Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29972 del 19/11/2019

Cassazione civile sez. trib., 19/11/2019, (ud. 11/09/2019, dep. 19/11/2019), n.29972

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. PEPE Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19530-2C15 proposto da:

ASCIT SERVIZI AMEIENTALI SPA, in persona del Presidente e legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA

DELL’EMPORIO 16/A, presso lo studio dell’avvocato GIANLUCA BALDACCI,

che la rappresenta e difende, giusta procura in calce;

– ricorrente –

contro

OFFICINA MECCANICA – B. & S. SNC, in persona del

legale rappresentante carica, con domicilio eletto in ROMA PIAZZA

CAVOUR presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’Avvocato MICHELE LAI, giusta procura a

margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza h. 961/2014 della CGMM.TRIB.REG. di FIRENZE,

depositata il 14/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/09/2019 dal Consigliere Dott. BALSAMO MILENA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE GIOVANNI che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato GUIZZI per delega dell’Avvocato

BALDACCI che si riporta agli scritti;

udito per contro ricorrente l’Avvocato LAI che ha chiesto il rigetto

ciel ricorso.

Fatto

ESPOSIZIONE DEL FATTO

1.La controversia in oggetto trae origine dalla notifica, in data 23.01.2006, alla società Officina Meccanica B. & S. snc, per conto del Comune di Capannori, da parte di ASCIT Servizi Ambientali S.p.A. (di seguito, per brevità, ASCIT), quale società incaricata del pubblico servizio di gestione dei rifiuti urbani, di avvisi di accertamento per tariffa d’igiene ambientale (TIA), relativi agli anni 2001, 2002, 2003, 2004 e 2005 per i locali di proprietà della società contribuente, ubicati nel Comune di Capannori, per un importo complessivo di Euro 16.010,42, compresa IVA, tributo provinciale nella misura del 4%, interessi di mora e penalità.

Gli avvisi di accertamento furono impugnati con ricorso dalla società contribuente dinanzi alla CTP di Lucca, che lo dichiarò inammissibile, ritenendolo tardivo, in quanto proposto oltre il termine perentorio di sessanta giorni dalla notifica degli avvisi, considerando interrotta la sospensione di tale termine, dovuta alla presentazione dell’istanza da parte della contribuente di accertamento con adesione, dal momento della sottoscrizione del verbale di mancato accordo.

Sull’appello proposto dalla società contribuente avverso detta pronuncia, la CTR della Toscana confermò la decisione di primo grado.

Avverso detta sentenza la contribuente propose ricorso per cassazione definito con sentenza n. 2858/2012 che accoglieva il ricorso della società contribuente. Con ricorso D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 63 e art. 392 c.p.c., l’Officina riassumeva il giudizio innanzi alla CTR della Toscana, reiterando le difese svolte in primo grado, assumendo la non tassabilità delle aree inidonee a produrre rifiuti urbani, ma rifiuti speciali smaltiti privatamente e non assimilabili, l’illegittimità dei coefficienti applicati nella determinazione della TIA e dell’applicazione dell’Iva sulla TIA.

La CTR della Toscana con sentenza n. 961/9/2014 accoglieva il ricorso della società contribuente, ritenendo non applicabile la quota variabile alle superficie produttive di rifiuti speciali non assimilabili.

Avverso detta sentenza la società Ascit Servizi Ambientali propone ricorso per cassazione, affidato a nove motivi, illustrati con memorie ex art. 378 c.p.c. La società contribuente intimata resiste con controricorso.

All’udienza dell’8.02.2019, la Corte rinviava a nuovo ruolo per l’acquisizione del fascicolo del merito.

La Procura generale conclude per l’accoglimento del ricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2.Con il primo motivo la ricorrente deduce in rubrica ” Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, artt. 21 e 49, nonchè del regolamento del Comune di Capannori, approvato con delibera di c.c. n. 65/1998, n. 11/2001, n. 28/2004, nonchè del Regolamento di Capannori in vigore all’epoca del periodo considerato”, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Viene censurata la decisione nella parte in cui, dopo avere riconosciuto che la quota fissa della TIA è sempre e comunque dovuta in base ai rifiuti urbani prodotti, ha, – si sostiene erroneamente,- ritenuto ed affermato, che la normativa statuale, che attualmente regola la materia impone di ritenere esentata dal pagamento della tariffa l’impresa che dimostri che i rifiuti prodotti nel proprio stabilimento, nell’esercizio della specifica attività, vengono smaltiti in proprio, restando salva la facoltà del Comune, – che accerti la promiscuità dei rifiuti (urbani e speciali) prodotti su tali aree,- di pretendere “anche la quota variabile previa riduzione”.

Nel dichiarare non soggetti alla quota variabile della TIA i locali ove si producono rifiuti speciali, la CTR ha ritenuto che, nel caso di specie, la società contribuente avesse sempre dichiarato e dimostrato di aver prodotto rifiuti speciali non assimilati e di avere provveduto a proprie cura e spese allo smaltimento, in forza di ciò concludendo, quindi, che le superfici della società destinate alla produzione, nelle quali sono prodotti rifiuti speciali, e non accertati rifiuti urbani o assimilati, non sono soggette alla quota variabile, ma solo a quella fissa.

In particolare, la concessionaria attinge la decisione impugnata nella parte in cui con riferimento agli anni 2001-2003, il decidente non si è avveduto che gli avvisi prevedevano già l’esonero dalla quota variabile per le superficie adibite ad officina e laboratorio, mentre per gli anni 2004-2005 i giudici regionali hanno qualificato i rifiuti prodotti dalla officina come speciali non assimilati, in contrasto con la documentazione prodotta dalla quale si evince che i rifiuti prodotti rientrano nella lett. A) della delibera del comitato interministeriale, trattandosi dunque di rifiuti speciali assimilati per i quali non è prevista l’esenzione dalla quota variabile, ma solo una riduzione laddove essi siano avviati al recupero.

Esonero subordinato, tuttavia, all’assolvimento di un preciso onere previsto dagli artt. 23 e 24 del Reg. com. per l’anno 2004 e per l’anno 2005, che esigono che gli interessati producano all’ente gestore un’autocertificazione con allegato il cd. MUD, compilato coi dati necessari a consentire all’amministrazione di ricavare la percentuale di rifiuti avviati al recupero sulla quantità totale dei rifiuti assimilati, prodotti nell’unità locale. Onere che, nella specie, non sarebbe stato assolto dal contribuente.

3. Con la seconda censura si lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo in giudizio, individuato nella discrasia tra le risultanze documentali e l’affermazione del decidente secondo il quale la contribuente aveva dimostrato di aver smaltito in proprio i rifiuti speciali non assimilabili, circostanza contestata espressamente nelle memorie depositate nel giudizio di appello il 22.10.2009(pagg 29-33 dell’atto di costituzione in riassunzione del 3.03.2014) ed ignorata dalla CTR.

4.Con il terzo motivo, si lamenta assenza di motivazione, ex art. 360 c.p.c., n. 5, per avere i giudici territoriali affermato che la società “ha dimostrato di produrre rifiuti speciali non assimilati e di aver provveduto a proprie cure e spese allo smaltimento”, senza motivare adeguatamente il procedimento logico seguito, atteso che alcuna documentazione attestante la produzione di rifiuti speciali non assimilati fosse stata prodotta in giudizio.

5. Con il quarto mezzo, la concessionaria ASCIT deduce omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, per avere i giudici di secondo grado trascurato di valutare la natura assimilata dei rifiuti, elemento decisivo ai fini del giudizio.

6. Con il quinto motivo si lamenta error in procedendo per avere i giudici territoriali dato ingresso nel giudizio di rinvio alla produzione di nuovi documenti in violazione dell’art. 394 c.p.c., D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 63,57 e 58, quali il MUD del 2005 ed il prospetto riepilogativo delle superfici

7. Con il sesto motivo si censura error in procedendo per violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. con riferimento alla condanna alle spese di lite poste a carico dell’Ascit nonostante la non integrale soccombenza.

8. Con il settimo motivo si lamenta error in procedendo per violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere la CTR riconosciuto l’esonero dalla quota variabile in difetto di una specifica domanda sul punto, atteso che l’Officina aveva chiesto in primo grado oltre alla disapplicazione del Regolamento TIA del comune anche l’annullamento degli atti di accertamento, invocando in via subordinata la rideterminazione dell’importo della TIA dovuta in base all’area effettivamente assoggettabile, oltre alla non debenza dell’iva, delle penalità e degli interessi di mora.

8. Con l’ottavo mezzo si lamenta violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 3,L. n. 133 del 1999, art. 6, comma 13 e del D.M. n. 370 del 2000 con riferimento al mancato assoggettamento ad IVA della Tia

9. Con l’ultimo mezzo, si eccepisce la tardività del ricorso del contribuente, sul rilevo – non coperto dal giudicato in quanto non esaminato dalla Corte – che si era tenuto conto nell’intero periodo di 90 giorni anche del periodo di sospensione feriale che invece non poteva essere considerato.

10. Appare preliminare esaminare l’eccezione di tardività del ricorso originario, proposto con l’ultima censura, che, ad avviso del difensore della concessionaria, non è coperto dal giudicato della sentenza di questa Corte che avrebbe esaminato solo la questione della decorrenza dei termini impugnatori dal verbale di mancato accordo, senza vagliare l’eccezione – pure sollevata in primo grado – secondo la quale non poteva calcolarsi nel termine di impugnativa il periodo di sospensione feriale.

11. La censura è inammissibile

La sentenza di questa Corte – n. 2858 del 2012 – che ha cassato la sentenza della CTR – la quale aveva dichiarato l’improcedibilità del ricorso – ha statuito che il termine di legge (60 più 90 per la sospensione in relazione all’istanza di adesione) risultava osservato, con la conseguenza che coprendo il giudicato sia il dedotto che il deducibile in relazione al medesimo oggetto, riguardando non solo le ragioni giuridiche e di fatto esercitate in giudizio ma anche tutte le possibili questioni, proponibili in via di azione o eccezione, che, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono precedenti logici, essenziali e necessari, della pronuncia, la questione non può essere più eccepita dalla parte nè rilevata dal giudice di rinvio (Cass. n. 25745/2017; n. 3488 del 2016).

12. Occorre considerare preliminarmente che, in virtù del principio della ragione più liquida (che consente di modificare l’ordine logico-giuridico delle questioni da trattare di cui all’art. 276 c.p.c., in adesione alle esigenze di celerità del giudizio e di economia processuale di cui agli artt. 24 e 111 Cost., posto che l’accertamento della sussistenza di eventuali motivi di inammissibilità, anche se logicamente preliminare, non potrebbe in ogni caso condurre ad un esito del giudizio più favorevole per il convenuto: Cass. 19 giugno 2017, n. 15064; Cass. 18 novembre 2016, n. 23531) appare opportuno esaminare innanzitutto il merito della questione sollevata con la terza censura.

15.11 terzo motivo, che può essere esaminato congiuntamente al secondo ed al quarto mezzo, attenendo alla medesima questione, è fondato nei limiti della dedotta carenza motivazionale della sentenza, assorbiti il primo ed il sesto motivo, sebbene il profilo censurato debba essere qui riguardato alla luce della nuova e più stringente disciplina di cui al D.L. n. 83 del 2012 convertito con modificazioni nella L. n. 134 del 2012 (sentenza CTR pubblicata dopo l’11 settembre 2012).

Va rilevato che in concreto le censure hanno posto in luce l’assoluta mancanza di motivazione della sentenza, vizio che si risolve in una violazione dell’art. 132 c.p.c. ricadendo nell’ambito dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Questa corte ha rilevato come “in tema di provvedimenti del giudice, ricorre il vizio di omessa pronuncia laddove il giudicante emetta una decisione sostanzialmente priva di argomenti coerenti, con motivazione figurativa e meramente apparente” (così, in seguito, Cass. n. 12928/14; Cass. ord. n. 21257/14; Cass. 2498/15; Cass. 4882/2016; Cass. n.. 26538 del 2017; Cass. n. 9105 del 2017; Cass. n. 2712/2018) e tale deve invero ritenersi la motivazione della sentenza oggetto di gravame che non ha in realtà messo in condizione parte ricorrente di conoscere l’iter logico-argomentativo e giuridico seguito e posto a fondamento della decisione.

Nella specie, i giudici regionali con enunciati meramente assertivi e apparenti hanno affermato apoditticamente, che ” la contribuente ha sempre dichiarato e dimostrato di avere prodotto rifiuti speciali e di avere provveduto a propria cura e spese allo smaltimento”.

Nel caso, infatti, la CTR fa generico riferimento ai MUD prodotti, sebbene la ricorrente, con il secondo motivo di censura assume che la documentazione prodotta era inidonea ad attestare la produzione di rifiuti speciali non assimilati, nè il relativo smaltimento a propria cura e spese tramite ditta autorizzata, e quant’altro indispensabile per ritenere assolto l’onere probatorio sulla stessa incombente, circostanze che sarebbero state dibattute nel giudizio di merito (all’uopo, indicando la ricorrente specificamente gli atti in cui dette contestazioni risultano dedotte) (Cass. n. 16247/2018; N. 26538 del 2017 Rv. 646837 – 01, N. 9105 del 2017).

La sentenza, del tutto omettendo di porre a fondamento della sua motivazione gli elementi fattuali emersi nel giudizio di primo grado, sia attraverso le allegazioni delle parti che attraverso la documentazione prodotta, ha fornito una personale e non obiettiva valutazione della vicenda processuale, del tutto priva di qualsivoglia correlazione con le effettive risultanze della causa di primo grado, di cui ha omesso qualsiasi riferimento.

L’espressione utilizzata dalla CTR, in buona sostanza, si rivela insufficiente a rendere conto del procedimento logico sottostante, in quanto non è detto da quali elementi la valutazione afferente sia stata tratta, ragion per cui impinge nel denunciato vizio di omessa o apparente motivazione.

16. Il quinto mezzo del ricorso, per delibare il quale è stato necessario acquisire il fascicolo del merito, è da respingere.

Non trova applicazione, nel caso di specie, infatti, il principio per cui nel giudizio di rinvio, configurato dall’art. 394 c.p.c. quale giudizio ad istruzione sostanzialmente “chiusa”, è preclusa l’acquisizione di nuove prove, e segnatamente la produzione di nuovi documenti, salvo che la loro produzione non sia giustificata da fatti sopravvenuti riguardanti la controversia in decisione, da esigenze istruttorie derivanti dalla sentenza di annullamento della Corte di cassazione o dall’impossibilità di produrli in precedenza per causa di forza maggiore(Cass. n. 26108/2018; n. 19424 del 2015).

Ed infatti, sebbene nel ricorso originario l’ente contribuente abbia dedotto di allegare i MUD dal 2001 al 2005, nella produzione di parte sono rinvenibili solo i MUD dal 2001 al 2004, (mentre quello del 2005 risulta prodotto anche nel giudizio di rinvio).

Ebbene, il ricorso originario contiene il riferimento a documenti allegati, ivi compresi i MUD dal 2011 al 2005, l’ultimo dei quali risulta mancante dalla produzione di parte; tuttavia, non risulta che, nel corso nel giudizio di primo grado, la controparte abbia contestato la mancata produzione dei documenti richiamati nel ricorso, tant’è che nella trascrizione, nel corpo del ricorso per cassazione, dell’atto di costituzione dell’Ascit, si legge che “quanto ai modelli MUD prodotti dalla contribuente, Ascit eccepiva che nessuno degli adempimenti previsti dall’art. 23 del regolamento per l’applicazione della TIA risultava eseguito, non spettando le riduzioni richieste….”.

Solo nel giudizio di appello, la società Ascit eccepiva la “frammentarietà della documentazione prodotta” e l’assenza di documentazione con riferimento all’annualità 2005; eccependo, nel giudizio di riassunzione, l’inammissibilità della nuova produzione documentale (MUD 2005).

In tale situazione, il giudice di appello, se non avesse pronunciato l’inammissibilità del ricorso originario, avrebbe dovuto rimettere la causa sul ruolo ed invitare l’attore ad allegare nuovamente i documenti. Secondo la giurisprudenza di legittimità, il mancato rinvenimento, al momento della decisione della causa, di documenti che la parte invoca, comporta che il giudice ne disponga la ricerca di essi con i mezzi a sua disposizione (v. Cass. civ., n. 10598/2001; n. 4998/2007;n. 3034/2015).

Mentre il giudice di rinvio avrebbe dovuto verificare l’originaria allegazione dei documenti con il ricorso introduttivo e valutare il contegno processuale della parte resistente, la quale, solo tardivamente si doleva della mancanza del documento, peraltro prodotto o riprodotto correttamente nel giudizio di rinvio (produzione che altrimenti avrebbe dovuto ordinare la CTR).

17.Destituito di fondamento è altresì il settimo motivo del ricorso, comprendendo la richiesta di annullamento degli avvisi anche l’accertamento sull’applicabilità delle singole parti che compongono la tariffa; il che peraltro trova conferma nella domanda in via subordinata proposta dal contribuente, finalizzata alla rideterminazione dell’importo della tariffa dovuta in base all’area effettivamente assoggettabile.

18.Del pari, priva di pregio è l’ottava censura del ricorso.

La quinta sezione di questa Corte, con orientamento costante ha affermato:” la tariffa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, istituita dal D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 49, non è assoggettabile ad IVA, in quanto essa ha natura tributaria, mentre l’imposta sul valore aggiunto mira a colpire una qualche capacità contributiva che si manifesta quando si acquisiscono beni o servizi versando un corrispettivo, in linea con la previsione di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 3, non quando si paga un’imposta, sia pure destinata a finanziare un servizio da cui trae beneficio il medesimo contribuente (Sentenza n. 3293 del 02/03/2012; Sez. 5, Sentenza n. 3756 del 09/03/2012; Sez. 5, Sentenza n. 5831 del 13/04/2012).

Le S.U., con sentenza n. 5078 del 15/03/2016, hanno definitivamente ribadito la natura tributaria della tariffa (TIA) ed hanno escluso l’elemento di sinallagmaticità del rapporto tra soggetto prestatore del servizio ed utenti, difettando una funzione di scambio tra servizio che assolve ad esigenze pubbliche generali e valore tariffario applicato, essendo imposto all’utente il prelievo anche in assenza di controprestazione.

Tale determinazione trova il suo fondamento negli elementi autoritativi che caratterizzano la cd. TIA, elementi costituiti dall’assenza di volontarietà nel rapporto fra gestore ed utente, dalla totale predeterminazione dei costi da parte del soggetto pubblico – essendo irrilevanti le varie forme di attribuzione a soggetti privati di servizi (ed entrate) pubblici – nonchè dall’assenza del rapporto sinallagmatico a base dell’assoggettamento ad IVA (D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 3 e 4).

Questo indirizzo è altresì conforme all’art. 13 della direttiva 2006/112 CE secondo cui “Gli Stati, le regioni, le province, i comuni e gli altri enti di diritto pubblico non sono considerati soggetti passivi per le attività od operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità, anche quando, in relazione a tali attività od operazioni, percepiscono diritti, canoni, contributi o retribuzioni”-.

18. Conclusivamente, vanno accolti, nei limiti del profilo motivazionale, il secondo, il terzo ed il quarto motivo del ricorso, assorbiti il primo ed il sesto motivo e rigettate tutte le altre censure.

Cassata l’impugnata sentenza, in relazione ai profili di censura accolti, la causa va rinviata ad altra sezione della CTR della Toscana, la quale procederà al riesame e, quindi, adeguandosi ai richiamati principi, deciderà nel merito ed anche sulle spese del presente giudizio di legittimità, offrendo congrua motivazione.

P.Q.M.

La Corte:

– accoglie il ricorso con riferimento alla seconda, terza, quarta e quinta censura, assorbiti il primo ed il sesto motivi e respinti gli altri; cassa la sentenza impugnata e, rinvia alla CTR della Toscana in altra composizione che deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione tributaria della Corte di Cassazione, il 11 settembre 2019.

Depositato in cancelleria il 19 novembre 2019

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