Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30000 del 20/11/2018

Cassazione civile sez. VI, 20/11/2018, (ud. 09/10/2018, dep. 20/11/2018), n.30000

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18731-2017 proposto da:

BANCA ESPERIA SPA, in persona del legale rappresentante,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA OSLAVIA 39-F, presso lo

studio dell’avvocato SILVIO CIARLONI, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato FRANCESCO BOCHICCHIO;

– ricorrente –

contro

G.M., M.M.T., elettivamente domiciliati in

ROMA, V.LE DEI PARIOLI 76, presso lo studio dell’avvocato SEVERINO

D’AMORE, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato CARLO

VAUDETTI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1096/2017 della CORTE D’APPELLO di TORINO, del

12/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/10/2018 dal Consigliere Relatore Dott. MASSIMO

FALABELLA;

dato atto che il Collegio ha autorizzato la redazione del

provvedimento in forma semplificata.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Con atto di citazione notificato il 28 novembre 2013 G.M. e M.M.T. evocavano in giudizio Banca Esperia s.p.a. innanzi al Tribunale di Torino chiedendo di accertare l’inesistenza dell’affermato diritto della banca di esigere da loro la restituzione dell’importo di Euro 39.193,13, o quello minore di Euro 33.685,27, nonchè i relativi accessori, in via subordinata chiedevano dichiarare tenuta la banca a rifondere l’importo di Euro 18.798,94, nonchè di rideterminare i rapporti di dare e avere tra le parti, tenendo conto di versamenti effettuati per Euro 5.507,86. Sostenevano di essere clienti del predetto istituto di credito e di aver acquistato, per tutelare il capitale investito in azioni, opzioni put allo scopo di ottenere un compenso per il caso di ribassi dei titoli; nel settembre 2011 la banca aveva accreditato sul conto corrente di essi istanti la somma di Euro 43.499,80 “a titolo di guadagno sulle opzioni acquistate” nel precedente mese di maggio; a distanza di due anni la banca aveva poi affermato di aver erroneamente accreditato ai correntisti un importo superiore a quello agli stessi dovuto con riferimento alle predette opzioni.

Nella resistenza della convenuta, che proponeva domande di ripetizione dell’indebito e di ingiustificato arricchimento, il Tribunale di Torino accoglieva la domanda di accertamento negativo proposta dagli attori e respingeva le riconvenzionali.

2. – Interposto gravame, la Corte di appello di Torino, con la sentenza del 17 maggio 2017, disattendeva l’impugnazione spiegata dalla banca, rilevando come l’accredito operato da quest’ultima non potesse essere posto in discussione, giusta l’art. 1832 c.c..

3. – Contro la predetta sentenza ricorre per cassazione Banca Esperia, che fa valere un unico motivo. Resistono con controricorso G. e M.. Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1832,1827,1857,2033,2041,1430 e 1431 c.c., del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 1, comma 2, lettere da a) a j), art. 1, comma 3, e dell’art. 23, comma 5. La censura investe l’affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, per cui la mancata contestazione degli estratti conto, da parte della banca, avrebbe precluso la proposizione della eccezione della stessa vertente sull’erroneità dell’accreditamento oggetto di causa. Secondo la ricorrente, infatti, l’approvazione tacita del correntista ex art. 1832 c.c.non poteva determinare l’irretrattabilità della questione concernente l’assenza (parziale) della causa giuridica dell’accreditamento posto in atto da essa banca in favore della controparte. Nè d’altro canto, ad avviso dell’istante, avrebbe potuto sostenersi che la propria deduzione concernente l’erroneità di una parte dell’accreditamento fosse preclusa per il sol fatto che nella circostanza si faceva questione della quantificazione dell’importo da accreditarsi, e non dell’assoluta impossibilità di darvi corso.

2. – Il motivo è fondato.

E’ consolidato il principio per cui ai sensi dell’art. 1832 c.c., la mancata contestazione dell’estratto conto e la connessa implicita approvazione delle operazioni in esso annotate riguardano gli accrediti e gli addebiti considerati nella loro realtà effettuale, nonchè la verità contabile, storica e di fatto delle operazioni annotate (con conseguente decadenza delle parti dalla facoltà di proporre eccezioni relative ad esse), ma non impediscono la formulazione di censure concernenti la validità ed efficacia dei rapporti obbligatori sottostanti (per tutte: Cass. 17 novembre 2016, n. 23421; Cass. 26 maggio 2011, n. 11626; Cass. 14 febbraio 2011, n. 3574, secondo cui l’approvazione tacita dell’estratto conto ha la funzione di certificare la verità storica dei dati riportati nel conto, ivi compresa l’esistenza degli ordini e delle disposizioni del correntista, menzionati nel conto stesso come causali di determinate annotazioni di debito). Tutto ciò significa che l’approvazione tacita del conto non impedisce di sollevare contestazioni che siano fondate su ragioni sostanziali attinenti alla legittimità, in relazione al titolo giuridico, dell’inclusione o dell’eliminazione di partite del conto corrente (Cass. 18 maggio 2006, n. 11749).

Come precisato da questa Corte, deve infatti ritenersi che l’approvazione dell’estratto conto – per quel che riguarda i cosiddetti aspetti sostanziali, restando invece disciplinati dall’art. 1832, comma 2 quelli formali – abbia la funzione di rendere incontestabile in giudizio la verità storica dei dati riportati nel conto, ivi compresa l’esistenza degli ordini e delle disposizioni del correntista nel conto stesso menzionate come causale di determinate annotazioni di addebito, lasciando aperta la possibilità di porre in questione la portata ed il significato giuridico di quei fatti (Cass. 15 giugno 1995, n. 6736, in motivazione).

Nella fattispecie dedotta in giudizio si dibatte della quantificazione dell’importo che doveva accreditarsi agli odierni controricorrenti quale guadagno maturato in forza di operazioni in derivati (opzioni put) precedentemente poste in essere: si legge nella sentenza impugnata che la banca aveva infatti sostenuto di aver omesso di defalcare “il valore di chiusura dell’indice sottostante alle opzioni e cioè di aver accreditato il puro prezzo di esercizio delle opzioni anzichè il differenziale fra tale prezzo e il valore di chiusura dell’indice sottostante”.

Come è evidente, allora, l’approvazione ex art. 1832 c.c., da parte della banca, non ha avuto l’effetto di rendere incontestabile la spettanza della somma oggetto di annotazione in conto, giacchè la controversia non ha investito la verità storica dell’operazione di accreditamento (che è, in sè, del tutto pacifica), quanto il dato della mancata spettanza di una parte della somma attribuita ai controricorrenti (e ciò per effetto dell’asserito errore in cui l’odierna istante sarebbe incorsa allorquando procedette alla contabilizzazione delle somme dovute agli investitori). In altri termini, ciò di cui si controverte è la conformità o meno dell’attuata liquidazione degli strumenti finanziari allo statuto che ne disciplinava il rendimento: sicchè, in definitiva, la contestazione concerne l’insussistenza del titolo giuridico posto a fondamento dell’accreditamento operato in favore dei correntisti (o meglio: l’assenza del titolo che potesse giustificare una parte di tale accreditamento).

3. – La sentenza va dunque cassata con rinvio della causa alla Corte di appello di Torino, cui è pure demandato di statuire sulle spese del giudizio di legittimità.

Il giudice del rinvio dovrà conformarsi al seguente principio di diritto: “Nel contratto di conto corrente, l’approvazione anche tacita dell’estratto conto, ai sensi dell’art. 1832 c.c., comma 1, non impedisce di sollevare contestaioni ed eccezioni che siano fondate su ragioni sostanziali attinenti alla legittimità, in relazione al titolo giuridico, dell’inclusione o dell’eliminazione di partite del conto”.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa al Corte di appello di Torino, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 1 Sezione Civile, il 9 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2018

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