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di appello di Salerno, sezione per i minorenni, con la sentenza in epigrafe indicata ha rigettato l’appello proposto da D.E. avverso la sentenza del Tribunale per i minorenni di Salerno depositata in data 23 aprile 2013 che aveva dichiarato lo stato di adottabilità del minore D.M.A., nato a (OMISSIS).

I giudici di appello hanno dato conferma al giudizio sullo stato di abbandono del minore formulato dal giudice di primo grado, rimarcando l’esistenza di una “consolidata divaricazione tra il comportamento tenuto dai genitori” biologici, nel tempo, e “le esigenze di cura e di protezione del minore” di cui hanno evidenziato nell’intervenuto radicamento “di non essere allontanato dal nuovo nucleo affettivo-familiare” e, ancora, la non volontà manifestata di “ritornare dai genitori naturali” (p. 5 sentenza).

2. Ricorre per la cassazione dell’indicata sentenza D.E. con tre motivi cui resiste con controricorso la curatrice speciale del minore. Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente fa valere la violazione della L. n. 184 del 1983, artt. 1, 8, 11 e 15 e degli artt. 2 e 30 Cost..

La Corte di appello aveva dichiarato lo stato di adottabilità del minore in mancanza dei presupposti di legge richiesti per ravvisare uno stato di abbandono morale e materiale, segnatamente in contrasto con l’interesse prevalente del minore di vivere, per quanto possibile, con i propri genitori e di essere allevato nella propria famiglia di origine, dovendo poi il giudice del merito tentare un sostegno per rimuovere situazioni di difficoltà familiare, e determinarsi alla dichiarazione dello stato di adottabilità nella impossibilità di prevedere un recupero delle capacità genitoriali entro tempi compatibili con le necessità del minore di vivere in uno stabile contesto familiare.

La Corte di appello di Salerno non aveva fatto corretta applicazione dei principi indicati ed era giunta a formulare il proprio convincimento ignorando le richieste del Procuratore generale presso la medesima Corte di appello di ulteriori approfondimenti per ripristinare il recupero della funzione genitoriale.

La ricorrente non aveva alcuna intenzione di abbandonare il figlio e la sua condizione avrebbe meritato un più marcato intervento dei Servizi sociali per rimuovere gli ostacoli a che il minore potesse rimanere nella famiglia di origine.

Il motivo è inammissibile.

Il vizio della sentenza previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dev’essere dedotto, a pena d’inammissibilità del motivo giusta la disposizione dell’art. 366 c.p.c., n. 4, non solo con l’indicazione delle norme che si assumono violate ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendo alla corte regolatrice di adempiere al suo compito istituzionale di verificare il fondamento della lamentata violazione (Cass. 05/08/2020. n. 16700; Cass. 29/11/2016 n. 24298).

2. Con il secondo motivo la ricorrente fa valere la violazione dell’art. 116 c.p.c. e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio individuato nell’esame della consulenza tecnica di ufficio di primo grado.

La Corte di merito non aveva rilevato che, all’attualità, la ricorrente era in stato di libertà, non più dedita all’abuso di sostanze alcoliche e che aveva interrotto ogni relazione sentimentale con il D.M. e che, ancora, si stava reinserendo in un contesto sociale e lavorativo avviando un’attività di ristorazione nella provincia di (OMISSIS).

La Corte di appello aveva fondato la sua decisione sulle relazioni dei consulenti del curatore del minore senza valutare le richieste del P.G. che, pure nella ritenuta non verosimiglianza che un bambino di pochi anni avesse piena consapevolezza di recidere ogni legame con la madre, aveva sollecitato una consulenza tecnica volta a valutare l’attuale capacità genitoriale della madre.

Il motivo è inammissibile perchè attraverso la denuncia di una omessa valutazione di un fatto decisivo, per il giudizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, quanto la ricorrente fa valere è invece una contestazione sugli esiti istruttori governati dal giudice del merito proponendo dei primi una, inammissibile, in sede di legittimità, alternativa lettura diretta a denegare del materiale in atti la decisività ritenuta dai giudici di merito proponendo del primo, diversamente ricomposto, un contrapposto esito.

Nel dedurre tanto, la ricorrente neppure si confronta con la capacità dei differenti elementi dedotti di incrinare per la loro decisività il ragionamento seguito dalla Corte di merito circa la non capacità della prima ad assolvere al proprio ruolo genitoriale in tempi compatibili con quelli del minore a ricevere cura ed affetto all’interno di uno stabile nucleo familiare.

Il ricorso è conclusivamente inammissibile e la ricorrente va condannata secondo soccombenza a rifondere al curatore speciale del minore le spese di lite come da dispositivo liquidate.

Trattandosi di procedimento esente dal contributo unificato, non trova applicazione il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

Si dispone che ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere al curatore speciale del minore, le spese di lite che liquida in Euro 2.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali al 15% forfettario sul compenso ed accessori di legge.

Trattandosi di procedimento esente dal contributo unificato, non trova applicazione il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

Dispone che ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 30 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 31 dicembre 2020

 

 

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