Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29975 del 31/12/2020

Cassazione civile sez. lav., 31/12/2020, (ud. 24/07/2020, dep. 31/12/2020), n.29975

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1088/2020 proposto da:

H.A., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato ANDREA MAESTRI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, PREFETTURA DELLA PROVINCIA DI FERRARA;

– intimati –

avverso l’ordinanza del GIUDICE DI PACE di FERRARA, depositata il

25/11/2019 R.G.N. 3289/2019.

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24/7/2020 dal Consigliere Dott. AMENDOLA FABRIZIO.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. il giudice di pace di Ferrara ha respinto il ricorso proposto da H.A. avverso il provvedimento con cui il prefetto della città ha disposto l’espulsione dal territorio nazionale del cittadino (OMISSIS) a seguito di diniego del rinnovo del permesso di soggiorno;

2. il giudice monocratico, con ordinanza del 25 novembre 2019, premesso che “il ricorrente è destinatario di provvedimento di espulsione ex art. 13, comma 2, lett. b)” e che il rinnovo del permesso di soggiorno è stato negato dal Questore per le condanne penali riportate, ha ritenuto – per quanto qui ancora interessa – che “la presenza di condanne penali è presupposto negativo per la concessione del permesso di soggiorno che non può essere sanato” per la sola presenza di una figlia minore straniera; ha aggiunto che “il ricorrente ha condanne penali per reati contro il patrimonio e porto d’armi e (ferma la possibilità, in quanto via vagliabile come scelta familiare della compagna di seguire il compagno con la figlia), va adeguatamente valutato il fatto che la fattispecie in esame ha natura amministrativa e che sono esperibili altre vie che consentono un rientro “regolarizzato” nel territorio italiano dello straniero espulso, tanto più che nel frattempo la minore non rimarrebbe, in ogni caso, in stato di abbandono”;

3. per la cassazione di tale pronuncia propone ricorso il soccombente, affidato a 3 motivi, nei confronti del Prefetto di Ferrara e del Ministero dell’Interno che non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. il ricorso risulta notificato a mezzo PEC alla sola Avvocatura Generale dello Stato;

per pacifico orientamento di questa Corte il ricorso per cassazione avverso il provvedimento emesso all’esito del giudizio di opposizione al decreto prefettizio di espulsione dello straniero va proposto nei confronti dell’autorità che ha emanato il decreto (Prefetto) e notificato presso di essa (tra molte: Cass. n. 28852 del 2005 e Cass. n. 12665 del 2019);

sicchè, in caso di notifica all’Avvocatura dello Stato, la stessa deve ritenersi nulla (salvo il caso risulti che l’Avvocatura erariale abbia assunto nella precedente fase di merito la difesa dell’ufficio del Prefetto) e peraltro rinnovabile ai sensi dell’art. 291 c.p.c.;

tuttavia, ove sussistano – come nella specie – cause che impongono di disattendere il ricorso, questa Corte è esentata, in applicazione del principio della “ragione più liquida”, dall’esaminare le questioni processuali concernenti la regolarità del contraddittorio e la sua instaurazione poichè, se anche i relativi adempimenti fossero necessari, la loro effettuazione sarebbe ininfluente e lesiva del principio della ragionevole durata del processo (da ultimo Cass. n. 10839 del 2019);

2. i motivi di ricorso possono essere come di seguito sintetizzati:

con il primo si denuncia nullità dell’ordinanza impugnata e del procedimento per violazione del diritto di difesa e del contraddittorio perchè il giudice di pace, “a fronte di una specifica richiesta della prova per testi formulata in ricorso e della presenza fisica della teste il giorno dell’udienza”, avrebbe negato l’escussione, senza neanche dare conto “delle motivazioni di detto diniego nella sua ordinanza decisoria”;

con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 8 CEDU e dell’art. 3 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo perchè il giudice adito avrebbe negato la tutela prioritaria del minore e dell’unità familiare, affermando apoditticamente “la prevalenza di esigenze (non meglio specificate se non attraverso la menzione dei titoli dei reati commessi) di sicurezza e ordine pubblico”;

con il terzo mezzo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 13 e 28 T.U. sull’immigrazione perchè la decisione impugnata non avrebbe adeguatamente valutato “la salvaguardia dell’unità familiare e del superiore interesse dei minori, che nella fattispecie sussiste in riferimento alla concreta presenza sul territorio nazionale di una bambina”;

3. il primo motivo di ricorso è inammissibile perchè nel corpo di esso non vengono riportati i capitoli di prova testimoniale che non sarebbero stati ammessi e, per risalente insegnamento di questa Corte, la mancata ammissione della prova testimoniale può essere denunciata per cassazione solo nel caso in cui essa abbia determinato l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa ovvero non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento (Cass. n. 11457 del 2007; conformi: Cass. n. 4369 del 2009; Cass. n. 5377 del 2011); inoltre spetta esclusivamente al giudice del merito valutare gli elementi di prova già acquisiti e la pertinenza di quelli richiesti – senza che possa neanche essere invocata la lesione dell’art. 6, comma 1, della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo al fine di censurare l’ammissibilità di mezzi di prova concretamente decisa dal giudice nazionale (Cass. n. 13603 del 2011; Cass. n. 17004 del 2018) – con una valutazione che non è sindacabile nel giudizio di legittimità al di fuori dei rigorosi limiti imposti dalla novellata formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, così come rigorosamente interpretato dalle Sezioni unite (cfr. Cass. SS.UU. nn. 8053 e 8054 del 2014);

4. anche il secondo e terzo motivo non possono trovare accoglimento;

in merito alla espulsione di chi abbia figli minori, questa Corte ha già stabilito che la norma d’indirizzo generale di cui all’art. 3 della Convenzione di New York 20 novembre 1989 sui diritti del fanciullo (ratificata dalla L. 27 maggio 1991, n. 176, richiamata dal D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 28), prescrive sì che gli Stati vigilino affinchè il minore non sia separato dai genitori, ma fa comunque salva l’ipotesi in cui la separazione sia il risultato di provvedimenti legittimamente adottati da uno Stato-parte; pertanto, “nel caso in cui lo straniero sia colpito da un provvedimento di espulsione, le esigenze di legalità e sicurezza sottese a tale provvedimento non sono di per sè recessive rispetto all’interesse, pur preminente, del fanciullo” (Cass. n. 4197 del 2008; più di recente conf. Cass. n. 26831 del 2019); anche la Corte di giustizia dell’Unione Europea ha ammesso che “in circostanze eccezionali, uno Stato membro può adottare una misura di espulsione (del genitore d’un minore residente nello stato membro, n.d.e.), a condizione che essa sia fondata sulla condotta personale di detto cittadino di uno Stato terzo, la quale deve costituire una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave che pregiudichi un interesse fondamentale della società di detto Stato membro, e che si basi su una presa in considerazione dei diversi interessi esistenti, circostanza che spetta al giudice nazionale verificare” (CGUE 13.9.2016, in causa C-304/14, Secretary of State); nella motivazione di tale sentenza si afferma, inoltre, che di un pregiudizio al minore possa discorrersi solo quando l’espulso ne abbia la “cura esclusiva” (ancora Cass. n. 26831/2019 cit.); giova, infine, ricordare che, “in tema di immigrazione, l’espulsione dello straniero che convive in Italia con un parente non implica la violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare, la cui tutela, sancita anche dall’art. 8 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, non è incondizionata, posto che l’ingerenza dell’autorità pubblica nella vita privata e familiare è consentita, ai sensi dell’art. 2 della CEDU, se prevista dalla legge quale misura necessaria ai fini della sicurezza nazionale, del benessere economico del Paese, della difesa dell’ordine e della prevenzione dei reati, della protezione della salute e della morale e della protezione dei diritti e delle libertà altrui” (cfr. Cass. n. 14610 del 2015; conf. Cass. n. 5879 del 2020);

alla stregua di quanto esposto e fatti salvi i divieti di espulsione tassativamente previsti dalla legge, nella specie il giudice di pace ha operato in concreto una valutazione della condizione familiare dell’espellendo in relazione con i vari e gravi reati commessi dal medesimo, giungendo a ritenere prevalenti le esigenze di legalità e sicurezza, con un giudizio che concreta un apprezzamento di fatto non sindacabile in questa sede di legittimità ove la motivazione che lo esprime superi la soglia del cd. “minimo costituzionale” sia sotto il profilo contenutistico che logico;

infine, non può tacersi come, con i motivi in scrutinio, parte ricorrente invochi, nella sostanza, un sindacato indiretto sul rifiuto del rinnovo del permesso di soggiorno da parte del Questore inammissibile in quanto viola il principio di diritto stabilito dalle Sezioni unite di questa Corte (sent. n. 22217 del 2006) secondo cui, in tema di immigrazione, “il provvedimento di espulsione dello straniero è provvedimento obbligatorio a carattere vincolato, sicchè il giudice ordinario dinanzi al quale esso venga impugnato è tenuto unicamente a controllare l’esistenza, al momento dell’espulsione, dei requisiti di legge che ne impongono l’emanazione, i quali consistono nella mancata richiesta, in assenza di cause di giustificazione, del permesso di soggiorno, ovvero nella sua revoca od annullamento ovvero nella mancata tempestiva richiesta di rinnovo che ne abbia comportato il diniego; al giudice investito dell’impugnazione del provvedimento di espulsione non è invece consentita alcuna valutazione sulla legittimità del provvedimento del questore che abbia rifiutato, revocato o annullato il permesso di soggiorno ovvero ne abbia negato il rinnovo, poichè tale sindacato spetta unicamente al giudice amministrativo” (conf., tra le altre, Cass. n. 12976 del 2016; Cass. n. 15676 del 2018);

5. conclusivamente il ricorso deve essere respinto; nulla per le spese in quanto la pubblica amministrazione non ha svolto attività difensiva;

non è dovuto il raddoppio del contributo trattandosi di materia esente ex lege a mente del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 18 (cfr., tra le ultime, Cass. nn. 6285, 11493 e 11954 del 2020; in precedenza Cass. n. 3305 del 2017, in motivazione).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

– Rilevato che dagli atti il processo risulta esente, non si applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 24 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 31 dicembre 2020

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