Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29982 del 19/11/2019

Cassazione civile sez. trib., 19/11/2019, (ud. 04/04/2019, dep. 19/11/2019), n.29982

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. D�AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. LEUZZI Salvatore – Consigliere –

Dott. D�AURIA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 16549/2015 R.G. proposto da:

P.M., in proprio e n. q. di socio amministratore

dell’Azienda Agricola Floricola Sele di P.M. & C.,

elettivamente domiciliato in Roma via L. Robecchi Brichetti, presso

lo studio dell’avv. Annunziata Abbinente, che lo rappresenta e

difende, unitamente all’avv. Giovanni Clemente, giusta procura

speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle dogane e dei monopoli, in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n.

12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania – Sezione staccata di Salerno n. 978/12/15, depositata il 3

febbraio 2015.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 4 aprile 2019

dal Consigliere Dott. Nonno Giacomo Maria.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. con sentenza n. 978/12/15 del 03/02/2015 la Commissione tributaria regionale della Campania – Sezione staccata di Salerno (hinc CTR) respingeva l’appello proposto da P.M., in proprio e n. q. di socio amministratore della Azienda Agricola Floricola Sele di P.M. & C. avverso la sentenza n. 424/01/12 della Commissione tributaria provinciale di Salerno (hinc CTP), che aveva dichiarato inammissibile il ricorso dei contribuenti nei confronti del provvedimento di diniego dell’istanza di autotutela concernente l’avviso di pagamento e il conseguente atto di contestazione sanzioni, nonchè nei confronti della cartella di pagamento emessa nei suoi confronti;

1.1. come si evince dalla sentenza della CTR: a) l’istanza di autotutela conseguiva alla sentenza penale di assoluzione intervenuta nei confronti di P.M. per i reati allo stesso contestati; b) la CTP dichiarava inammissibile il ricorso; b) la sentenza della CTP era appellata da P.M., in proprio e nella spiegata qualità;

1.2. su queste premesse, la CTR motivava il rigetto dell’appello evidenziando che: a) la controversia era riconducibile essenzialmente “alla valutazione della legittimità o meno dell’atto di diniego dell’autotutela in presenza di sopravvenuta sentenza definitiva di assoluzione del rappresentante legale, socio amministratore nel caso di specie”; b) la sentenza penale non era, peraltro, utilizzabile in quanto “vi è assoluzione per insufficienza di prove e non perchè il fatto non sussiste”; c) “la valutazione del rigetto della richiesta di autotutela deve ritenersi legittima in quanto la richiesta di annullamento contrasta con “l’interesse generale di cui è portatrice l’Amministrazione Finanziaria””;

2. P.M., in proprio e nella qualità, impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi;

3. l’Agenzia delle dogane resisteva con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. con il primo motivo di ricorso P.M. deduce la nullità della sentenza impugnata per assenza di adeguata motivazione ai sensi dell’art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, evidenziando che la CTR non indica gli elementi di fatto e di diritto posti a fondamento della decisione, nè rende una motivazione logica ed adeguata che consenta di cogliere i motivi di rigetto della istanza di autotutela, con particolare riferimento all’assenza di interesse generale dell’Amministrazione finanziaria all’annullamento del provvedimento impositivo;

4. il motivo è infondato;

4.1. la CTR, dopo avere esposto, in maniera esaustiva e completa, i fatti di causa e le domande proposte dalle parti, così rendendo palese l’oggetto del presente giudizio, ha evidenziato le ragioni giuridiche del mancato accoglimento della domanda volta alla declaratoria della illegittimità del rigetto dell’istanza di autotutela presentata, consistenti – oltre che nella improponibilità, nel processo tributario, una domanda di accertamento negativo – essenzialmente nella impossibilità che la sentenza penale di assoluzione per insufficienza di prove faccia stato anche nel processo tributario e nell’assenza di un interesse generale dell’Amministrazione finanziaria a rimuovere il provvedimento impugnato, interesse che non è stato prefigurato dal ricorrente, che ne aveva il relativo onere;

4.2. la superiore motivazione, seppure concisa, è pertanto del tutto idonea a giustificare la decisione impugnata e a rendere palese il percorso argomentativo seguito dalla CTR, non riscontrandosi la denunciata nullità.

5. con il secondo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’omessa pronuncia in violazione dell’art. 112 c.p.c., avendo la sentenza penale chiarito che le fatture oggetto del giudizio relativo all’atto impositivo non siano riconducibili al P., con conseguente insussistenza della relativa obbligazione;

5.1. tale circostanza, che avrebbe dovuto condurre all’annullamento del provvedimento in sede impositiva, non sarebbe stata esaminata dalla CTR, sebbene ritualmente proposta;

6. con il quarto motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, consistente nelle conclusioni del giudice penale;

7. i motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, involgendo sotto diversi profili, la rilevanza della sentenza penale di assoluzione di P.M., vanno disattesi;

7.1. la CTR si è soffermata sulla rilevanza della sentenza penale nel giudizio tributario, evidenziando che: a) la sentenza assolutoria avrebbe dovuto essere vagliata nel procedimento tributario concernente l’impugnazione dell’atto impositivo, ormai definitivo; b) la sentenza penale non è comunque vincolante nel processo tributario, tanto più quando si tratta di sentenza assolutoria per insufficienza di prove;

7.2. la sentenza impugnata ha, dunque, chiaramente escluso in diritto la rilevanza della sentenza penale richiamata da parte ricorrente nel presente giudizio, con la conseguenza che: a) il secondo motivo è infondato, atteso che il gravame proposto dai contribuenti è stato esaminato, talchè non può ritenersi la sussistenza di alcuna omessa pronuncia; b) il quarto motivo è inammissibile, perchè la sentenza della CTR ha escluso in diritto la rilevanza della sentenza penale di assoluzione di P.M. e detta statuizione non è stata debitamente censurata sotto il profilo della violazione di legge, ma sotto il profilo del vizio di motivazione, che presuppone appunto la rilevanza della sentenza penale;

8. con il terzo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione del D.L. 30 settembre 1994, n. 564, art. 2 quater conv. con modif. nella L. 30 novembre 1994, n. 656, del regolamento di attuazione di cui al D.M. 11 febbraio 1997, n. 37, del D.P.R. 27 marzo 1992, n. 287, art. 68, dell’art. 654 c.p.p. e dell’art. 254 disp. att. c.p.p., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziando, in buona sostanza: a) che il provvedimento di diniego dell’autotutela non sarebbe correttamente motivato a fronte della sentenza penale che ha assolto il P. perchè il fatto non sussiste; b) che l’interesse generale a rimuoverlo risiederebbe nell’evitare un ingiustificato dispendio di risorse economiche per i giudizi che il contribuente potrebbe proporre;

9. il motivo è inammissibile;

9.1. secondo la giurisprudenza di questa Corte, “nel processo tributario, il sindacato sull’atto di diniego dell’Amministrazione di procedere ad annullamento del provvedimento impositivo in sede di autotutela può riguardare soltanto eventuali profili di illegittimità del rifiuto, in relazione a ragioni di rilevante interesse generale che giustificano l’esercizio di tale potere, che, come affermato anche dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 181 del 2017, si fonda su valutazioni ampiamente discrezionali e non costituisce uno strumento di tutela dei diritti individuali del contribuente” (così, da ultimo, Cass. n. 21146 del 24/08/2018; Cass. n. 7616 del 28/03/2018);

9.1.1. deve, dunque, escludersi qualsiasi possibilità di impugnare il provvedimento di diniego di autotutela esclusivamente per ragioni attinenti al merito del provvedimento stesso;

9.2. nel caso di specie, il provvedimento impositivo è divenuto definitivo a seguito della tardiva riassunzione del giudizio che lo riguardava e la conseguente estinzione del giudizio medesimo;

9.3. con la richiesta di annullamento in via di autotutela il P. intende surrettiziamente rimettere in discussione il merito del provvedimento impugnato, deducendo la sua illegittimità per la carenza dei presupposti impositivi conseguenti all’accertamento intervenuto in sede penale;

9.4. tuttavia, da un lato, gli effetti della sentenza penale avrebbero dovuto essere fatti valere nel giudizio di impugnazione avverso il provvedimento impositivo, sospeso e non tempestivamente riassunto, come evidenziato dalla stessa CTR; dall’altro, le rilevanti ragioni di interesse generale che giustificano l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio da parte della Amministrazione finanziaria che non possono consistere nel semplice interesse ad evitare inutili giudizi – non si riscontrano nel caso di specie, laddove l’atto impositivo è divenuto inoppugnabile;

9.4.1. sotto quest’ultimo profilo, un tale interesse non è nemmeno ragionevolmente configurabile a fronte di un atto impositivo divenuto definitivo a seguito di un giudizio di impugnazione, anche in ragione della previsione del D.M. 11 febbraio 1997, n. 37, art. 2, comma 2, secondo la quale “Non si procede all’annullamento d’ufficio, o alla rinuncia all’imposizione in caso di autoaccertamento, per motivi sui quali sia intervenuta sentenza passata in giudicato favorevole all’Amministrazione finanziaria”;

10. in conclusione, il ricorso va rigettato, con condanna del ricorrente, in proprio e nella spiegata qualità, al pagamento delle spese del presente giudizio in favore della Agenzia delle dogane, spese liquidate come in dispositivo avuto conto di un valore della lite indeterminabile;

11.1. poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, in proprio e nella qualità, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente, in proprio e nella spiegata qualità di socio amministratore della Azienda Agricola Floricola Sele di P.M. & C., al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, che si liquidano in Euro 4.000,00, oltre alle spese di prenotazione a debito;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, in proprio e nella spiegata qualità, del contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, art. 1 bis.

Così deciso in Roma, il 4 aprile 2019.

Depositato in cancelleria il 19 novembre 2019

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