Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29988 del 25/10/2021

Cassazione civile sez. I, 25/10/2021, (ud. 06/10/2021, dep. 25/10/2021), n.29988

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36416/2019 proposto da:

S.L., rappresentato e difeso dall’avvocato Michele

Mariella, per procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Prefettura Utg della Provincia Pesaro – Urbino;

– intimata –

avverso l’ordinanza n. 69/2019 del GIUDICE DI PACE di PESARO,

depositata il 22/11/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/10/2021 dal cons. Dott. CLOTILDE PARISE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ordinanza depositata il 22-11-2019 il Giudice di Pace di Pesaro ha respinto il ricorso di S.L., cittadino (OMISSIS), avente ad oggetto l’impugnazione del provvedimento di espulsione del Prefetto di Pesaro-Urbino del 5-8-2019 e del provvedimento di allontanamento del Questore di Pesaro-Urbino di pari data. Il Giudice di Pace ha ritenuto accertata la pericolosità sociale del cittadino straniero, il quale era abitualmente dedito a traffici delittuosi, anche durante i periodi di espiazione della pena, ed aveva mostrato la mancanza totale di volontà di rispetto delle regole dello Stato e di integrazione sociale, sicché il pericolo per l’ordine pubblico e l’allarme sociale creato dalle sue condotte era da considerarsi prevalente rispetto al diritto dell’espellendo di rimanere in Italia perché coniugato con cittadina italiana.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti della Prefettura, che non si è costituita.

3. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis 1 c.p.c.. Il ricorrente ha depositato a mezzo PCT memoria illustrativa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la “nullità dell’ordinanza in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione alla contestata illegittimità del decreto di espulsione per violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 13, comma 3”. Deduce che il decreto di espulsione era privo di motivazione, in quanto conteneva il semplice richiamo, per giunta indifferenziato, di disposizioni normative, non avendo la P.A. tenuto conto della lunga permanenza in Italia del ricorrente e del suo diritto all’unità familiare, per essere egli coniugato con cittadina italiana dal (OMISSIS). Anche l’ordinanza impugnata, ad avviso del ricorrente, è priva di motivazione, stante la mancanza di riferimento alle motivazioni addotte con il “reclamo” al decreto di espulsione e all’ordine del questore.

2. Con il secondo motivo denuncia la “illegittimità dell’ordinanza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 per violazione e falsa applicazione della L. n. 1423 del 1956, art. 1 come sostituito dalla L. n. 327 del 1988, art. 2 ovvero dalla L. n. 575 del 1965, art. 1 come sostituito dalla L. n. 646 del 1982, art. 13 norme tutte confluite nell’ambito del cd. codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, approvato con D.Lgs. n. 159 del 2011, secondo quanto previsto dall’art. 116 di tale ultima disposizione normativa”. Ad avviso del ricorrente, il Giudice di Pace non ha espresso alcun giudizio sulla sussistenza ed attualità dei presupposti necessari per la declaratoria di pericolosità sociale, ma ha posto a base della propria decisione il giudizio espresso dal Prefetto, che era stato censurato con l’opposizione, e i soli precedenti penali, senza effettuare alcun vaglio interpretativo degli elementi addotti con il ricorso in opposizione e senza verificare l’appartenenza del ricorrente a una delle categorie di cui alla L. n. 1423 del 1956, art. 1 poi confluito nel codice delle misure di prevenzione approvato con D.Lgs. n. 159 del 2011. Rimarca, altresì, che nei tre provvedimenti di condanna penale richiamati in ricorso non era stata disposta la pena accessoria dell’espulsione, che gli erano state concesse riduzioni di pena ed aveva svolto in carcere attività di istruzione e formazione professionale, lavorando anche come addetto alla lavanderia, nonché era coniugato con una cittadina italiana ed aveva un figlio.

3. Il primo motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza.

Il ricorrente lamenta il difetto di motivazione dell’ordinanza impugnata, per non avere il Giudice di Pace argomentato in ordine al difetto di motivazione del decreto di espulsione, che assume dedotto nel giudizio di primo grado quale motivo di illegittimità del medesimo decreto.

Poiché nell’ordinanza impugnata non vi è menzione alcuna della doglianza di cui trattasi, era onere del ricorrente, pena la violazione del principio di autosufficienza, riportare nel ricorso per cassazione, compiutamente e nella sua integralità, il motivo di opposizione, sì da consentire alla Corte di verificare che le questioni sottoposte non siano “nuove”, ossia non dedotte soltanto, inammissibilmente, in sede di legittimità, e di valutarne, conseguentemente, la fondatezza (tra le tante Cass. 17049/2015). Nella specie detto onere non è stato adempiuto, non essendo riportato in ricorso l’esatto contenuto delle censure rivolte al decreto di espulsione.

4. Il secondo motivo è inammissibile per difetto di specificità.

Ad avviso del ricorrente, il Giudice di Pace non ha verificato l’appartenenza dell’espellendo a una delle categorie di cui alla L. n. 1423 del 1956, art. 1 poi confluito nel codice delle misure di prevenzione approvato con D.Lgs. n. 159 del 2011. Tuttavia il ricorrente non deduce specificamente di aver posto al primo Giudice tale questione, ma si limita a far presente, del tutto genericamente, che con il ricorso di primo grado il provvedimento di espulsione “veniva impugnato dal ricorrente, il quale ne contestava la motivazione in quanto riferita esclusivamente ai suoi precedenti penali, e non articolata in un giudizio prognostico della sua pericolosità sociale (pag. 4 del ricorso per Cassazione).

E’ inconducente il profilo di censura con cui si lamenta che il giudice di pace non abbia tenuto conto dei vincoli familiari e dei legami del ricorrente in Italia, nonché dell’assenza dei legami nel paese di origine ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2 bis. In disparte la considerazione che i vincoli familiari in Italia sono stati valutati nell’ordinanza impugnata, il richiamo a quella disposizione non è pertinente perché la norma si applica alle sole espulsioni disposte ai sensi dell’art. 13 citato, comma 2, lett. A e b, mentre nella specie l’espulsione è stata disposta ai sensi della lett. c medesimo articolo come affermato dallo stesso ricorrente.

5. In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile nulla dovendo disporsi circa le spese del giudizio di legittimità stante il mancato svolgimento di attività difensiva da parte della prefettura.

Rilevato che dagli atti il processo risulta esente, non si applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 6 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2021

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