Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29967 del 19/11/2019

Cassazione civile sez. trib., 19/11/2019, (ud. 11/09/2019, dep. 19/11/2019), n.29967

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. PEPE Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29231-2016 proposto da:

OST SRL, in persona del Presidente ciel C.d.A. Amministratore

delegato, elettivamente domiciliata in ROMA VIA FEDERICO

CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato LUIGI MANZI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato CESARE FEDERICO

GLENCI, giusta procura a margine;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI CAVALLERMAGGICRE, in persona del Sindaco pro tempore e

legale rappresentante, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DI

SANTA TERESA 23, presso lo studio dell’avvocato FABRIZIO

PIETROSANTI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

PIER PAOLO GOLINELLI, giusta procura a margine;

– controricorrente incidentale –

contro

OST SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 617/2016 della COMM. TRIB. REG. di TORINO,

depositata il 11/05/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/09/2019 dal Consigliere Dott. COSMO CROLLA;

udito il P.M. lo persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIOVANNI GIACALONE che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato STIVALI per delega dell’Avvocato

MANZI che si riporta agli scritti;

udito per il controricorrente incidentale l’Avvocato MONETTO per

delega l’Avvocato GOLINELLI che si riporta agli scritti.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

O.S.T. srl impugnava, con distinti ricorsi davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Cuneo, due avvisi di accertamento n. (OMISSIS) e (OMISSIS), notificati in data 19.12.2011, per ICI e sanzioni applicate, per anni di imposta 2006 e 2007, sul complesso immobiliare sito in comune di (OMISSIS), (OMISSIS), distinto all’NCEU al foglio (OMISSIS), particella (OMISSIS) sub 5 e 6 costituito da plurimi locali ed ambienti destinati a piscina, solarium, sala macchine, discoteca, bar e ristorante self-service di proprietà della società.

2. La CTP di Cuneo, riuniti i procedimenti, accoglieva i ricorsi in punto di sanzioni, riconoscendo la continuazione, rigettando per il resto.

3. La sentenza veniva impugnata dalla contribuente e dal Comune e la Commissione Tributaria Regionale del Piemonte accoglieva parzialmente l’appello principale rideterminando la sanzione unica complessiva per gli anni dal 2004 al 2007 e rigettava l’appello incidentale osservando per quanto di interesse in questa sede: a) che la notifica degli avvisi di accertamento era da considerarsi valida in quanto effettuata da soggetto che rivestiva le funzioni di messo comunale; b) che gli avvisi di accertamento potevano ritenersi sufficientemente motivati; c) che, con riferimento motivo di appello concernente la riconducibilità alla categoria catastale E/9, il Comune aveva legittimamente determinato la rendita sulla scorta delle risultanze catastali degli immobili iscritti negli anni di imposta 2006/2007 in classe D/3; c) che non sussistevano i presupposti per la riduzione dell’imposta in quanto il limitato utilizzo degli immobili alla stagione estiva non consentiva la loro assimilazione agli immobili inagibili o inabitabili per i quali è prevista l’agevolazione tributaria.

4. Avverso la sentenza della CTR ha proposto ricorso per Cassazione la contribuente sulla base di quattro motivi. Il Comune di Cavallermaggiore ha resistito depositando controricorso con ricorso incidentale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, in relazione al D.Lgs. n. 267 del 2000, artt. 42,48, comma 2, artt. 50 e 46. Si sostiene l’inesistenza della notifica, non dichiarata nell’impugnata sentenza, in quanto eseguita da un soggetto non investito della qualifica di messo comunale da specifica delibera della Giunta comunale ai sensi del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 48, norma sostitutiva dell’abrogato R.D. n. 383 del 1934, art. 273, che attribuiva al Prefetto la nomina di messo comunale.

1.1 Con il secondo motivo viene dedotta violazione o falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere la CTR ritenuto carenti di motivazione gli avvisi di accertamento con particolare riferimento alla mancata indicazione delle ragioni giuridiche e dei presupposti di fatto che legittimavano il Comune a pretendere l’imposta nel sua interezza.

1.2 Con il terzo motivo la ricorrente lamenta violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, e art. 7, comma 1, lett b), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non aver i giudici di “seconde cure” tenuto conto del pendente giudizio avente ad oggetto il corretto classamento del compendio immobiliare e per non avere accertato che gli immobili erano da includere nella categoria catastale E/9 anzichè nella D/3.

1.3 Con il quarto motivo l’impugnata sentenza viene censurata per violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 8, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, avendo la CTR omesso di rilevare che l’inagibilità e l’inutilizzabilità dell’immobile, condizioni per ottenere il trattamento agevolativo, andavano considerati non in astratto ma in concreto sulla base delle risultanze probatorie emerse a prescindere dal produzione della perizia da parte del comune e dell’attestazione sottoscritta dal contribuente.

2. Il primo motivo è infondato.

2.1 Risulta processualmente accertato in punto di fatto che la notifica degli avvisi di accertamento è stata effettuata da persona che rivestiva la qualifica di messo comunale del Comune di Cavallermaggiore; ossia da soggetto regolarmente assunto in seguito a pubblico concorso, nelle cui attribuzioni rientrava la notifica degli atti processuali e tributari.

2.2 L’assunto di parte ricorrente secondo il quale a seguito dell’abrogazione del TULCP, art. 273, che attribuiva al Prefetto il potere di nomina di messo comunale, sarebbe stato introdotto un nuovo regime in base al quale lo status di messo comunale non viene più attribuito dal decreto prefettizio ma richiede un’apposita delibera di nomina a messo comunale da parte della Giunta Municipale non trova alcuno specifico riscontro nella normativa vigente. La qualifica di messo comunale, infatti, non discende più da specifiche nomine o approvazioni essendo sufficiente l’inquadramento, incontrovertibilmente accertato dai giudici di merito, nella pianta organica dell’amministrazione di appartenenza con quella specifica mansione.

2.3 In ogni caso anche a voler accogliere la tesi dei ricorrenti circa la necessità di una specifica delibera di nomina del messo comunale da parte della giunta comunale va rilevato che secondo un orientamento giurisprudenziale “In tema di notificazioni tributarie, la mancata approvazione prefettizia della nomina del messo comunale – circostanza la cui prova grava, comunque, sulla parte che l’eccepisce – non è riconducibile ai casi di nullità specificamente indicati dall’art. 160 c.p.c., nè ad altra previsione desumibile dai principi generali di cui agli artt. 156 e 157 cit. cod.. La nomina del messo e la legittimazione ad eseguire la notificazione, infatti, discende direttamente dalla legge (in particolare dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56), e, quindi, l’approvazione prefettizia va considerata un atto interno dell’iter procedimentale, avente funzione meramente ricognitiva e delibativa”. (cfr. Cass. 16819/2008). Nella fattispecie in esame il soggetto che ha eseguito la notifica era pacificamente un dipendente comunale sicchè, secondo il principio testè esposto non rileva la mancata approvazione della nomina da parte degli organi comunali in sostituzione dell’abrogata autorizzazione prefettizia.

3.1 Destituito di fondamento è anche il secondo motivo.

3.2 Risulta non controverso il richiamo degli avvisi di accertamento con i quali l’Ente territoriale ha preteso il pagamento dell’intero importo del tributo ai motivi contenuti nel provvedimento del Comune di rigetto dell’istanza presentata dalla contribuente di riduzione nella misura del 50% dell’Ici in applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 8.

3.3 Secondo il costante insegnamento di questa Corte (cfr. Cass. n. 13110/20124176/2019) “l’obbligo di motivazione degli atti tributari può essere adempiuto anche per relationem, ovverosia mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, a condizione, però, che questi ultimi siano allegati all’atto notificato ovvero che lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, per tale dovendosi intendere l’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del documento che risultino necessari e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, e la cui indicazione consente al contribuente – ed al giudice in sede di eventuale sindacato giurisdizionale – di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato nei quali risiedono quelle parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento, o, ancora, che gli atti richiamati siano già conosciuti dal contribuente per effetto di precedente notifica”. In particolare, deve ritenersi che lo Statuto del contribuente, art. 7, nel prevedere che debba essere allegato all’atto dell’amministrazione finanziaria ogni documento da esso richiamato in motivazione, si riferisca esclusivamente agli atti di cui il contribuente non abbia già integrale e legale conoscenza (Cass. n. 15327,/2014).

3.4 Alla ricorrente, che aveva provveduto al versamento del 50% dell’ICI, erano ben noti i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche dell’imposta. La società era, inoltre, stata resa edotta, dalla notifica del precedente provvedimento reiettivo dell’istanza di dimidiazione dell’imposta, delle ragioni dell’esclusione dell’esenzione. La CTR nell’affermare che “….la tecnica di motivazione per relationem è pacificamente ammessa a condizione che gli atti richiamati siano allegati o siano già a conoscenza del contribuente come avvenuto nel caso di specie” si è pienamente uniformata al principio di diritto sopra esposto.

4 Pregiudiziale alla trattazione del terzo motivo del ricorso principale è l’esame delle censure contenute nei motivi incidentali 2/A e 2/B contenuti nel controricorso del Comune.

4.1 Con il primo motivo il controricorrente lamenta violazione dell’art. 112 c.p.c., in quanto la Corte di merito avrebbe omesso di pronunciarsi sull’eccezione di inammissibilità formulata dall’appellata del motivo di appello concernente la questione, mai trattato nel giudizio di primo grado e quindi del tutto nuova, della classificazione catastale in E/9 anzichè in D/3 del compendio immobiliare.

4.2 Secondo il costante orientamento giurisprudenziale ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica, in particolare, quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione (Cass. 4 ottobre 2011, n. 20311; Cass. 20 settembre 2013, n. 21612; Cass. 11 settembre 2015, n. 17956).

4.3 La CTR rigettando il motivo di appello nel merito ha implicitamente disatteso l’eccezione di inammissibilità.

4.4 La resistente ha tuttavia censurato tale decisione implicita in quanto assunta in violazione dell’art. 345 c.p.c., e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, che sanciscono il divieto di proposizione di domande nuove in appello e l’inammissibilità delle domande nuove proposte nel giudizio di secondo grado.

4.5 Dalla lettura degli atti di causa (ricorsi davanti alla CTP, sentenze della CTR e della CTR) si evince che la società ricorrente nell’impugnare gli avvisi di accertamento oltre a dedurre i vizi relativi alla notifica e alla motivazione degli avvisi di accertamento e a chiedere la riduzione delle sanzioni, lamentava il mancato riconoscimento dell’agevolazione contributiva di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 8. Solo nel corso del giudizio la contribuente introduceva – e reiterava quale motivo di appello – il thema decidendum relativo all’esenzione dall’imposta prevista per i fabbricati classificati o classificabili nelle categoria catastali da E/1 a E/9.

4.6 Si tratta all’evidenza di una questione nuova per petitum e causa petendi rispetto all’oggetto dell’originario atto introduttivo e pertanto la CTR avrebbe dovuto dichiarare l’inammissibilità del motivo di appello e non pronunciarsi nel merito. Essendo comunque il decisum conforme a diritto questa Corte si limita, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 4, a correggere la motivazione.

Le suesposte considerazioni rendono superfluo l’esame del terzo motivo del ricorso principale.

5. E’, infine, infondato il quarto motivo.

5.1 Ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 8, comma 1, “l’imposta è ridotta del 50 per cento per i fabbricati dichiarati inagibili e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell’anno durante i quali sussistono dette condizioni. L’inagibilità o l’inabitabilità è accertata dall’ufficio tecnico comunale con perizia a carico del proprietario che allega idonea documentazione alla dichiarazione. In alternativa il contribuente ha facoltà di presentare dichiarazione sostitutiva ai sensi della L. 4 gennaio 1968, n. 15, rispetto a quanto previsto dal periodo precedente”.

5.2 Condizione indispensabile per poter usufruire della riduzione dell’imposta è l’inagibilità e l’inabitabilità intese come obiettiva inidoneità ad essere utilizzato per eventi dovuti ad obsolescenza o cattiva manutenzione (cedimenti, crepe, pericoli di crollo) o per carenze intrinseche (assenza di adeguati impianti e servizi). In particolare per inagibilità deve intendersi il mancato rispetto dei requisiti di sicurezza statica dell’immobile ovvero la presenza di elementi che ne rendono pericoloso o inopportuno l’utilizzo La nozione di inabitabilità si correla alla mancanza di rispetto dei requisiti minimi igienico/sanitario che devono necessariamente per far sì che il fabbricato possa essere utilizzato all’uso cui è destinato.

5.3 Il criterio interpretativo che ricollega la nozione di inagibilità e inabitabilità dell’immobile al degrado fisico sopravvenuto (fabbricato diroccato, pericolante, fatiscente e simile) o di una obsolescenza funzionale, strutturale e tecnologica, non superabile con interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria, bensì con interventi di restauro e risanamento conservativo e/o di ristrutturazione edilizia non solo solo risulta aderente alla lettera della norma ma trova conforto nel costante indirizzo giurisprudenziale (Cass. n. 15407/2017 n. 4333/2016 2925/2013, 5933 del 08/03/2013) in materia fiscale secondo il quale le norme che stabiliscono esenzioni o agevolazioni sono di stretta interpretazione ai sensi dell’art. 14 preleggi, sicchè non vi è spazio per ricorrere al criterio analogico o alli interpretazione estensiva della norma oltre i casi e le condizioni dalle stesse espressamente considerati. Non è quindi praticabile una operazione ermeneutica che estenda la portata della nozione di inagibilità e inabitabilità anche ad una condizione di fatto costituita dal mancato utilizzo stagionale dell’immobile che prescinde totalmente dallo stato di fatiscenza e degrado fisico del bene.

5.4 Appaiono quindi del tutto corrette le considerazioni in punto di diritto contenute nell’impugnata sentenza secondo le quali “non pare quindi proponibile l’assimilazione che propone la società appellante con l’utilizzo per motivi climatici e limitazioni date dalle autorizzazioni sanitarie. In materia di agevolazioni tributarie non è possibile il ricorso ad estensioni analogiche. L’inutilizzabilità di fatto nel periodo invernale non significa anche inagibilità dell’immobile,”.

6. I residui motivi del ricorso incidentale con i quali il Comune lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 1 e 4, in quanto la CTR avrebbe erroneamente omesso di pronunciarsi sulla domanda di inammissibilità e/o irricevibilità del ricorso per non avere la contribuente impugnato il provvedimento reso dal Comune di Cavallermaggiore di rigetto delle istanze di agevolazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, ex art. 8, comma 1, e la violazione del D.Lgs. n. 536 del 1992, art. 19, per non avere, in ogni caso, la CTR dichiarato l’inammissibilità del ricorso non avendo la contribuente previamente impugnato, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 1, lett. h, i plurimi provvedimenti di diniego di agevolazione, risultano assorbiti per effetto del rigetto dei motivi del ricorso principale.

7. Conclusivamente va rigettato il ricorso principale proposto dal contribuente con assorbimento di quello incidentale proposto dal Comune di Cavallermaggiore.

8 Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso principale proposto dal contribuente assorbito quello incidentale proposto dal Comune di Cavallermaggiore.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 5.000 oltre rimborso forfettario ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte, del ricorrente principale dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 11 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 novembre 2019

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