Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29995 del 31/12/2020

Cassazione civile sez. I, 31/12/2020, (ud. 30/11/2020, dep. 31/12/2020), n.29995

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33729/2018 proposto da:

L.A., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Tricomi Massimo, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

A.S.M., elettivamente domiciliata in Roma, Vialle

Mazzini n. 134, presso lo studio dell’avvocato Fiorillo Luigi,

rappresentata e difesa dagli avvocati Allegra Gaetana, Granozzi

Gaetano, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 858/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 13/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

30/11/2020 dal Cons. Dott. TRICOMI LAURA.

 

Fatto

RITENUTO

che:

Con decreto emesso il 5/6/2010 il Tribunale di Catania aveva ingiunto ad L.A. di pagare in favore di A.S. l’importo di Euro 41.014,86, oltre spese, a titolo di arretrati per mensilità non pagate da (OMISSIS), per spese scolastiche, sportive e sanitarie relative alla figlia C. e di rivalutazione ISTAT, importo dovuto e quantificato sulla scorta della scrittura privata stipulata da L. ed A. in data 6 settembre 2002. Con detta scrittura le due parti, ponendo fine alla convivenza more uxorio da cui era nata la figlia C. (n. (OMISSIS)), avevano regolato i loro rapporti patrimoniali e quelli relativi alla figlia per l’avvenire, in particolare – per quanto interessa il presente giudizio – convenendo l’obbligo per il L. di versare, quale contributo al mantenimento della figlia, la somma di Euro 520,00, mensili, oltre rivalutazione ISTAT, e di sostenere interamente le spese scolastiche, sportive e mediche relative alla minore.

Il Tribunale di Catania, in accoglimento dell’opposizione proposta da L., aveva dichiarato la nullità della scrittura privata, revocato il decreto ingiuntivo e condannato l’opponente a pagare ad A. la minor somma di Euro 2.799,00, oltre interessi, a titolo di rimborso delle spese straordinarie relative a visite oculistiche, fornitura di occhiali e spese odontoiatriche per la figlia.

L’impugnazione proposta da A. è stata accolta dalla Corte di appello di Catania che, riformando la prima decisione, ha ritenuto valido ed efficace l’accordo del 2002 ed ha condannato L. a pagare la somma di Euro 41.014,86, oltre interessi e le spese di giudizio di primo e secondo grado.

L.A. ha proposto ricorso per cassazione con tre mezzi; A.S. ha replicato con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.1. Con il primo motivo L. lamenta che la Corte di appello abbia erroneamente ritenuto applicabile alla fattispecie in esame il previgente art. 317 bis c.c., fornendo un interpretazione dello stesso erronea perchè – a suo dire – tale disposizione non riguarda la regolamentazione del diritto al mantenimento del figlio naturale; sostiene che la scrittura privata inter partes del 6 settembre 2002 era nulla per avere regolato materia sottratta alla disponibilità delle parti in violazione degli artt. 155 e 158 c.c., nella versione novellata dalla riforma introdotta dalla L. n. 54 del 2006.

1.2. Il primo motivo, che concerne la denunciata nullità della scrittura privata del settembre 2002, è infondato.

1.3. Nel regime giuridico vigente ratione temporis, la filiazione naturale comportava – per quanto interessa – l’obbligo dei genitori naturali di mantenere, istruire ed educare la prole sin dalla nascita ex art. 147 c.c., al pari dei genitori coniugati, come si evince dall’art. 261 c.c., che poneva a carico del genitore che aveva effettuato il riconoscimento tutti i doveri e tutti i diritti che aveva nei confronti dei figli legittimi.

A conferma, va rammentato che costituisce principio indiscusso che il genitore che non abbia riconosciuto il figlio alla nascita resta obbligato al suo mantenimento anche per il periodo anteriore alla pronuncia della dichiarazione giudiziale di paternità o maternità naturale, anche se fino a quel momento l’altro ha provveduto per intero, essendo sorto sin dalla nascita il diritto del figlio ad essere mantenuto, istruito ed educato nei confronti di entrambi i genitori (tra molte, Cass. n. 26205 del 22 novembre 2013).

Fermo l’obbligo di mantenimento del figlio naturale, va detto che contrariamente a quanto assume il ricorrente, non si ravvisa da parte della Corte territoriale alcuna violazione dell’art. 317 bis c.c., atteso che questo, nella formulazione vigente ratione temporis, disciplinava l’esercizio della potestà genitoriale in caso di filiazione naturale, a seconda che i genitori fossero o meno conviventi e prevedeva il possibile intervento del giudice per l’adozione di provvedimenti limitativi o ablativi della potestà genitoriale.

In proposito, se può convenirsi con il ricorrente che questa disposizione non prendeva esplicitamente in esame gli accordi relativi al mantenimento, va tuttavia affermato che il mantenimento dei minori costituiva una delle attività in cui si esplicava la potestà genitoriale, alla stregua del richiamato quadro normativo, e che da detta norma non poteva trarsi alcun elemento in merito alla illegittimità dei relativi accordi, come erroneamente auspicato dal ricorrente stesso.

E’ pertanto corretto il richiamo compiuto dalla Corte territoriale ai principi già elaborati da questa Corte a Sezioni Unite, per rimarcare che, mentre nel caso di separazione fra coniugi o di scioglimento del matrimonio vi era un preventivo intervento del giudice in ordine all’affidamento dei figli (art. 155 c.c. e L. n. 898 del 1970, art. 6) e dall’affidamento discendeva, di regola, l’esercizio esclusivo della potestà (v., rispettivamente, il terzo e il comma 4 delle norme citate), nel caso invece di cessazione della convivenza dei genitori naturali (così come nel caso in cui non avessero mai convissuto) l’art. 317 bis c.c., poneva alcuni criteri attributivi dell’esercizio della potestà e prevedeva come meramente eventuale e successivo l’intervento del giudice, costruendolo come preordinato a correggere il cattivo funzionamento dei criteri predetti ed eventualmente a stabilire regole alternative, secondo un ampio spettro di ipotesi che arriva fino alla possibilità di escludere entrambi i genitori dall’esercizio della potestà (Cass. Sez. U. n. 5847 del 25/05/1993): in tal modo l’intervento del giudice era previsto solo in un secondo momento, in caso di contrasti tra i genitori o di pregiudizio per il minore, nell’esercizio della potestà genitoriale.

Ne consegue che, contrariamente a quanto ritiene il ricorrente, la mancanza di una previsione espressa, per quanto attiene agli accordi sul mantenimento dei figli naturali, non è indicativa della loro illiceità, ma al contrario della loro liceità, come ritenuto dalla Corte territoriale perchè rispondenti all’interesse della prole e presi in attuazione e regolamentazione di obbligo stabilito ex lege, ferma la possibilità dell’intervento successivo del giudice, ove necessario.

Nessuna pertinenza al tema in esame hanno le disposizioni previste per la separazione personale dei coniugi, invocate dal ricorrente, peraltro successive al momento della conclusione dell’accordo.

In sintesi, alcun elemento fa propendere per la nullità dell’accordo, concluso nell’interesse della minore, che non doveva necessariamente essere sottoposto al preventivo vaglio del giudice in quanto non concluso da genitori coniugati e non inserito nell’ambito di un procedimento di separazione.

2.1. Con il secondo motivo, proposto in via subordinata, il ricorrente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, per avere la Corte territoriale omesso di pronunciarsi sulla prevalenza del decreto del Tribunale per i Minorenni del 12/12/2007 – che aveva statuito un mantenimento diretto da parte di ciascun genitore nei periodi di rispettiva permanenza della figlia – rispetto alla scrittura privata del 6/9/2002 e sul superamento della anzidetta scrittura, quanto meno dalla data del provvedimento del Tribunale per i Minorenni.

Il ricorrente sostiene in particolare che la Corte di appello abbia omesso di motivare sulla questione se il TM, non investito di apposita domanda sulla determinazione dell’assegno di mantenimento, potesse statuire in proposito, ed esprime la convinzione che tale statuizione poteva essere assunta e che, quanto meno dalla decorrenza di detto provvedimento, l’accordo intervenuto tra le parti doveva ritenersi superato; denuncia, quindi, la contraddittorietà della motivazione laddove la Corte di appello ha affermato che la A. non aveva rinunciato a quanto previsto dalla scrittura privata cit., pur non avendola prodotta dinanzi al TM ed avendo poi proposto ricorso ex art. 148 c.c., ricorso – a suo dire – inspiegabile se l’accordo era ancora valido.

Sostiene il ricorrente che la Corte di appello, giudicando valida la scrittura privata cit. ha erroneamente ed implicitamente ritenuto, senza motivare sul punto, che la stessa superasse anche il decreto del TM nella parte in cui stabiliva il mantenimento diretto, quanto meno dal 12/12/2007, senza che avesse alcun rilievo la circostanza che L., anche durante la vigenza del decreto del TM, avesse continuato a corrispondere per la figlia il contributo concordato con la scrittura privata.

2.2. Il secondo motivo – proposto in subordine – concerne la eventuale inefficacia temporale della predetta scrittura, alla luce di alcuna specifiche circostanze: la mancata sottoposizione dell’accordo da parte dei genitori al momento in cui il TM era stato investito in ordine a questioni concernenti esclusivamente il diritto di visita della minore; la decisione assunta d’ufficio dal TM di porre l’adempimento dell’obbligo di mantenimento in via diretta a carico di ciascun genitore nei periodi di rispettiva convivenza; la prosecuzione nell’adempimento del pagamento concordato da parte del ricorrente, anche in epoca successiva al provvedimento del TM fino al giugno 2008; la decisione della A. di richiedere in data 1/10/2009 un provvedimento ex art. 148 c.c., che veniva accolto in data 20/2/2010, dopo che il ricorrente si era reso inadempiente all’accordo concordato, con un provvedimento giudiziale che fissava l’assegno di mantenimento in Euro 600,00.

2.3. Il motivo è inammissibile perchè non ricorre alcun omesso esame dei fatti, oggetto di puntale disamina da parte della Corte di appello.

Va altresì aggiunto che convincentemente la Corte territoriale ha escluso che ricorresse nel caso una rinuncia all’assegno da parte della A..

Invero la mancata sottoposizione dell’accordo da parte di entrambe le parti al TM e la prosecuzione dell’adempimento da parte del ricorrente, anche dopo l’adozione del provvedimento del TM e fino al giugno 2008, nel consenso della creditrice A., sono incompatibili con una rinuncia all’accordo ad opera di alcuno dei genitori, che concordemente vi hanno dato attuazione fino, appunto, al 2008, potendosi peraltro valutare il comportamento concludente tenuto da entrambi – in assenza di obblighi di forma – anche a fini novativi; d’altronde la decisione del TM appare semplicemente riproduttiva dei principi generali e esplicativa dell’obbligo genitoriale al mantenimento, ma è priva di un contenuto originale specifico per il caso esaminato.

Orbene, a fronte dell’inadempimento occorso dal giugno 2008, la A. ben poteva rivolgersi – come fatto – al Tribunale per ottenere un provvedimento giudiziale ex art. 148 c.c., a valere dal momento della domanda e per il futuro, senza che ciò risulti incompatibile come sembra ritenere il ricorrente – con l’attivazione del procedimento monitorio volto al recupero delle mensilità non corrisposte per il passato, salvo il divieto doppio incasso – che nel caso di specie non è stato contestato. Ciò perchè il primo procedimento (ex 148 c.c.) è volto a disciplinare ex novo i futuri rapporti economici tra i genitori in relazione al mantenimento della figlia, ed è questo sicuramente sintomatico della volontà di non avvalersi più per il futuro dell’accordo che si intende far sostituire dal provvedimento giudiziale, mentre l’altro (monitorio) è volto al solo recupero di quanto non ricevuto fino alla adozione del provvedimento ex art. 148 c.c..

3.1. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, consistente nell’omessa motivazione sul carattere straordinario o meno delle spese richieste in sede monitoria.

3.2. Il motivo è infondato.

Il riconoscimento delle spese cd. straordinarie è avvenuta sulla considerazione di quanto concordato tra le parti, che avevano preventivamente individuato alcune voci di spesa poste esclusivamente a carico del padre, di guisa che l’accertamento – in presenza della voce di spesa preventivamente concordata, circostanza non contestata alla stregua di quanto riportato in ricorso – andava limitato alla prova dell’effettivo sostenimento della stessa, come avvenuto nel caso di specie. Ne consegue che non vi è stato l’omesso esame di alcun fatto decisivo.

4. In conclusione il ricorso va rigettato, infondati il primo ed il terzo motivo, inammissibile il secondo.

Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.

Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52.

Dagli atti il processo risulta esente, sicchè non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

PQM

– Rigetta il ricorso;

– Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio che liquida in Euro 2.500,00, oltre Euro 200,00, per esborsi, spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15% ed accessori di legge;

– Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52.

Così deciso in Roma, il 30 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 31 dicembre 2020

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