Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29986 del 31/12/2020

Cassazione civile sez. I, 31/12/2020, (ud. 12/11/2020, dep. 31/12/2020), n.29986

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24692/2015 proposto da:

Arco – soc. coop. – Consorzio Arezzo Costruzioni S.c.r.l., in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

Roma, Via Vittorio Emanuele II n. 18, presso lo Studio Grez e

Associati, rappresentata e difesa dall’avvocato Pasquini Stefano,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Città Metropolitana di Firenze, in persona del sindaco metropolitano

pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Corso d’Italia n.

102, presso lo studio. dell’avvocato Mosca Giovanni Pasquale,

rappresentata e difesa dagli avvocati Gualtieri Stefania, De Luca

Anna Lucia, giusta procura a margine del controricorso e nuova

procura speciale autenticata dal Segretario Generale avv.

M.P. il 23.9.2020;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1439/2014 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 12/09/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/11/2020 dal Cons. Dott. IOFRIDA GIULIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Firenze, con sentenza n. 1439/2014, depositata il 12/9/2014, – in controversia promossa dalla Arco soc. coop. Consorzio Arezzo Costruzioni s.c.a.r.l., nei confronti della Provincia di Firenze, per sentirla condannare al pagamento del corrispettivo per i maggiori oneri e le maggiori opere (oggetto di 26 riserve iscritte) eseguite in forza del contratto di appalto inter partes stipulato il 3/2/1989, avente ad oggetto la costruzione di un edificio polivalente per istituti tecnici in Comune di (OMISSIS), nonchè al risarcimento del danno conseguente al ritardo nell’effettuazione del collaudo, con domanda riconvenzionale della Provincia, – pronunciando, in sede di rinvio a seguito di cassazione di pregressa pronuncia d’appello con sentenza di questa Corte n. 119917/2007, ha parzialmente riformato la decisione di primo grado, che aveva, nel giugno 2000, all’esito di una consulenza tecnica d’ufficio, in accoglimento di alcune delle riserve iscritte dall’impresa appaltatrice, condannato la Provincia di Firenze al pagamento all’attrice della complessiva somma di Lire 701.897,127, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali.

In particolare, i giudici d’appello hanno, in parziale accoglimento del gravame principale della Provincia di Firenze, determinato nella minore somma di Euro 80.412,29 il credito della Arco, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali, e, dato atto del pagamento, al 14/12/2002, dell’intero capitale nonchè di altre somme a titolo di interessi e rivalutazione monetaria, condannato la Provincia al pagamento della differenza in più dovuta, compensando, per effetto dell’accoglimento solo parziale della domanda della Arco, per i quattro quinti le spese dell’intero giudizio. In particolare, rispetto alla statuizione di primo grado, le riserve accolte in tale grado del giudizio di cui ai nn. 2, 3, 4 e 9, riguardanti la pretesa di maggior compenso per asserito superamento del sesto quinto delle quantità originariamente previste per alcune categorie di lavori, come pure la riserva 5, riguardante la pretesa di maggior compenso per “getti sottili di calcestruzzo”, la cui quantità non era prevista in progetto, sono state ritenute infondate, non risultando raggiunta la prova del necessario superamento del quinto dell’importo stabilito in contratto; sono state poi accolte le eccezioni della committente in ordine alle riserve nn. 14 e 17.

Avverso la suddetta pronuncia, notificata in forma esecutiva in data 5/11/2014, la Arco soc. coop. Consorzio Arezzo Costruzioni s.c.a.r.l. propone ricorso per cassazione, notificato il 14-15/10/2015, affidato a quattro motivi, nei confronti della Provincia di Firenze (oggi Città Metropolitana di Firenze, che resiste con controricorso, notificato il 24/11/2015).

La ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La ricorrente lamenta: 1) con il primo motivo, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 384 c.p.c., comma 2, per mancata uniformazione del giudice di rinvio alle statuizioni di questa Corte nella sentenza n. 19917/2007, relativamente alle riserve nn. 1, 6, 7 e 8; 2) con il secondo motivo, la violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 1063 del 1962, art. 13, nonchè dell’art. 1372 c.c., del contratto di appalto del 3/2/1989 rep. 12148 e del Capitolato Speciale di appalto, in relazione alle riserve nn. 2, 3, 4, 9; 3) con il terzo motivo, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2041 c.c. e del D.P.R. n. 1063 del 1962, art. 13, in relazione alla riserva n. 5, attinente ad opere realizzate extra-contratto, non previste nel progetto e per le quali quindi non poteva operare l’art. 13 citato e non era necessario dimostrare la sussistenza del notevole pregiudizio economico per l’appaltatore, dovendosi esse liquidarsi come arricchimento indebito o comunque con una nuova determinazione del prezzo; 4) con il quarto motivo, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., in ordine alle statuizioni sulle spese processuali, per avere la Corte d’appello compensato le spese processuali dell’intero giudizio per i quattro/quinti, condannando la soccombente Provincia di Firenze al rimborso di solo un quinto delle spese, calcolato, oltretutto, “con importi bassissimi”.

2. Preliminarmente, il ricorso risulta tempestivamente notificato nel termine lungo di un anno (considerato che il giudizio è iniziato ante 4/7/2009), che scadeva il 16/10/2015, non potendosi dare rilievo alla notifica in forma esecutiva effettuata dalla Arco alla Provincia di Firenze, nel novembre 2014, eseguita alla parte personalmente presso la sede e non presso il procuratore domiciliatario della stessa (Cass. 9413/2016; Cass. 1893/2014; Cass. 2974/2020).

Questa Corte ha statuito, in ordine al cd. effetto bilaterale della notificazione della sentenza, che “la notificazione della sentenza effettuata personalmente alla parte, anzichè al procuratore costituito, è inidonea a far decorrere il termine brève per l’impugnazione non soltanto nei confronti della parte che ha ricevuto fa notificazione, ma anche nei confronti della parte notificante, stante la comunanza di tale termine ad entrambe le parti” (Cass. 18547/2006; Cass. 437/2007; Cass. 134208/2010, ove si è evidenziato che “la conoscenza di fatto della sentenza, acquisita con modalità diverse da quelle specifiche alle quali la legge riconnette l’effetto particolare della decorrenza del termine breve per l’impugnazione ai sensi degli artt. 325 e 326 c.p.c., ha esclusivamente funzione propedeutica all’esecuzione, ai sensi dell’art. 479 c.p.c.”; Cass. 16804/2016).

3. Tanto premesso, la prima censura è infondata.

Questa Corte, con la sentenza n. 19917/2007, che ha dato luogo al giudizio di rinvio, ha: 1) premesso che la Corte d’appello di Firenze del 2002, in accoglimento parziale del gravame dell’amministrazione committente, aveva dichiarato l’inammissibilità delle riserve da la 9, iscritte anteriormente alla Delib. Provincia notificata 3 ottobre 1991, accogliendo solo in parte le altre riserve, iscritte successivamente ed, in particolare, ritenendo fondate le riserve nn. “il, 12, 18, 20 e 26”, mentre aveva dichiarato inammissibile l’appello incidentale proposto dall’ARCO, in relazione alle riserve non accolte in primo grado; 2) accolto il primo motivo del ricorso di Arco, implicante vizio di violazione di legge (con il quale si impugnava la statuizione della Corte di merito in punto di decadenza dell’appaltatore dall’azione per far valere le riserve iscritte di cui ai nn. da 1 a 9 e 11, 12, 18 e 21, fino alla data del 7 febbraio 1990, per la mancata impugnativa, nel termine di sessanta giorni – posto dal D.P.R. n. 1063 del 1962, art. 47, modificato dalla L. n. 741 del 1981, art. 16, richiamato dal Capitolato speciale di appalto – del provvedimento, notificato il 3 ottobre 1991, con il quale era stata deliberata, in data 6 agosto 1991, la risoluzione della controversia in via amministrativa/respingendosi le riserve già iscritte), affermando che il predetto termine di sessanta giorni produce effetti decadenziali solo allorquando la decisione dell’amministrazione sia emanata successivamente all’approvazione del collaudo, mentre, ove detta decisione intervenga in un momento precedente, lo spirare del termine di cui si tratta ha il solo effetto di differire la decisione delle controversie al momento del collaudo, in quanto solo a tale momento la pronuncia della committente amministrazione sulle riserve può ritenersi definitiva; 3) accolto il quarto motivo del ricorso della Arco, in punto di decorrenza degli interessi e della rivalutazione monetaria dalla costituzione in mora della committente, nella specie alla data della domanda di arbitrato notificata alla Provincia di Firenze; 4) respinto gli altri motivi sollevati nel ricorso della Arco e dichiarato assorbito il nono motivo, in punto di spese processuali; 5) accoltoli sesto motivo del ricorso incidentale della Provincia, attinente alla riserva n. 14 in punto di applicazione della revisione prezzi per il tempo della proroga concessa, senza relativa quantificazione dell’ammontare richiesto. Ne consegue che la Corte d’appello, in sede di rinvio, sulle riserve 1, 6, 7 e 8 (rientranti tra quelle ritenute, nel merito, infondate dal Tribunale – avendo lo stesso respinto l’eccezione preliminare di decadenza sollevata dalla convenuta amministrazione -, stante il rigettò dell’appello incidentale della Arco – volto a conseguire il riconoscimento del maggiore importo richiesto originariamente per tutte le riserve iscritte -, pur se in astratto ammissibili, per effetto della statuizione di questa Corte con la sentenza del 2007) ha rilevato correttamente che le stesse erano escluse dal suo esame, essendosi formato il giudicato sulla statuizione del Tribunale di rigetto (come peraltro risulta dall’esame degli atti e della sentenza Tribunale).

4. La seconda censura è invece fondata.

La Corte d’appello, in sede di rinvio, in relazione alle riserve nn. 2, 3, 4 e 9 (riguardanti la richiesta di equo compenso, in applicazione del D.P.R. n. 1063 del 1962, art. 13, comma 5, per modifiche nelle quantità originariamente previste per i lavori concernenti le fondazioni), ha riformato la decisione di primo grado, accogliendo il gravame della Provincia di Firenze, ritenendo che il Tribunale aveva fatto erroneamente riferimento al “computo metrico” per la determinazione delle quantità originarie delle categorie dei lavori ricompresi nell’appalto, atto questo non rientrante tra i documenti che possono definire il contenuto del contratto, anche alla luce del disposto della L. n. 2248 del 1865, art. 330, all. F; di conseguenza, dovendosi avere riguardo al capitolato speciale di appalto e poichè in esso si faceva riferimento soltanto a “opere edili” in generale, la Corte di merito ha ritenuto infondate le riserve, per mancata dimostrazione del notevole pregiudizio economico dell’appaltatore o del superamento del quinto. Questa Corte in un precedente (Cass. 2426/2012), richiamato dalla decisione impugnata, relativo però ad appalto di opere pubbliche “a corpo” (ma nella specie si verte, secondo l’assunto della ricorrente, non contestato dalla Provincia, in ipotesi di appalto “a misura”), ha affermato che “secondo dottrina autorevole, il richiamo ai prezzi unitari e ai calcoli contenuti nel computo metrico non può avere altro valore che di semplice traccia indicativa delle modalità di formazione del prezzo globale, destinata a restare nella fase precontrattuale e fuori dal contenuto del contratto. Se ne ha conferma nella L. n. 2248 del 1865, art. 330. all. F (abrogato dal D.P.R. n. 554 del 1999, art. 231): “Fanno parte integrale del contratto i disegni delle opere che si devono eseguire, ed il capitolato speciale di appalto, esclusi tutti gli altri documenti di perizia che erano annessi al progetto”, cosicchè “per l’appaltatore che partecipi atta gara per l’affidamento dell’appalto sono vincolanti solo il capitolato speciale e il progetto dell’opera”.

La ricorrente lamenta che, al di là della disciplina generale, nella specie, il Capitolato speciale d’appalto, allegato in primo grado, faceva espresso richiamo, all’art. 3, ai fini della designazione delle opere comprese nell’appalto, a quanto risultante “dagli elaborati e dalle tavole allegate al progetto così costituito: 1- relazione tecnico-illustrativa generale;. 2- Capitolato speciale di appalto-Specifiche tecniche-Elenco dei prezzi unitari;…; 4- computo metrico…”, chiarendosi poi, al successivo art. 4, che i documenti elencati all’art. 3 “debbono ritenersi atti ad individuare la consistenza qualitativa e quantitativa delle varie specie di opere comprese nell’appalto”.

Ora, se è vero che la L. n. 2248 del 1865, art. 330, all. F, legge sulle opere pubbliche, stabilisce che “fanno parte integrale del contratto i disegni delle opere che si devono eseguire, ed il capitolato speciale di appalto, esclusi tutti gli altri documenti di perizia che erano annessi al progetto. Trattandosi però di oggetti di poca entità la perizia di stima delle opere o provviste, colle condizioni di esecuzione alla medesima annesse, può, servire di base ad un contratto”, nella specie, il capitolato speciale, che costituisce il mezzo per l’indicazione analitica e specifica del contenuto tecnico delle prestazioni dell’appaltatore e quindi svolge una funzione integrativa del capitolato generale, includeva il computo metrico e l’elenco dei prezzi unitari.

La motivazione della decisione impugnata, laddove esclude qualsiasi rilievo al computo metrico estimativo, non tiene conto delle clausole specifiche convenute nel capitolato speciale d’appalto, che, nel precisare le condizioni attinenti, in particolare, all’oggetto del contratto, risultano strumentali alla realizzazione della specifica finalità del contratto stesso, costituendone, per l’effetto, parte integrante, dotata di efficacia negoziale obbligatoria e vincolante per entrambe le parti (cfr. Cass. 6953/2002).

5. La terza censura è inammissibile, in quanto non pertinente al decisum.

La Corte d’appello ha ritenuto che le opere inserite nella riserva n. 5 (getti sottili di calcestruzzo, la cui quantità non era prevista in progetto) non costituissero lavori extracontrattali, aventi una propria individualità distinta da quella dell’opera originaria, ma integrassero una mera variazione (extracontratto) ordinata dalla stazione appaltante per le opere relative alle fondazioni, previste in contratto, necessaria per una migliore esecuzione dell’opera o comunque rientranti nell’opera stessa, cosicchè, in difetto della ricorrenza dei presupposti previsti dal D.P.R. n. 1063 del 1962, art. 14 (superamento del quinto dell’importo totale del contratto), la riserva era da ritenersi infondata.

La censura non attinge la statuizione della Corte distrettuale, limitandosi la ricorrente a dedurre che si trattava di opere extracontrattuali.

6. Il quarto motivo, in punto di liquidazione delle spese processuali, è assorbito.

7. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del terzo motivo di ricorso, respinti i primi due motivi ed assorbito il quarto, va cassata la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione. Il giudice del rinvio provvedere alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, respinti i primi due motivi ed assorbito il quarto, cassa la sentenza impugnata, con rinvio, anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 12 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 31 dicembre 2020

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