Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29967 del 20/11/2018

Cassazione civile sez. VI, 20/11/2018, (ud. 24/10/2018, dep. 20/11/2018), n.29967

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – rel. Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15838-2017 proposto da:

P. DI P.M.R. & C. SNC, in persona del

legale rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

CAVOUR presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato PIERLUIGI AVALLONE;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8388/18/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, SEZIONE DISTACCATA di LATINA, depositata il

13/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/10/2018 dal Consigliere Relatore Dott. MAURO

MOCCI.

Fatto

RILEVATO

che la s.n.c. P. propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio che aveva accolto l’appello dell’Agenzia delle Entrate contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Latina. Quest’ultima, a sua volta, aveva accolto l’impugnazione della società avverso un avviso di accertamento per IVA, riferito all’anno 2008;

Diritto

CONSIDERATO

che il ricorso è affidato a quattro motivi, illustrati da successiva memoria;

che, col primo, la s.n.c. P. invoca omessa pronunzia su un punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5: la sentenza impugnata non avrebbe evidenziato censure nei confronti di quella gravata, che aveva ritenuto le fatture emesse nel 2008 comunque estranee alla presunta cessione d’azienda;

che, col secondo, la contribuente denuncia omesso esame di fatti controversi e decisivi per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, giacchè la CTR avrebbe erroneamente ritenuto realizzate tre condizioni (cessione dei contratti con la clientela, mantenimento dello stabile e del luogo di lavoro e riassunzione dei lavoratori senza soluzione di continuità), invece non verificatesi e tali da escludere la cessione d’azienda;

che, col terzo, la ricorrente assume omesso esame di fatti controversi e decisivi per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, giacchè la sentenza impugnata avrebbe esaminato in maniera erronea la documentazione allegata al fine di dimostrare la posizione delle due aziende, dando alle prove un significato contrario a quello realmente rivestito;

che, con il quarto, la società afferma la violazione e falsa applicazione degli artt. 2555 e 2727 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5: la pronunzia impugnata avrebbe fatto malgoverno delle presunzioni gravi, precise e concordanti richieste dalla legge, giacchè i beni trasferiti non sarebbero stati idonei ad integrare il concetto di azienda;

che l’Agenzia si è costituita con controricorso;

che i primi tre motivi – che possono essere trattati congiuntamente per la loro intrinseca connessione logica – sono inammissibili;

che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Sez. U, n. 8053 del 07/04/2014);

che, nella specie, le tre doglianze lamentano sostanzialmente errori di valutazione delle prove;

che il quarto motivo è parimenti inammissibile, perchè volto ad ottenere un riesame del fatto, attraverso una nuova valutazione di elementi probatori già ampiamente scrutinati dai giudici di merito;

che va pertanto dato atto dell’inammissibilità del ricorso (Sez. U, n. 7155 del 21/03/2017);

che alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese processuali in favore della controricorrente, nella misura indicata in dispositivo;

che, ai sensi del D.P.R. n. 115 dei 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, a favore dell’Agenzia delle Entrate, in euro 3.000, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 dei 2002, art. 13 comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 24 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2018

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