Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29973 del 31/12/2020

Cassazione civile sez. lav., 31/12/2020, (ud. 24/07/2020, dep. 31/12/2020), n.29973

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2685/2020 proposto da:

O.S., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato MARIACRISTINA TRIVISONNO;

– ricorrente –

contro

PREFETTURA UFFICIO TERRITORIALE GOVERNO CAMPOBASSO;

– intimata –

avverso l’ordinanza n. 127/2019 del GIUDICE DI PACE di CAMPOBASSO,

depositata il 04/12/2019, R.G.N. 1635/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24/7/2020 dal Consigliere Dott. PAGETTA ANTONELLA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. con provvedimento pubblicato il 4.12.2019 il Giudice di Pace di Campobasso ha respinto il ricorso con il quale O.S., cittadino (OMISSIS), ha impugnato il decreto di espulsione del Prefetto della Provincia di Campobasso;

1.1. la statuizione di rigetto, per quel che qui rileva, è stata fondata sulla considerazione che: a) il provvedimento di espulsione era stato legittimamente sottoscritto dal dirigente di Prefettura munito di idonea delega dal Prefetto, secondo quanto evidenziato nella nota della Prefettura prodotta in giudizio e non contestata dalla controparte; b) tale provvedimento era adeguatamente motivato risultando esposte le violazioni contestate ed i motivi che ne avevano giustificato l’adozione (revoca del permesso di soggiorno da parte del Questore, assenza di documentazione comprovante la impugnazione del decreto del Tribunale che aveva respinto il ricorso avverso la decisione della competente Commissione territoriale che aveva negato la richiesta protezione internazionale, dichiarazione del ricorrente di non voler tornare nel paese d’origine, mancata richiesta di un termine per la partenza volontaria, assenza di documentazione attestante la disponibilità di un alloggio e di prova di garanzie finanziarie provenienti da fonte lecita); c) era da escludere il rischio di sottoposizione a persecuzioni e discriminazioni in caso di rientro nel Paese d’origine stante la insussistenza nella zona di provenienza del ricorrente di situazioni tali da giustificare il rischio effettivo di grave danno ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14;

2. O.S., ha chiesto la cassazione della decisione sulla base di due motivi; la Prefettura – Ufficio del governo di Campobasso, non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, e della L. n. 241 del 1990, art. 21 octies, nonchè omesso esame di fatti decisivi per il giudizio e violazione del diritto di difesa. Assume genericità di motivazione per non avere il Giudice di Pace considerato la situazione del ricorrente in relazione a specifiche circostanze allegate nel ricorso in opposizione, quali la esistenza di un rapporto di lavoro e l’intestazione di un contratto di locazione, e il fatto che vi era stata proposizione del ricorso per cassazione avverso il decreto del Tribunale che confermava il rigetto della decisione della Commissione territoriale della domanda di protezione internazionale; premesso, inoltre, che compete esclusivamente al Prefetto l’adozione del provvedimento di espulsione, assume che ai fini dell’imputabilità dell’atto alla figura prefettizia occorreva la indicazione nel decreto di espulsione della esistenza del provvedimento che legittimava la sostituzione e la provenienza dal soggetto cui è attribuito il relativo potere risultando a tal fine insufficiente la sola indicazione, in calce all’atto, del provvedimento n. 76791/2016; la Prefettura nel costituirsi aveva l’onere di depositare l’atto anzichè limitarsi a citarlo nella propria nota di costituzione;

2. con il secondo motivo di ricorso deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 1.1 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, lett. a) e c) e comma 5. Censura la decisione per avere omesso ogni valutazione individuale in ordine alle conseguenze di un eventuale rimpatrio nel Paese di origine ed assume la genericità del riferimento alla decisione reiettiva della Commissione Territoriale; il Giudice di Pace aveva omesso di accertare in concreto la esistenza dei presupposti che avevano legittimato l’adozione del provvedimento impugnato risultando completamente ignorati sia i fatti pertinenti relativi al Paese di provenienza sia la situazione individuale e le circostanze personali quali l’effettività dell’inserimento sociale e lavorativo secondo quanto specificamente rappresentato nel procedimento oppositivo all’espulsione;

3. il primo motivo di ricorso è da respingere in tutte le censure articolate;

3.1. è innanzitutto infondata la censura che ascrive al provvedimento impugnato genericità di motivazione sulla doglianza intesa a lamentare il difetto di istruttoria e di motivazione del provvedimento espulsivo; il Giudice di Pace ha, infatti, dato atto che nel decreto di espulsione vi era specifica indicazione sia delle violazioni contestate sia delle ragioni alla base dell’espulsione e che queste concernevano specifiche circostanze di fatto riferite alla situazione personale dell’odierno ricorrente; tali circostanze non erano state contrastate dalla documentazione versata in atti dal ricorrente in opposizione;

3.2. la denunzia di vizio motivazionale non è articolata in conformità dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per la dirimente considerazione che i fatti di rilevanza decisiva (assunzione a tempo indeterminato e disponibilità di un alloggio attestata dal contratto di locazione) dei quali si assume l’omesso esame, non sono evocati nel rispetto delle previsioni di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, come prescritto (ex plurimis, Cass. n. 8053/2014), ma solo mediante rinvio alla documentazione allegata (v. ricorso pag. 5, penultimo cpv. ed inoltre pag. 4) o, addirittura, senza specificare se ed in che termini era stata formulata la relativa allegazione davanti al Giudice di Pace (v. per il riferimento alla proposizione del ricorso per cassazione avverso la conferma da parte del Tribunale del diniego della protezione internazionale);

3.3. la doglianza incentrata sul difetto di delega del Prefetto di Campobasso al dirigente che ha sottoscritto il decreto di espulsione è inammissibile in quanto in tema di espulsione del cittadino straniero, la mancata sottoscrizione del decreto di espulsione da parte del Prefetto ovvero la carenza di delega in favore di un Viceprefetto determina l’illegittimità del provvedimento e non già la sua inesistenza, dovendo, quindi, tale vizio essere fatto valere mediante il ricorso in opposizione dall’interessato (Cass. n. 5873/2020);

4. è infondato il secondo motivo di ricorso;

4.1. il Giudice di Pace ha ritenuto insussistente il rischio di persecuzioni e discriminazioni in caso di rientro nel Paese di origine richiamando l’accertamento operato dalla Commissione Territoriale e dal Tribunale di Campobasso in sede di istanza di protezione internazionale;

4.2. il motivo in esame, laddove denunzia violazione e falsa applicazione di norme di diritto risulta inammissibile perchè la relativa modalità di deduzione non è conforme all’insegnamento di questa Corte secondo il quale il motivo con cui si denunzia il vizio della sentenza previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 3, deve essere dedotto, a pena di inammissibilità, non solo mediante la puntuale indicazione delle norme assuntivamente violate, ma anche mediante specifiche e intelligibili argomentazioni intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie, diversamente impedendosi alla Corte di Cassazione di verificare il fondamento della lamentata violazione (Cass. n. 24298/2016, n. 5353/2007, n. 11501/2006);

4.3. la confutazione dell’accertamento di fatto del Giudice di Pace, motivato con rinvio per relationem alla decisione di rigetto della domanda di protezione internazionale da parte della CTP ed alla conferma di tale decisione da parte del Tribunale è inammissibile sia in quanto intesa ad incrinare una valutazione riservata al giudice di merito sia in quanto, comunque, affidata alla generica evocazione, di fonti delle quali il ricorso non esplicita il contenuto con riferimento al contesto di provenienza dell’ O.;

4.4. parimenti inammissibile è il riferimento alla effettività dell’inserimento sociale e lavorativo sia in quanto profilo attinente al merito sia in quanto le risultanze probatorie dalle quali emergerebbero tali circostanze non sono evocate nel rispetto degli oneri prescritti dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6; parte ricorrente non ha, infatti, trascritto nè allegato al ricorso – nel rispetto del cd. principio di autosufficienza (art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4) – gli atti ed i documenti dai quali emergevano le richiamate circostanze, al fine di consentire alla Corte di delibare, sulla base del solo atto introduttivo del presente giudizio, la fondatezza, o meno, della censura proposta in relazione alla pericolosità dell’istante. Tale rilievo non consente, pertanto, di tenere conto dei, pur corretti, principi di diritto enunciati a proposito dal ricorrente, attesa l’impossibilità di applicarli correttamente alla fattispecie concreta, i cui dati fattuali sono stati dal che deriva l’inammissibilità delle censure – del tutto omessi. Ed invero, va osservato, al riguardo, che il ricorrente che intenda censurare la violazione o falsa applicazione di norme di diritto deve indicare e trascrivere nel ricorso, a pena di inammissibilità, anche i riferimenti di carattere fattuale in concreto condizionanti gli ambiti di operatività della violazione denunciata (cfr. Cass. n. 15910/2005, Cass. n. 7846/2006, Cass. n. 16872/2014, Cass. n. 9888/2016).

5. non si fa luogo al regolamento delle spese di lite non avendo la Prefettura – Ufficio del governo di Campobasso svolto attività difensiva.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese.

Rilevato che dagli atti il processo risulta esente, non si applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 31 dicembre 2020

 

 

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