Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29971 del 31/12/2020

Cassazione civile sez. lav., 31/12/2020, (ud. 24/07/2020, dep. 31/12/2020), n.29971

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5545/2020 proposto da:

T.A., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato PIETRO SGARBI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

PREFETTURA, UFFICIO TERRTORIALE DEL GOVERNO DI ANCONA, in persona

del Prefetto pro tempore, rappresentati e difesi dall’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO presso cui Uffici domiciliano in ROMA, ALLA VIA

DEI PORTOGHESI 12, ope legis;

– controricorrenti –

avverso l’ordinanza n. 201/2019 del GIUDICE DI PACE di ANCONA,

depositata il 11/12/2019, R.G.N. 701/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24/7/2020 dal Consigliere Dott. PATTI ADRIANO PIERGIOVANNI.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. con decreto 11 dicembre 2019, il Giudice di Pace di Ancona rigettava il ricorso proposto da T.A., cittadino (OMISSIS), avverso il decreto di espulsione 6 marzo 2019 del Prefetto di Ancona, previo l’accertamento della concreta conoscenza del provvedimento espulsivo per avere il predetto affermato di voler ricevere le notifiche riguardanti il procedimento in lingua inglese e di conoscere quella italiana (sulla scorta del foglio notizie contenente le sue dichiarazioni e la circostanza della lunga permanenza in Italia), per l’irrilevanza della presentazione dal medesimo di una nuova domanda di riconoscimento della protezione internazionale (successiva ad una prima, rigettata dalla Commissione Territoriale di Ancona e non impugnata), dopo la notificazione del decreto di espulsione, in quanto provvedimento obbligatorio a carattere vincolato sindacabile dal giudice ordinario nei soli limiti di ricorrenza dei requisiti per la sua emanazione, non pregiudicato nell’esame dall’accertamento delle condizioni per un titolo di soggiorno autonomamente richiesto, in assenza di alcun vincolo di pregiudizialità con l’impugnazione del primo che ne comporti la sospensione, a norma dell’art. 295 c.p.c.;

2. con atto notificato il 10 febbraio 2020, lo straniero ricorreva per cassazione con unico motivo, illustrato da memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c.; il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Ancona resistevano con unico controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. il ricorrente deduce violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 13, 19, art. 24 Cost., artt. 3 e 8 CEDU, nullità dell’ordinanza o del procedimento, omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in riferimento ai presupposti di inespellibilità del ricorrente, entrato in Italia nel giugno 2014, fuggendo dall’Ucraina per non prestare il servizio di leva alle armi cui più volte era stato chiamato, per richiedere protezione internazionale con domanda reiterata, in ragione della perdurante situazione di conflittualità e di grave violazione dei diritti umani nel proprio Paese, fornendo di ciò ampia documentazione, in relazione alla propria condizione personale di rischio: posto che, in caso di rimpatrio forzoso, egli sarebbe stato incarcerato quale renitente alla leva per obiezione di coscienza; che il Giudice di Pace non ha affatto esaminato una tale situazione, nonostante il divieto di espulsione, a norma del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, in caso di rischio di persecuzione nel Paese di origine (deducibile per la prima volta anche nel giudizio di impugnazione della misura espulsiva prevista dall’art. 13 D.Lgs. cit.), per valutarla comparativamente con il grado di integrazione proprio e dei suoi familiari nel territorio nazionale (unico motivo);

2. il motivo è fondato;

2.1. il decreto di espulsione impugnato non ha affatto esaminato, come invece avrebbe dovuto, le condizioni soggettive ed oggettive specificamente prospettate, con particolare riferimento al dedotto rischio personale, in caso di rimpatrio forzoso (Cass. 3 aprile 2019, n. 9304; Cass. 15 maggio 2019, n. 13079), di carcerazione quale renitente alla leva per obiezione di coscienza, affatto presa in considerazione dal Giudice di Pace nonostante il divieto di espulsione, a norma del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 1;

2.2. esso si è infatti limitato ad affermare la natura obbligatoria a carattere vincolato del provvedimento di espulsione, rispetto al quale il giudice ordinario, dinanzi al quale esso sia impugnato, deve controllare unicamente l’esistenza, al momento dell’espulsione, dei requisiti di legge che ne impongono l’emanazione (a pg. 3), senza alcuna valutazione comparativa;

2.3. in relazione all’istituto del divieto di espulsione o respingimento stabilito dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 1, questa Corte reputa sufficiente, in sede di opposizione alla misura espulsiva, che vi sia l’allegazione da parte dello straniero opponente del concreto pericolo di essere sottoposto a persecuzione o a trattamenti inumani e/o degradanti in caso di rimpatrio nel Paese d’origine, in quanto la citata norma di protezione introduce una misura umanitaria a carattere negativo, che conferisce al beneficiario il diritto a non vedersi nuovamente immesso in un contesto di elevato rischio personale (Cass. 17 febbraio 2020, n. 3875);

2.4. detta norma postula che il giudice di pace, in sede di opposizione alla misura espulsiva, esamini e si pronunci sul concreto pericolo, prospettato dall’opponente, di subire persecuzione o trattamenti inumani e/o degradanti in ipotesi di rimpatrio nel paese di origine (Cass. 8 aprile 2019, n. 9762);

3. pertanto il ricorso deve essere accolto, con la cassazione del decreto impugnato e rinvio, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, al Giudice di Pace di Ancona in persona di diverso giudicante.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, al Giudice di Pace di Ancona in persona di diverso giudicante.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 24 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 31 dicembre 2020

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