Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2997 del 08/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 08/02/2021, (ud. 15/12/2020, dep. 08/02/2021), n.2997

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29921-2018 proposto da:

EDILCASA TIRRENICA SRL, in persona del legale rappresentante cò

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SFORZA

PALLAVICINI 18, presso lo studio dell’avvocato RAO ROSARIO,

rappresentata e difesa dagli avvocati CUCINOTTA FRANCESCO, CATANIA

SALVATORE;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE E DEL TERRITORIO, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3579/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della SICILIA, SEZ. DISTACCATA di MESSINA, depositata il

21/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CONTI

ROBERTO GIOVANNI.

 

Fatto

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

La CTR della Sicilia, con la sentenza indicata in epigrafe, ha accolto l’appello dell’Agenzia delle entrate e riformato la sentenza di primo grado che aveva parzialmente accolto i ricorsi proposti dalla società Edilcasa Tirrenica S.r.l. concernente la ripresa a tassazione, sulla base di accertamento analitico induttivo, relativa agli anni 1998, 1999, 2000 e 2001 di IVA, IRPEG e IRAP.

Secondo la CTR il giudice di primo grado aveva omesso di considerare che gli atti impugnati erano stati emessi sulla base di corposa documentazione raccolta dalla Guardia di Finanza nel pvc, dotato di efficacia fidefaciente, dimostrativa delle irregolarità nella contabilità per omessa contabilizzazione e dichiarazione di ricavi, confermando la legittimità della ripresa con metodo induttivo. Aggiungeva poi la CTR che, non avendo la contribuente fornito documentazione idonea a contrastare le contestazioni dell’ufficio, doveva ritenersi legittima la ripresa a tassazione e corretta la determinazione del reddito e del volume di affari.

La società Edilcasa Tirrenica s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, al quale ha resistito l’Agenzia delle entrate con controricorso.

Con il primo motivo la ricorrente ha dedotto la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c.. La CTR avrebbe esaminato la questione relativa alla legittimità del metodo accertativo che non costituiva oggetto di impugnazione, essendo stata proposta in primo grado dalla contribuente e non riproposta in appello dalla stessa. Sicchè, secondo la ricorrente, la CTR non avrebbe potuto riesaminare nuovamente il profilo inerente al metodo di accertamento adottato, in quanto non riproposto in appello dalla stessa e quindi coperto da giudicato. L’Ufficio, peraltro, avrebbe incentrato l’appello sulla contestazione delle risultanze della CTU, senza che le censure avessero riguardato la percentuale media di ricarico ponderato. Questione che era stata totalmente tralasciata dalla CTR, la quale si era invece occupata di questione del tutto estranea alla materia del contendere.

Con il secondo motivo si deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. La CTR avrebbe errato nel ritenere assenti le prove contrarie offerte dalla contribuente la quale, per converso, avrebbe esposto all’interno di due perizie contabili, una stragiudiziale di parte ed una d’ufficio, gli elementi a sostegno dell’erroneità della percentuale media di ricarico ponderato considerata dall’ufficio. Ciò confermerebbe l’error in procedendo nel quale sarebbe incorsa la CTR. Peraltro, il giudice di appello avrebbe in definitiva ignorato le prove inconfutabili, fondando la decisione su dati di fatto non veritieri senza motivare le ragioni che avevano indotto la CTR a non considerare decisivi i rilievi esposti.

Il primo motivo di ricorso è infondato. Come emerge dalla stessa esposizione in fatto della sentenza della CTR, in seno all’atto di appello, l’Ufficio censurò la decisione impugnata nella parte in cui aveva annullato gli accertamenti in assenza di prove contrarie fornite dal contribuente. Pertanto, è infondata la prospettazione che assume essersi formato il giudicato interno sulla illegittimità dell’accertamento in quanto non oggetto di ricorso incidentale della parte contribuente, se è vero che solo l’Agenzia avrebbe avuto interesse a contrastare la decisione alla stessa sfavorevole in ordine alla ritenuta illegittimità degli accertamenti che l’Ufficio ha adeguatamente aggredito con l’impugnazione proposta. La censura, d’altra parte, difetta di autosufficienza laddove prospetta che l’Agenzia non avrebbe impugnato nella sua interezza la decisione di primo grado concernente la legittimità della pretesa- dalla stessa CTP ritenuta- ma ciò fa senza riprodurre il contenuto dell’atto di appello dell’Ufficio e tralasciando, in definitiva, di confutare in modo chiaro la decisione sul punto esposta dalla CTR in cui il giudice di appello ha interpretato l’impugnazione allo stesso proposta, affermando che “l’Ufficio aveva esposto motivi sostanzialmente riconducibili alla legittimità del procedimento di accertamento seguito e degli atti impugnati” -cfr. pag. 3 sent., penultimo periodo -.

Il secondo motivo di ricorso è infondato.

In effetti, la CTR, nel riformare la decisione di primo grado che aveva annullato gli accertamenti valorizzando le risultanze della CTU disposta in primo grado, si è limitata ad affermare che la parte contribuente non aveva fornito elementi di prova idonei a superare la presunzione nascente dall’utilizzazione, ritenuta legittima, del metodo analitico induttivo in relazione al rinvenimento di documentazione extracontabile dalla quale era emersa l’esistenza di redditi non dichiarati. E tuttavia tale affermazione non determina alcuno dei vizi prospettati dalla società contribuente nel secondo motivo.

Per l’un verso, va rammentato che la consulenza tecnica non costituisce in linea di massima mezzo di prova bensì strumento di valutazione della prova acquisita, ma può assurgere al rango di fonte oggettiva di prova quando si risolve nell’accertamento di fatti rilevabili unicamente con l’ausilio di specifiche cognizioni o strumentazioni tecniche.

D’altro canto, il consulente d’ufficio, pur in mancanza di espressa autorizzazione del giudice può, ai sensi dell’art. 194 c.p.c., comma 1, assumere informazioni da terzi e procedere all’accertamento dei fatti accessori costituenti presupposti necessari per rispondere ai quesiti postigli, ma non ha il potere di accertare i fatti posti a fondamento di domande ed eccezioni, il cui onere probatorio incombe sulle parti, e, se sconfina dai limiti intrinseci al mandato conferitogli tali accertamenti sono nulli per violazione del principio del contraddittorio, e, pertanto, privi di qualsiasi valore probatorio, anche indiziario – cfr., ex plurimis, Cass. n. 1020/2006, Cass. n. 3191/2006 -.

Ne consegue che non può certo affermarsi il vizio di omesso esame delle prove da parte della CTR come prospettato dalla ricorrente, non costituendo la consulenza tecnica- di parte o di ufficio- un mezzo di prova, nè avendo la ricorrente dedotto che la stessa si risolveva nell’accertamento di situazioni rilevabili solo con l’ausilio di specifiche cognizioni o strumentazioni tecniche tali da farla realmente assurgere a mezzo di prova – cfr. Cass. n. 1149/2011, Cass. n. 12387/2020 -.

Per altro verso, nemmeno ammissibile risulta la censura esposta nella parte finale del motivo in ordine alla omessa motivazione della sentenza, poichè una volta esclusa la valenza probatoria della CTU, la CTR non aveva alcun onere di motivare espressamente in ordine alla irrilevanza delle due consulenze indicate dalle parti. Ed è appena il caso di evidenziare che la ricorrente non ha prospettato alcun vizio sussumibile nell’alveo dell’omesso esame di fatti controversi e decisivi per il giudizio fatti oggetto di contraddittorio fra le parti.

Sulla base di tali considerazioni il ricorso va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza, dando atto ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis, se dovuto.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in favore dell’Agenzia delle entrate in Euro 12.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Dà atto ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2021

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