Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29967 del 13/12/2017


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Civile Ord. Sez. L Num. 29967 Anno 2017
Presidente: NOBILE VITTORIO
Relatore: BRONZINI GIUSEPPE

ORDINANZA

sul ricorso 7723-2013 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA PO 25-5, presso lo studio
dell’avvocato ROBERTO PESSI, che la rappresenta e
difende, giusta delega in atti;
– ricorrente contro
2017
3375

FIORILLI MARIA VALENTINA, domiciliata in Roma, P.zza
Cavour,

presso

la

Cancelleria

della

Corte

di

Cassazione, rappresentata e difesa dall’Avv. MARIA
RITA PUGLIA, giusta delega in atti;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 13/12/2017

avverso la sentenza n . 293/2012 della CORTE D’APPELLO

di ANCONA, depositata il 15/03/2012 R.G.N. 31/10;

RG. 07723/2013

RILEVATO
che con sentenza in data 2 marzo 2012 la Corte di Appello di Ancona,
in parziale accoglimento del gravame proposto da Poste Italiane s.p.a.,
confermata l’illegittimità del termine apposto al contratto intercorso
con Fiorilli Maria Valentina e stipulato ex art. 25 CCNL per” far fronte

carattere temporaneo, connessi al progetto Euro, che non possono
essere soddisfatte con il personale in servizio” e la costituzione di un
rapporto di lavoro a tempo indeterminato tra le parti a decorrere dalla
scadenza del termine, ma applicava l’art. 32 della legge 4 novembre
2010 n. 183 e determinava il risarcimento nella misura di otto
mensilità dell’ultima retribuzione di fatto;
che la Corte territoriale osservava che non era stata offerta la prova
che fosse stata rispettata la cosidetta clausola di contingentamento
posto che non era stata indicato neppure il numero di lavoratori a
tempo indeterminato si da potersi verificare il rapporto percentuale tra
lavoratori stabili e a termine; andava inoltre applicato lo

ius

superveniens di cui all’art. 32 L. n. 183/2010 con liquidazione di

un’indennità omnicomprensiva nella misura di otto mensilità;
che avverso tale sentenza ha proposto ricorso le Poste con tre
motivi; resiste controparte con controricorso; sono state depositate
memorie.
CONSIDERATO
che il primo motivo si allega la violazione e falsa applicazione dell’art.
1372 cod. civ. comma primo: il rapporto si era sciolto per mutuo
consenso.
che il motivo appare infondato in virtù di considerazioni già espresse
da questa Corte, con le quali si è rilevato nel senso che “nel giudizio
instaurato ai fini del riconoscimento della sussistenza di un unico
rapporto di lavoro a tempo indeterminato, sul presupposto
dell’illegittima apposizione al contratto di un termine finale ormai
scaduto, affinché possa configurarsi una risoluzione del rapporto per
mutuo consenso, è necessario che sia accertata – sulla base del lasso

agli incrementi di attività o esigenze produttive particolari e di

di tempo trascorso dopo la conclusione dell’ultimo contratto a termine,
nonché del comportamento tenuto dalle parti e di eventuali circostanze
significative – una chiara e certa comune volontà delle parti medesime
di porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo e che la
valutazione del significato e della portata del complesso di tali elementi
di fatto compete al giudice di merito, le cui conclusioni non sono
censurabili in sede di legittimità se non sussistono vizi logici o errori di
diritto” (v. Cass. 10-11-2008 n. 26935, Cass. 28-9-2007 n. 20390,

principio va enunciato anche in questa sede, rilevando, inoltre che,
come pure è stato precisato, “grava sul datore di lavoro, che eccepisca
la risoluzione per mutuo consenso, l’onere di provare le circostanze
dalle quali possa ricavarsi la volontà chiara e certa delle parti di volere
porre definitivamente fine ad ogni rapporto di lavoro” (v. Cass. 2-122002 n. 17070). Nella specie la Corte d’Appello ha accertato
l’insufficienza di elementi in base ai quale ritenere che il rapporto si
fosse sciolto per mutuo consenso al dì fuori del mero decorso del
termine come tale insufficiente: la motivazione è coerente con la
giurisprudenza di questa Corte.
che

con il secondo motivo si allega la violazione dell’art. 23 L. n.

56/87, violazione degli artt. 1362, 1363 e ss., nonché l’omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso.
Le OOSS aveva fatto uso del potere di delega in bianco nell’individuare
nuove ipotesi di contratti a termine non sindacabile in quanto tale dal
giudice.
che il motivo appare inammissibile in quanto fuori sesto rispetto alla
ratio decidendi che ha accertato la nullità dell’apposizione del termine
in quanto non era state provate il rispetto della cosidetta clausola di
contingentamento.
che

con il terzo motivo si allega l’omessa, insufficiente o

contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il
giudizio nonché la violazione dell’art. 8 L. n. 604/66. Non risultano
indicati i criteri seguiti per la liquidazione dell’indennità e risultavano
stipulati accordi per la stabilizzazione del personale per cui l’indennità
doveva essere limitata alla metà.

2

Cass. 17-12-2004 n. 23554, Cass. 11-12-2001 n. 15621). Tale

che il motivo appare infondato nella prima parte in quanto il Giudice di
appello, nel far uso del potere discrezionale di determinare l’entità
dell’indennità ex art. 32 spettante , ha indicato i parametri seguiti che
l’hanno portato a tener conto sia delle dimensioni del datore di lavoro
sia del tempo trascorso sino all’impugnazione e della brevità del
rapporto mentre va ritenuto inammissibile nella seconda parte perché
non si indicano chiaramente quali contratti avessero previsto la
stabilizzazione ( non sono neppure indicate le date e gli accordi non

l’accordo del 18.5.2012 che è successivo alla data di emissione della
sentenza impugnata e non si vede pertanto come il Giudice di appello
avesse potuto considerare. In ogni caso nel motivo non si descrive in
alcun modo il contenuto delle pretese norme di stabilizzazione sicché
tale doglianza non è stata formulata idoneamente nel rispetto del
principio di autosufficienza.
Si deve quindi rigettare il ricorso: le spese di lite del giudizio di
legittimità- liquidate come al dispositivo- seguono la soccombenza. Ai
sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo
risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi,
ricorrendone i presupposti, come da dispositivo.

P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso e condanna le Poste al pagamento delle
spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 4.00,00 per
compensi oltre euro 200,00 per esborsi, nonché spese generali al 15%
ed accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo
risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, la Corte dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte deKricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello
dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso nella Adunanza camerale del 20.7.2017
CORTE SUPREMA Di CASSAZIO*
IV Sezione 010)

Il Presidente

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