Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29984 del 20/11/2018

Cassazione civile sez. I, 20/11/2018, (ud. 03/07/2018, dep. 20/11/2018), n.29984

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19531/2015 proposto da:

Riscossione Sicilia S.p.a., già SE.RI.T. SICILIA S.p.a., in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

Roma, Via Guido D’Arezzo n. 2, presso lo studio dell’avvocato

Frontoni Massimo, rappresentata e difesa dall’avvocato Parisi

Maurizio, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Fallimento della (OMISSIS) S.r.l. in Liquidazione, in persona del

curatore Dott. S.S., elettivamente domiciliato in Roma, Via

Monte Zebio n. 40, presso lo studio dell’avvocato Schepis Barbara,

che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di PATTI, depositato il 28/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

03/07/2018 dal Cons. Dott. DI MARZIO MAURO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Con decreto del 28 maggio 2015 il Tribunale di Patti ha respinto l’opposizione allo stato passivo del Fallimento (OMISSIS) S.r.l. proposta da Serit Sicilia S.p.A., oggi Riscossione Sicilia S.p.A., sia in ragione del diniego di ammissione del credito di Euro 2.992.581,92, di cui Euro 2.663.436,97 in chirografo ed il resto in privilegio, sia in ragione del mancato riconoscimento, anche per l’ulteriore importo insinuato ed ammesso, del privilegio ipotecario.

Ha per quanto rileva affermato il Tribunale:

-) quanto al diniego di ammissione del credito di Euro 2.992.581,92, che dalla documentazione prodotta in atti non era dato evincere quali fossero gli estratti di ruolo relativi ai crediti esclusi dal passivo fallimentare;

-) quanto al mancato riconoscimento del privilegio ipotecario, che esso si giustificava in forza di un antecedente pignoramento immobiliare che aveva dato luogo ad un procedimento di esecuzione forzata tuttora pendente.

2. – Per la cassazione del decreto Riscossione Sicilia S.p.A. ha proposto ricorso per tre mezzi.

Il Fallimento ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il ricorso contiene tre motivi.

1.1. – Il primo motivo è rubricato: “Violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 45, 87 e 88, e/o della L. n. 267 del 1942, artt. 24,93,96,98 e 99, art. 115 c.p.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”, censurando il decreto impugnato perchè sorretto da una motivazione contraddittoria ed illogica per aver addebitato al creditore istante l’incapacità del giudicante di esaminare la documentazione prodotta ed in particolare di individuare la cartella di pagamento cui ogni singolo estratto di ruolo si riferiva.

1.2. – Il secondo motivo è rubricato: “Violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 77, e/o della L. n. 267 del 1942, artt. 24, 93,96,98 e 99, art. 115 c.p.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”, censurando il decreto impugnato per non aver riconosciuto il privilegio ipotecario sugli immobili non sottoposti a procedura esecutiva per espropriazione forzata.

1.3. – Il terzo motivo è rubricato: “Violazione o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3. Illegittima condanna di Riscossione Sicilia S.p.A. alla rifusione delle spese del giudizio”, motivo svolto in via consequenziale ai precedenti.

2. – Il ricorso è inammissibile.

2.1. – E’ inammissibile il primo motivo.

2.1.1. – L’inammissibilità, eccepita dal Fallimento, discende anzitutto dall’inosservanza del precetto sancito dell’art. 366 c.p.c., n. 6, secondo cui il ricorso per cassazione deve contenere, per l’appunto a pena di inammissibilità, la specifica indicazione degli atti processuali e dei documenti su cui il ricorso stesso si fonda.

E’ difatti cosa nota che il ricorrente per cassazione che intenda dolersi dell’omessa o erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, il duplice onere, imposto a pena di inammissibilità del ricorso, di indicare esattamente nell’atto introduttivo in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte si trovino i documenti in questione, e di evidenziarne il contenuto, trascrivendolo o riassumendolo nei suoi esatti termini, al fine di consentire al giudice di legittimità di valutare la fondatezza del motivo, senza dover procedere all’esame dei fascicoli d’ufficio o di parte (Cass. 12 dicembre 2014, n. 26174; Cass. 28 settembre 2016, n. 19048). Ciò con la precisazione che l’adempimento dell’obbligo di specifica indicazione degli atti e dei documenti posti a fondamento del ricorso impone quanto meno che gli stessi risultino da un’elencazione contenuta nell’atto, non essendo a tal fine sufficiente la presenza di un indice nel fascicolo di parte (Cass. 6 ottobre 2017, n. 23452).

Nel caso in esame il primo motivo del ricorso è volto a denunciare l’erroneità della statuizione adottata dal giudice di merito, laddove aveva affermato che dalla documentazione in atti non si evincesse quali fossero gli estratti di ruolo relativi ai crediti esclusi dal passivo fallimentare, e si fonda sull’assunto che i menzionati documenti fossero invece stati prodotti e non fossero stati individuati dal giudice per la sua incapacità: “Il Tribunale di Patti, nel dichiarare una presunta ed inesistente carenza probatoria, in realtà afferma la propria incapacità a comprendere il contenuto della documentazione prodotta” (così a pagina 14 del ricorso).

E tuttavia non risulta dal ricorso nè dove detta documentazione sarebbe reperibile, nè quale fosse il suo contenuto tale da consentirne il riferimento al credito escluso dall’ammissione al passivo.

2.1.2. – Al di là di quanto precede il motivo è altresì inammissibile perchè congegnato come motivo cumulato. Ed infatti, in tema di ricorso per cassazione, è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi di impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quelli della violazione di norme di diritto, sostanziali e processuali, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione (Cass. 23 giugno 2017, n. 15651; Cass. 28 settembre 2016, n. 19133; Cass. 23 settembre 2011, n. 19443).

Nel caso in esame, del resto, non riesce affatto ad intendersi in che cosa si sarebbe sostanziata la violazione delle norme richiamate in rubrica, giacchè il motivo non mette comprensibilmente in discussione il significato e la portata applicativa di esse, ma si cimenta, per di più sotto il profilo della sufficienza e non contraddittorietà della motivazione, ossia con riguardo ad un parametro non più contemplato dell’art. 360 c.p.c., n. 5, con l’apprezzamento svolto in fatto dal giudice di merito, laddove ha ritenuto che il credito insinuato non fosse provato.

2.1.3. – Ed ancora, d’altro canto, se davvero il creditore istante avesse prodotto estratti di ruolo chiaramente riferibili a crediti esclusi dal passivo fallimentare, ed il giudice non se ne fosse avveduto, ciò non configurerebbe un errore di giudizio denunciabile con il ricorso per cassazione, ma un errore di percezione, semmai riconducibile all’ambito di applicabilità della revocazione.

Di qui un ulteriore motivo di inammissibilità.

2.2. – Il secondo motivo è inammissibile.

2.2.1. – Anche in questo caso l’inammissibilità discende dal difetto di autosufficienza di cui dell’art. 366 c.p.c., n. 6, perchè il motivo si fonda sull’assunto che l’ipoteca gravasse (non si sa se solo o se anche) su immobili non sottoposti a precedente esecuzione forzata immobiliare, ma non risulta nè dove siano reperibili iscrizione ipotecaria e pignoramento, nè quale fosse il loro contenuto.

2.2.2. – Il motivo è altresì inammissibile perchè nuovo.

Ed infatti, non risulta che la circostanza della diversità dei beni sottoposti ad ipoteca e all’esecuzione forzata fosse stata mai introdotta e discussa in fase di merito.

Sicchè trova applicazione il principio secondo cui, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso stesso, di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (Cass. 18 ottobre 2013, n. 23675).

2.3. – Il terzo motivo è inammissibile giacchè non è in effetti riconducibile ad alcuna delle ipotesi contemplate dall’art. 360 c.p.c., ma si limita semplicemente a sollecitare la caducazione della pronuncia sulle spese in dipendenza dell’accoglimento degli altri motivi di ricorso.

3. – Le spese seguono la soccombenza non sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore del Fallimento controricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 15.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi ed il resto per compenso, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, dichiarando, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che non sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 3 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2018

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