Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2998 del 11/02/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 2998 Anno 2014
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: MANNA FELICE

ORDINANZA
sul ricorso 3393-2013 proposto da:
COSTRUZIONI BOLOGNA VINCENZO & FIGLI SRL
00617540562 in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI GRACCHI 209, presso
lo studio dell’avvocato CARDONI CESARE, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato CONTICELLI GUIDO, giusta
procura a margine del ricorso;
– ricorrente –

contro
FALLIMENTO N. 66714 SOCOIM SRL 07236270588 in persona del
Curatore pro tempore, elettiv=nte domiciliato in ROMA, VIA G.
AVEZZANA 13, presso lo studio dell’avvocato LENDVAI
ALESSANDRO, che lo rappresenta e difende, giusta delega in calce al
controricorso;

Data pubblicazione: 11/02/2014

- controticorrente avverso la sentenza n. 5541/2012 della CORTE D’APPELLO di
ROMA del 14.5.2012, depositata 1’8/11/2012
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
23/10/2013 dal Consigliere Relatore Dott. FELICE MANNA;

riporta agli scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ROSARIO
GIOVANNI RUSSO che si riporta alla relazione scritta.

Ric. 2013 n. 03393 sez. M2 – ud. 23-10-2013
-2-

rt

udito per ii – controricorrente l’Avvocato Alessandro Lendvai che si

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO e MOTIVI DELLA DECISIONE
I. – Il Consigliere relatore, designato ai sensi dell’art. 377 c.p.c., ha
depositato in cancelleria la seguente relazione ex artt. 380-bis e 375 c.p.c.:
“1. – La Costruzioni Bologna Vincenzo & C. s.r.l. proponeva opposizione

ricorso del Fallimento SO.CO.IM s.r.l. per il pagamento della somma di lire
240.128.870 quale corrispettivo di lavori eseguiti in appalto. A sostegno
dell’opposizione eccepiva l’incompetenza per territorio del giudice adito in
monitorio, competente essendo per proroga convenzionale il T, ibunale di
Viterbo; e la necessità di sospendere il giudizio per la coeva pendenza tra le
stesse parti innanzi al predetto Tribunale di altra causa per la risoluzione del
contratto e il risarcimento del danno. Deduceva, inoltre, che non era stata
fornita prova dell’effettiva esistenza del credito azionato.
Resistendo il Fallimento SO.CO .IM s.r.1., il Tribunale rigettava
l ‘opposizione.
1.1. – L ‘impugnazione proposta dalla Costruzioni Bologna Vincenzo & C.
s.r.l. era respinta dalla Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 5541
dell’8. 11.2012. Riteneva la Corte territoriale che la clausola (art. 17) del
contratto d’appalto prevedesse la competenza non esclusiva del Tribunale di
Viterbo, la cui competenza, pertanto, doveva considerarsi aggiuntiva a quella
dei fori ordinari concorrenti ex artt. 19 e 20 c.p.c. Quanto alla sospensione,
rilevava che per la domanda di risarcimento del danno la Costruzioni
Bologna si era successivamente insinuata al passivo del fallimento della
SO.CO.IM, e che in ordine alla domanda di risoluzione non vi era
pregiudizialità rilevante ex art. 295 c.p.c., non potendo in alcun modo
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al decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti dal Tribunale di Roma su

derivare da tale causa un credito opponibile in compensazione. Infine,
relativamente alla prova del credito fatto valere in via monitorza, la Corte
capitolina osservava che la relativa allegazione era inammissibile ai sensi
dell’art. 345, primo comma c.p.c., atteso che le prestazioni rese dalla

credito della società appaltatrice, infatti, era stata soltanto opposta in
compensazione la pretesa risarcitoria, per cui anche sotto quest’ultimo
profilo, concludeva la Corte distrettuale, non si ravvisavano i presupposti di
diritto della compensazione giudiziale ai sensi dell’art. 1243 c. c.
2. – Per la cassazione di tale pronuncia ricorre la Costruzioni Bologna
Vincenzo & C. s.r.l.
2.1. – Resiste con controricorso il Fallimento SO.CO.IM s.r.l.
3. – Tre i mezzi d’annullamento.
3.1. – Il primo motivo denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli
artt. 29, 20 comma c.p.c. e 1367 c.c. Sostiene parte ricorrente che la clausola
di cui all’art. 17 del contratto d’appalto debba essere letta come attributiva la
competenza esclusiva del Tribunale di Viterbo. Quest ‘ultimo era già
competente ai sensi dell’art. 20 c.p.c., sicché non avrebbe avuto senso
prevederne la competenza in aggiunta ai fori ordinari. In più, deporrebbe nel
medesimo senso

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specca approvazione per iscritto ex art. 1341, 2° comma

c. c. di tale clausola qualificata nel medesimo contratto come derogatrice
della competenza.
3.2. – Col secondo motivo è dedotta la violazione e/o falsa applicazione
degli artt. 295 c.p.c. e 1243 c.c. Come chiarito nella comparsa conclusionale,
la richiesta sospensione derivava dal fatto che anche la causa di risoluzione e
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SO.CO.IM non erano state contestate quanto ad effettività e consistenza. Al

quella di risarcimento del danno si trovavano ormai pendenti innanzi alla
medesima Corte d’appello romana.
3.3. – Col terzo motivo è allegata la violazione e/o falsa applicazione degli
artt. 345 c.p.c. e 2697 c.c. Sostiene parte ricorrente che nessun valore

ingiuntivo; che affinché un fatto possa essere ritenuto pacifico non basta la
mancata contestazione, ma occorre l’incompatibilità tra le difese svolte e la
volontà di negare il fatto stesso; e che la deduzione del difetto di prova non
costituisce un’eccezione in senso proprio, ma una mera difesa volta a
sollecitare l’esercizio di un potere d’ufficio del giudice.
4. – Il primo motivo è inammissibile, sia perché in esso non sono
specificate le ragioni di fatto per cui la competenza per territorio spetterebbe
al Tribunale di Viterbo anche ai sensi dell’art. 20 c.p.c.; sia perché il
ragionamento svolto dalla parte non copre l’ipotesi della competenza
concorrente ex art. 19 c.p.c. Per entrambe le ragioni, perde efficacia
l’argomentazione interpretativa del contratto, in base alla quale la proroga
della competenza sarebbe stata vana a vantaggio di un foro già altrimenti
competente.
4.1. – Il secondo è fondato nei termini che seguono.
Premesso che la parte ricorrente censura, attraverso la dedotta violazione
o falsa applicazione dell’art. 295 c.p.c., il malgoverno della situazione
processuale di coeva pendenza innanzi al medesimo ufficio giudiziario (la
Corte d’appello di Roma) della causa in esame e di quelle di risoluzione del
contratto e di risarcimento del danno pendenti fra le stesse parti e derivanti
dal medesimo contratto d’appalto, va osservato che nel caso in cui tra due
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probatorio hanno le sole fatture prodotte a corredo del ricorso per decreto

procedimenti, pendenti dinanzi al medesimo ufficio o a sezioni diverse del
medesimo ufficio, esista un rapporto di identità o di connessione, il giudice
del giudizio pregiudicato non può adottare un provvedimento di sospensione
ex art. 295 cod. proc. civ., ma deve rimettere gli atti al capo dell’ufficio,

diverso stato in cui si trovano i due prJcedimenti non ne precluda la riunione.
La violazione di tale principio può essere sindacata, anche d’ufficio, dalla
Corte di cassazione in sede di regolamento di competenza proposto avverso il
provvedimento di sospensione (così, Cass. nn. 13194/08; conformi, nn.
16963/11, 17468/10 e 21727/06).
4.1.1. – In particolare e in estensione del predetto principio, e tenuto conto
che la continenza è situazione intermedia fra la litispendenza e la
connessione, deve ritenersi che tra più cause scaturite dall’attuazione del
medesimo rapporto contrattuale, una di adempimento proposta da una parte,
e altre due di risoluzione e di risarcimento del danno per inadempimento
della medesima obbligazione, proposte dall’altra parte, interceda un nesso di
continenza (nell’accezione ampia formulata da Cass. S.0 n. 20597/07) per
alternatività, poiché il relativo esito dipende dalla soluzione di una questione
comune, avente ad oggetto l’obbligazione il cui adempimento è controverso
,fra le parti. Ne deriva che ove le stesse cause, originariamente proposte in
primo grado innanzi a giudici diversi, si ritrovino pendenti in appello innanzi
alla medesima Corte distrettuale, il giudice della causa pregiudicata deve
provvedere ai sensi degli artt 273 e 274 c.p.c.

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secondo le previsioni degli artt. 273 o 274 cod proc. civ., a meno che il

Nella specie, la causa in esame deve ritenersi pregiudicata rispetto a
quella, pregiudiziale, di risoluzione del contratto per inadempimento della
medesima obbligazione.
5. – L ‘accoglimento del secondo motivo assorbe l’esame della terza

6. – Per le considerazioni svolte, si propone la decisione del ricorso con
ordinanza, nei sensi di cui sopra, ex art.375, n. 5 c.p.c.”.
II. – Pur condividendo la relazione, questa Corte rileva che nelle more tra il
deposito della ssa e l’odierna adunanza camerate è sopravvenuta sentenza
nella causa pregiudiziale di risoluzione del contratto (v. sentenza della Corte
d’appello di Roma depositata il 1°.10.2013, allegata alla memoria ex art. 380-

bis, comma 2 c.p.c. di parte controricorrente), che ha rigettato l’appello
proposto dalla Costruzioni Bologna. Ne consegue che tra le due cause non vi
può essere pendenza nel medesimo grado di merito, e dunque non vi sono più
le condizioni per la loro riunione.
III. – Non essendo accoglibile il secondo mezzo, viene meno
l’assorbimento del terzo motivo, che è inammissibile per difetto di
autosufficienza.
Il ricorrente per cassazione che deduca la violazione dell’art. 2697 c.c., per
avere il giudice di merito ritenuto sussistente un fatto senza cne la parte
gravata dall’onere della prova di esso l’avesse assolto, deve necessariamente
evidenziare che quel fatto era stato oggetto di contestazione, perché l’onere
della prova concerne soltanto fatti contestati. Ne consegue che è onere del
ricorrente indicare se e quando, nel corso dello svolgimento processuale, il
fatto, che si assume erroneamente ritenuto provato dal giudice, era stato
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censura.

contestato (Cass. n. 10853/12; conforme, anche se espressa nella fattispecie
reciproca relativa ad un fatto che il ricorrente assume essere stato pacifico in
causa, Cass. n. 15961/07).
Nella specie, posto che la Corte territoriale non ha ritenuto che il credito

esso non era controverso quanto ad effettività e consistenza, era onere della
parte ricorrente dedurre specificamente quali affermazioni, all’interno di uno
o più atti processuali, dimostrerebbero il contrario, vale a dire la non
operatività nella specie del principio di non contestazione.
IV. – In conclusione il ricorso va respinto.
V. – L’iniziale accoglibilità del secondo mezzo d’annullamento proposto
costituisce giusto motivo di integrale compensazione delle spese, ai sensi
dell’art. 92, comma 2 c.p.c. nel testo vigente prima delle modifiche
apportative dall’art. 45 della legge n. 69/09.
P. Q. M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente le spese.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 23.10.2013.

del fallimento fosse provato dalle fatture, ma al contrario ha sostenuto che

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