Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29968 del 31/12/2020

Cassazione civile sez. lav., 31/12/2020, (ud. 24/07/2020, dep. 31/12/2020), n.29968

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2081/2020 proposto da:

A.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TARANTO 90,

presso lo studio dell’avvocato LUCIANO NATALE VINCI, rappresentato e

difeso dall’avvocato GIUSEPPE MARIANI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, QUESTURA DI MILANO, in persona del Ministro

pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI

PORTOGHESI 12, ope legis;

– resistente con mandato –

e contro

PREFETTO DELLA PROVINCIA DI MILANO;

– intimato –

avverso l’ordinanza del GIUDICE DI PACE di MILANO, depositata il

22/11/2019 R.G.N. 59550/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

giorno 24/07/2020 dal Consigliere Dott. DANIELA BLASUTTO.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Il Giudice di Pace di Milano, con provvedimento del 21 novembre 2019, ha respinto l’opposizione di A.M., di cittadinanza (OMISSIS), avverso il decreto di espulsione n. 27299/2019 emesso dal Prefetto di Milano in data 23 settembre 2019, notificato in pari data.

2. Preliminarmente, il Giudice di Pace ha rigettato l’eccezione di nullità della notificazione del decreto. Ha osservato che la notificazione era stata eseguita direttamente dall’Amministrazione a mani dello straniero nel rispetto dell’art. 2, comma 6, del T.U.I. mediante traduzione in lingua albanese.

3. Nel merito, ha osservato che ricorrevano i presupposti di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 13, in quanto lo straniero aveva fatto rientro nel territorio dello Stato prima del decorso del termine prescritto, senza avere ottenuto la speciale autorizzazione del Ministro dell’Interno prevista per il reingresso.

4. Infine, ha respinto l’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, poichè la stessa non risultava sottoscritta direttamente dallo straniero e comunque non atteneva ad un procedimento ex art. 13, comma 5-bis.

5. Avverso il suddetto provvedimento A.M. ha proposto ricorso per cassazione nei confronti del Ministero dell’Interno, del Prefetto di Milano e del Questore di Milano mediante un’unica notifica a mezzo PEC presso l’Avvocatura Generale dello Stato. Il ricorso è affidato a due motivi.

6. Si è costituito il Ministero dell’Interno al solo fine di partecipare all’eventuale udienza pubblica.

7. E’ stata disposta la trattazione con il rito camerale di cui all’art. 380-bis c.p.c., ritenuti ricorrenti i relativi presupposti.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

8. Preliminarmente, quanto alla legittimazione a contraddire, le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato (Sez. Un., 28.11.2001, n. 15141) il principio, confermato da numerose successive pronunce (Cass. n. 12794 del 2004, n. 17253 del 2005 e Cass. n. 18624 del 2006), che l’unico soggetto legittimato in ordine al ricorso in opposizione avverso il decreto di espulsione è il Prefetto, titolare di un’autonoma legittimazione, ai sensi del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 13 bis, come modificato dal D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113, art. 4, a contraddire in tali giudizi, legittimazione esclusiva che si estende anche al giudizio di cassazione.

9. Tanto premesso, va osservato che, nel presente giudizio, la notifica del ricorso per cassazione è diretta nei confronti del Prefetto, ma risulta essere stata eseguita presso l’Avvocatura Generale dello Stato. Poichè non risulta che nella precedente fase del giudizio il patrocinio sia stato assunto dall’Avvocatura dello Stato, ricorrerebbero i presupposti per dichiarare la nullità di tale notifica e ordinarne la rinnovazione ex art. 291 c.p.c., dovendo il ricorso essere notificato presso la Prefettura che ha emesso il provvedimento impugnato (v. in tal senso, giurisprudenza costante, Cass. n. 28852 del 2005, e tra le più recenti, Cass. nn. 5083, 8806, 8807, 8808 e 11660 del 2020).

10. Tuttavia, il Collegio ritiene che, nel caso in esame, possa farsi applicazione del principio per cui il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo impone al giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 c.p.c.) di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perchè non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, da effettive garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato a produrre i suoi effetti. Ne consegue che, in caso di ricorso per cassazione prima facie infondato, appare superfluo, pur potendone sussistere i presupposti, disporre la rinnovazione di una notifica nulla, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti (cfr. ex plurimis, Cass. n. 15106 del 2013, n. 12515 del 2018, n. 16141 del 2019; v. pure Cass. S.U. 6826 del 2010).

11. Il primo motivo denuncia violazione di legge in relazione alla L. n. 265 del 1999, art. 10, comma 1, L. n. 241 del 1990, art. 3 e artt. 13 e 13 bis T.U.I..

Il ricorrente si duole che la notificazione del provvedimento di espulsione emesso dal Prefetto non sia stata eseguita nè direttamente dall’Ufficio che ha emesso il provvedimento, nè dall’Ufficiale giudiziario, nè dall’Amministrazione a mezzo del servizio postale (o a mezzo p.e.c.), bensì eseguito a mani proprie del destinatario dalla Questura territorialmente competente, che ha adottato il successivo decreto di trattenimento presso il Centro di Permanenza per i Rimpatri. Assume che tale modalità di notificazione vizierebbe radicalmente la validità dell’atto, integrando un’ipotesi di nullità insanabile.

12. Il secondo motivo lamenta violazione di legge in relazione al D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 142 e 82, in ordine alla mancata ammissione del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato, sostenendo che nel procedimento avente ad oggetto un decreto di espulsione il ricorrente è ammesso ex lege al beneficio, non essendo necessario formulare un’apposita istanza al competente Consiglio dell’Ordine o al magistrato procedente.

13. Il primo motivo di ricorso è palesemente infondato.

14. Quanto all’autorità amministrativa che ha operato la notifica, va ribadito che, in tema di espulsione dello straniero dal territorio dello Stato, la Questura è propriamente l’Ufficio deputato, per legge, alla notifica del provvedimento e al quale compete l’obbligo della traduzione del decreto espulsivo, il quale viene emesso dal Prefetto, in conformità del principio generale valevole per tutti gli atti amministrativi, in lingua italiana e poi tradotto, al momento della notificazione, a seguito della valutazione della sua comprensione da parte dell’Ufficio che ad essa proceda, nella lingua straniera prevista (Cass. n. 13032 del 2004, conf. Cass. n. 31928 del 2019).

15. Quanto alle modalità della notifica, avvenuta a mani proprie dell’interessato, va rilevato che trattasi del modello legale. Difatti, la notifica del decreto di espulsione all’interessato è effettuata ai sensi dell’art. 3, commi 3 e 4, del Regolamento, emanato con D.P.R. n. 394 del 1999, il quale prevede che il provvedimento è comunicato allo straniero mediante consegna a mani proprie o mediante notificazione del provvedimento scritto e motivato, contenente l’indicazione delle eventuali modalità di impugnazione.

16. E’ poi priva di specificità, e dunque inammissibile, la denuncia di violazione della L. n. 241 del 1990, art. 3.

17. Il decreto di espulsione dello straniero, a norma del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 13, comma 7, in applicazione della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 3, comma 4, deve essere comunicato all’interessato unitamente all’indicazione delle modalità di impugnazione e deve altresì specificare, ai sensi dell’art. 3 del regolamento reso con D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394, il diritto all’assistenza di difensore di fiducia o, ricorrendone le condizioni, a spese dello Stato.

18. Il ricorso non lamenta alcuna carenza riguardo a tali indicazioni, dovendosi peraltro aggiungere che l’omissione o incertezza (per incompletezza, contraddittorietà etc.) di tali indicazioni non determinerebbe neppure l’illegittimità del provvedimento, ma potrebbe solo giustificare la rimessione in termini per errore scusabile, nel caso in cui, in conseguenza delle errate indicazioni, lo straniero non abbia proposto tempestivamente ricorso (cfr. Cass. n. 6859 del 2004).

19. Il secondo motivo è inammissibile.

20. Nel giudizio di impugnazione del provvedimento di espulsione, avverso il provvedimento di diniego di ammissione al patrocinio a spese dello Stato lo straniero deve fare ricorso al procedimento disciplinato dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 170 (applicabile ai sensi dell’art. 84, a sua volta richiamato dall’art. 142).

21. Secondo le previsioni di tale norma, pertanto, avverso il provvedimento di non ammissione al gratuito patrocinio, lo straniero può proporre ricorso, entro venti giorni dalla comunicazione, al capo dell’ufficio giudiziario (nella specie, ratione temporis, al Coordinatore dell’ufficio del giudice di pace competente nel giudizio di impugnazione del provvedimento espulsivo) (Cass. n. 13833 del 2008; conf. Cass. n. 19203 del 2009, n. 6068 del 2019).

22. L’odierna impugnazione, in parte qua, si rivela inammissibile in quanto ha ad oggetto un provvedimento ordinatorio che era reclamabile in via oppositiva – nella propria sede di merito.

23. Il ricorso va dunque rigettato. Nulla va disposto quanto alle spese del giudizio di legittimità, non avendo il Ministero intimato svolto attività difensiva.

24. Al rigetto del ricorso non consegue il raddoppio del contributo unificato atteso che, in tema di controversie in materia di espulsione dei cittadini di Stati che non sono membri dell’Unione Europea (D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 18) e di opposizione al diniego del nulla osta al ricongiungimento familiare e del permesso di soggiorno per motivi familiari, nonchè agli altri provvedimenti dell’autorità amministrativa in materia di diritto all’unità familiare (D.Lgs. n. 150 cit., art. 20), è espressamente stabilito che “Gli atti del procedimento e la decisione sono esenti da ogni tassa e imposta” (in tal senso, v. pure Cass. 3305 del 2017, che ha invece osservato come analoga previsione manchi con riferimento alle controversie in materia di riconoscimento della protezione internazionale). Inoltre, come affermato da Cass. S.U. 4315 del 2020, il giudice dell’impugnazione, ogni volta che pronunci l’integrale rigetto o l’inammissibilità o la improcedibilità dell’impugnazione, deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo del contributo unificato anche nel caso in cui quest’ultimo non sia stato inizialmente versato per una causa suscettibile di venir meno; mentre può esimersi dalla suddetta attestazione quando la debenza del contributo unificato iniziale sia esclusa dalla legge in modo assoluto e definitivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese del presente giudizio.

Rilevato che dagli atti il processo risulta esente, non si applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 24 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 31 dicembre 2020

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