Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29975 del 13/12/2017


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 29975 Anno 2017
Presidente: GENOVESE FRANCESCO ANTONIO
Relatore: DI MARZIO MAURO

ORDINANZA
sul ricorso 17055-2016 proposto da:
BANCO DI NAPOLI SPA, in persona del procuratore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA S. ERASMO, 19, presso
lo studio dell’avvocato DILETTA BOCCHINI, rappresentata e
difesa dall’avvocato NAZZARENO LANNI;
– ricorrente contro

CURATELA DEL FALLIMENTO ZENTRUM BENEVENTO SRL, in
persona dei Curatori, elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE
DEI PARIOLI 63, presso lo studio dell’avvocato SILVIA
CIRIELLO, rappresentata e difesa dall’avvocato EMILIO
PERUGINI;
– controricorrente avverso il decreto n. R.G.A.C. 5422/2015 del TRIBUNALE di
BENEVENTO, depositato l’01/06/2016;

uditd ta í–elozione della causa svolta nella camera di coniglio
non partecipata del 17/10/2017 dal Consigliere Dott. MAURO
DI MARZIO.

Data pubblicazione: 13/12/2017

RILEVATO CHE
1. — Con decreto del 10 giugno 2016 il Tribunale di Benevento
ha respinto l’opposizione allo stato passivo proposta dal Banco
di Napoli S.p.A. nei confronti del Fallimento Zentrum
Benevento S.r.l. in dipendenza dell’esclusione dallo stato

ingiuntivo non opposto.
A fondamento della decisione il Tribunale ha ritenuto: a) che il
decreto ingiuntivo, munito della dichiarazione di esecutorietà di
cui all’articolo 647 c.p.c. dopo la dichiarazione di fallimento non
era opponibile alla procedura; b) che il creditore aveva
inammissibilmente mutato il thema decidendum proponendo
una domanda nuova, giacché, in sede di opposizione, aveva
fondato la propria pretesa creditoria non più sul decreto
ingiuntivo, e senza alcuna menzione delle circostanze che
avevano condotto all’adozione del provvedimento, bensì sulle
ragioni esposte in sede monitoria

(«Non risulta, dunque,

ammissibile formulare in tale sede una richiesta di ammissione
allo stato passivo allegando, a sostegno della stessa, per la
prima volta, le ragioni esposte in sede monitoria, nel momento
in cui la domanda originaria si fondava esclusivamente
sull’esibizione del decreto ingiuntivo, senza menzione alcuna
con riguardo alla circostanze che avevano condotto all’adozione
del provvedimento»: pagina 3 del decreto impugnato).

2. — Per la cassazione del decreto il Banco di Napoli S.p.A. ha
proposto ricorso affidato a tre motivi illustrati da memoria.
Il Fallimento Zentrum Benevento S.r.l. ha resistito con
controricorso.

CONSIDERATO CHE
Ric. 2016 n. 17055 sez. M1 – ud. 17-10-2017
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passivo del credito C 809.178,76 portato da un decreto

3. — Il primo motivo denuncia violazione e falsa o erronea
applicazione dell’articolo 647 c.p.c. in relazione all’articolo 360
numero 3 c.p.c., censurando il decreto impugnato per non aver
considerato che il decreto ingiuntivo non era stato opposto e
che, sia pur dopo la dichiarazione di fallimento, era stato

c.p.c..
Il secondo motivo denuncia omesso esame di un fatto decisivo
per il giudizio oggetto di discussione tra le parti in relazione
all’articolo 360 numero 5 c.p.c., censurando il decreto
impugnato per non aver tenuto conto della produzione in sede
di opposizione tanto della domanda che dei documenti probanti
le ragioni creditorie della banca, fatto storico questo risultante
dagli atti processuali ed oggetto di discussione tra le parti.
Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione
dell’articolo 99 della legge fallimentare in relazione all’articolo
360 numero 3 c.p.c., censurando la sentenza impugnata per
aver violato il consolidato principia secondo cui il giudizio di
opposizione allo stato passivo non è un giudizio di appello,
sicché «per la produzione di documenti a sostegno dell’istanza
di ammissione al passivo, non trova applicazione il divieto di
cui all’articolo 345 c.p.c., versandosi in un giudizio diverso da
quello ordinario di cognizione e non potendo la predetta
opposizione essere qualificata come un appello» (pagina 21 del

ricorso). Di guisa che, secondo la ricorrente, non poteva nel
caso di specie trovare applicazione il divieto di cui all’articolo
345, quarto comma, c.p.c., in base al quale nel giudizio di
appello non sono ammessi nuovi mezzi di prova e non possono
essere prodotti nuovi documenti, tanto più che essi erano stati
già depositati in sede di insinuazione al passivo.

Ric. 2016 n. 17055 sez. M1 – ud. 17-10-2017
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munito della dichiarazione di esecutorietà di cui all’articolo 647

RITENUTO CHE
4. — Il Collegio ha disposto l’adozione della modalità di
motivazione semplificata.

5. — Il ricorso va respinto.

Costituisce orientamento consolidato di questa Corte quello
secondo cui: «In assenza di opposizione, il decreto ingiuntivo
acquista efficacia di giudicato formale e sostanziale solo nel
momento in cui il giudice, dopo averne controllato la
notificazione, lo dichiari esecutivo ai sensi dell’art. 647 cod.
proc. civ. Tale funzione si differenzia dalla verifica affidata al
cancelliere dall’art. 124 o dall’art. 153 disp. att. cod. proc. civ.
e consiste in una vera e propria attività giurisdizionale di
verifica del contraddittorio che si pone come ultimo atto del
giudice all’interno del processo d’ingiunzione e a cui non può
surrogarsi il giudice delegato in sede di accertamento del
passivo. Ne consegue che il decreto ingiuntivo non munito,
prima della dichiarazione di fallimento, del decreto di
esecutorietà non è passato in cosa giudicata formale e
sostanziale e non è .opponibile al fallimento, neppure
nell’ipotesi in cui il decreto ex art. 647 cod. proc. civ. venga
emesso successivamente, tenuto conto del fatto che,
intervenuto il fallimento, ogni credito, deve essere accertato
nel concorso dei creditori ai sensi dell’art. 52 legge fall.» (Cass.

27 gennaio 2014, n. 1650; Cass. 31 gennaio 2014, n. 142112; in
precedenza tra le tante Cass. 23 dicembre 2011, n. 28553;
Cass. 13 marzo 2009, n. 6198).
A tale principio, che non v’è ragione di. riconsiderare, il giudice
di merito si è correttamente attenuto.
Gli altri due motivi sono inammissibili.
Ric. 2016 n. 17055 sez. M1 – ud. 17-10-2017
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È infondato il primo motivo.

Quanto al primo, occorre osservare che esso è stato impostato
erroneamente, dal momento che il «fatto» cui si riferisce il numero. 5 dell’articolo 360 è un preciso accadimento ovvero
una precisa circostanza in senso storico-naturalistico (Cass. n.
21152/2014), potendosi trattare di un fatto principale ex art.

estintivo, od anche di un fatto secondario, cioè un fatto
dedotto in funzione di prova di un fatto principalé (Cass. n.
2805/2011; Cass. n. 12990/2009): nel caso di specie la
mancata considerazione della documentazione prodotta
costituirebbe semmai un error in procedendo, per violazione
della regola posta dall’articolo 115 c.p.c. secondo cui il giudice
deve porre a fondamento della decisione le prove proposte
dalle parti, se non un errore revocatorio, non certo un vizio
motivazionale derivante dalla mancata considerazione di un
«fatto». Quanto al secondo è parimenti evidente l’erroneità del

riferimento al numero 3 dell’articolo 360 c.p.c., giacché il vizio
dedotto, ossia l’erronea applicazione del divieto di nova, riferito
alle nuove prove e documenti, posto dall’articolo 345 c.p.c. al
giudizio di opposizione allo stato passivo, costitui r ebbe
nuovamente vizio di attività inquadrabile nel numero 4, non
certo nel precedente numero 3, che concerne le violazioni della
legge sostanziale.
Ma, al di là di quanto precede, la statuizione di Inammissibilità
discende in questo caso dal rilievo che il. ricorrentè non ha
identificato la ratio decidendi posta a à-/5″stegno del decreto
impugnato, la quale non ha nulla ‘a che vedere con
l’inammissibilità delle produzioni documentali effettuate dalla
banca nella fase di opposizione allo stato .passivo, ma si
riassume nell’inammissibilità di domande nuove in tale sede,
motivata nel caso concreto sul rilievo che, in sede di istanza di
Ric. 2016 n. 17055 sez. M1 – ud. 17-10-2017
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2697 c.c., cioè un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o

ammissione, la banca aveva fatto valere il decreto ingiuntivo
senza alcun riferimento al rapporto sottostante, mentre, nella
‘fase di opposizione, aveva fatto valere il credito già azionato in
sede monitoria.
Orbene, al di là del rilievo che il vigente art. 99 della legge

passivo in senso inequivocabilmente impugnatorio, escludendo
quindi l’ammissibilità di domande nudve, non proposte nel
grado precedente (Cass. 15 febbraio 2016, n. 2917; Cass. 2
febbraio 2015, n. 1857; Cass. 30 marzo 2012, n. 5167; Cass.
22.- marzo_ 2010, n. 6900), sicché l’affermazione
dell’inammissibilità della domanda,-per quanto ritenuta nuova,
spiegata dalla banca in sede di opposizione, è per tale aspetto
conforme alla giurisprudenza di questa Corte, è agevole
osservare che la mancata identificazione della ratio decidendi
posta dal Tribunale a sostegno della propria decisione rende
perciò stesso inammissibile le due doglianze da ultimo
proposte.

6. — Le spese seguono la soccomben2a. Sussistono i
presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

PER QUESTI MOTIVI

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore
del controricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio
di legittimità, liquidate in . complessivi C 7100,00, di cui C
100,00 per esborsi, oltre spese generali nelle misun del 15% e
quant’altro dovuto per legge, dichiarando, ai sensi dell’articolo
13, comma 1 quater, del d.p.r. numero 115 del 2002, la
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della
stessa ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
Ric. 2016 n. 17055 sez. M1 – ud. 17-10-2017
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fallimentare configura il giudizio di opposizione allo stato

unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma
1 bis dello stesso articolo 13.

Così deciso in Roma il 17 ottobre 2017.

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