Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29970 del 31/12/2020

Cassazione civile sez. lav., 31/12/2020, (ud. 24/07/2020, dep. 31/12/2020), n.29970

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3814/2020 proposto da:

O.S., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato STEFANO MAZZEO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, PREFETTURA DELLA PROVINCIA DI ALESSANDRIA;

– intimati –

avverso l’ordinanza del GIUDICE DI PACE di ALESSANDRIA, depositata il

02/07/2019 R.G.N. 994/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24/7/2020 dal Consigliere Dott. PATTI ADRIANO PIERGIOVANNI.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. con ordinanza 2 luglio 2019 comunicata in pari data, il Giudice di Pace di Alessandria rigettava il ricorso proposto da O.S. avverso il decreto di espulsione 21 maggio 2019 del Prefetto di Alessandria, per l’avvenuta scadenza (il 30 luglio 2018) del permesso di soggiorno, del quale non aveva documentato nè offerto di provare la richiesta di rinnovo, essendosi limitato all’esclusiva produzione di una copia fotostatica non autenticata di una ricevuta di presentazione della domanda di rinnovo datata 5 luglio 2018, asserendone l’avvenuta concessione, tuttavia indimostrata; nè infine essendo stata richiamata nel provvedimento impugnato alcuna “intervista”, che il predetto contestava di avere mai rilasciato;

2. con atto notificato il 31 gennaio 2020, lo straniero ricorreva per cassazione con unico motivo; il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Alessandria, ritualmente intimati per la notificazione del ricorso, ai sensi della L. n. 53 del 1994, art. 3 bis non svolgevano difese.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. il ricorrente deduce nullità della decisione, in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, art. 118 disp. att. c.p.c., art. 115 c.p.c., art. 111 Cost., per motivazione apparente, omesso esame di un fatto decisivo in riferimento al materiale probatorio offerto dal ricorrente e violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 8, artt. 112,115,116 c.p.c., per la mancanza delle ragioni di fatto e di diritto alla base della decisione impugnata, così da non renderne comprensibile il senso, senza alcun esame della censurata carenza istruttoria del provvedimento prefettizio in ordine alla situazione familiare e lavorativa del ricorrente: essendosi il Giudice di Pace limitato a rigettare il ricorso “perchè non sufficientemente provato nonostante la contumacia della Prefettura, che avrebbe potuto/dovuto… provare l’inesistenza o la tardività della domanda di rinnovo atteso che il ricorrente non avrebbe comprovato l’avvenuta protocollazione con apposito documento idoneo nei termini di legge” (unico motivo);

2. esso è inammissibile;

3. anche a volerla ritenere una critica (al penultimo capoverso di pg. 6 del ricorso) alla ratio decidendi dell’ordinanza, di assenza di prova di avvenuto rinnovo del documento (all’ultimo capoverso di pg. 1), avendo in essa il Giudice di Pace dato semplicemente atto dell’esclusiva produzione di una copia fotostatica non autenticata di una ricevuta di presentazione di domanda di rinnovo datata 5 luglio 2018, con asserita avvenuta concessione, tuttavia indimostrata (al penultimo capoverso di pg. 1), la doglianza non integra una nullità dell’ordinanza;

3.1. ed infatti, il provvedimento impugnato non è privo di una sia pur succinta esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione impugnata, la cui assenza configura motivo di nullità, quando non sia possibile, come invece è nel caso di specie, individuare il percorso argomentativo della pronuncia giudiziale, funzionale alla sua comprensione e alla sua eventuale verifica in sede di impugnazione (Cass. 20 gennaio 2015, n. 920; Cass. 15 novembre 2019, n. 29721);

3.2. la censura si focalizza piuttosto sul supposto errore di diritto di inversione dell’onere della prova, peraltro non esplicitamente denunciato, per essere a carico dello straniero l’onere esclusivo di provare la presentazione dell’istanza volta al rinnovo (Cass. 17 marzo 2004, n. 5394; Cass. 16 marzo 2006, n. 5823) e, di converso, le circostanze che abbiano ciò impedito (Cass. 25 settembre 2015, n. 19105), ovvero il rifiuto, esplicito o per facta concludentia, della P.A. di riceverla (Cass. 28 gennaio 2010, n. 1907; Cass. 19 agosto 2010, n. 18735);

3.3. la superiore ricostruzione interpretativa del motivo ne rivela, in realtà, una formulazione inammissibile, peraltro concorrente con altre ragioni di inammissibilità, quali: a) l’articolazione in un singolo motivo dei più profili di doglianza dedotti (di errores in procedendo, in iudicando e di motivazione apparente), non essendo possibile ricondurli a specifici motivi di impugnazione, posto che le doglianze, anche se cumulate, non sono formulate, come invece dovrebbero, in modo tale da consentire un loro esame separato, alla stregua di motivi diversi, senza rimettere al giudice il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, al fine di ricondurle a uno dei mezzi d’impugnazione consentiti, prima di decidere su di esse (Cass. 17 marzo 2017, n. 7009; Cass. 23 ottobre 2018, n. 26790); b) il difetto di specificità, in violazione della prescrizione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 6, per omessa trascrizione, neppure per estratto delle parti essenziali, nè specifica indicazione della sede di produzione del decreto prefettizio di espulsione e del ricorso avverso di esso (Cass. 18 novembre 2015, n. 23575; Cass. 13 novembre 2018, n. 29093; Cass. 15 gennaio 2019, n. 777);

4. pertanto il ricorso deve dichiarato inammissibile, senza alcun provvedimento sulle spese di giudizio, in assenza di difese delle parti intimate vittoriose, con esenzione dal raddoppio del contributo unificato, a norma del D.Lgs. n. 151 del 2011, art. 18, comma 8 (Cass. nn. 6285, 11493, 11954/2020).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla sulle spese.

Rilevato che dagli atti il processo risulta esente, non si applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 24 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 31 dicembre 2020

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