Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29965 del 13/12/2017


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Civile Ord. Sez. L Num. 29965 Anno 2017
Presidente: NAPOLETANO GIUSEPPE
Relatore: TRIA LUCIA

ORDINANZA

sul ricorso 4472-2012 proposto da:
SPANU GIUSEPPINA C.F. SPNGPP22A6818630, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA GOZZOLI 82, presso lo studio
dell’avvocato GIAN LUIGI FALCHI, che la rappresenta e
difende, giusta procura speciale notarile in atti;
– ricorrente contro

COMUNE DI CAGLIARI, in persona del Sindaco pro
2017
3291

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
ARENULA 21, presso lo studio dell’avvocato VIVIANA
CALLINI, rappresentato e difeso dall’avvocato CARLA
CURRELI, giusta delega in atti;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 13/12/2017

avverso la sentenza n. 17/2011 della CORTE D’APPELLO
4:1

i CAGLIARI, depositata il 27/01/2011 R.G.N. 685/2009.

dunanza camerale del 18 luglio 2017 – n. 8 del ruolo
G n. 4472/12
Presidente: Napoletano – Relatore: Tria

RILEVATO
che con sentenza in data 7 febbraio 2012 la Corte d’appello di Cagliari respinge il
l’appello proposto, fra l’altro, da Giuseppina Spanu avverso la sentenza del Tribunale
di Cagliari del 13 marzo 2009 con la quale il giudice adito ha dichiarato il proprio
difetto di giurisdizione in ordine alla presente controversia, riguardante pretese

Comune di Cagliari per il periodo luglio 1983-aprile 1985, come stabilito dal Consiglio
di Stato, nelle sentenze n. 8610-8617 del 2002, di accoglimento di analoghi ricorsi
proposti da altri dipendenti per la medesima ragione;

che la Corte territoriale precisa quanto segue:
a) nell’atto di appello si è censurata la sentenza di primo grado sull’assunto secondo
cui nel ricorso introduttivo non si era dedotto soltanto il mancato pagamento delle
retribuzioni, nell’indicato periodo, ma si è contestata altresì la mancata estensione, in
autotutela da parte della PA, degli effetti del giudicato amministrativo, rappresentato
dalle suindicate sentenze del Consiglio di Stato, anche ai lavoratori che non avevano
agito in giudizio oppure non avevano impugnato la sentenza amministrativa di primo
grado del TAR Sardegna, che aveva rigettato i ricorsi;
b) è pacifico che l’estensione del giudicato amministrativo a soggetti estranei al
giudizio in cui si è formato costituisce esercizio di una mera facoltà ampiamente
discrezionale dell’Amministrazione;
c) nella specie la PA ha deciso di non estendere gli effetti del giudicato ai lavoratori
che avevano già agito in giudizio con esito negativo oppure non potevano più farlo per
intervenuta decadenza (come la Spanu);
d) di qui la dichiarazione di difetto di giurisdizione del primo giudice.

che avverso tale sentenza Giuseppina Spanu propone ricorso per un unico motivo, al
quale oppone difese il Comune di Cagliari con controricorso.

CONSIDERATO
che con l’unico motivo di ricorso si denuncia violazione dell’art. 45 del d.lgs. n. 165
del 2001, degli artt. 21-ocies e 21-nonies della legge n. 241 del 1990 nonché dell’art.
1

retributive asseritamente maturate nel transito da una disciolta IPAB ai ruoli del

2033 cod. civ., si censura la sentenza impugnata sostenendosi che – diversamente da
nto ivi affermato – la ricorrente non ha chiesto l’estensione in suo favore del
giudicato amministrativo in oggetto, ma l’eliminazione da parte della PA in autotutela
della situazione di illegittimità venutasi a creare sia per effetto del trattamento
retributivo irragionevolmente differenziato (e quindi discriminatorio) tra i lavoratori sia
a causa dell’ingiustificato arricchimento in favore del Comune e in danno della attuale

che il ricorso è ictu oculi inammissibile e pertanto , in applicazione del principio della
“ragione più liquida”, il giudizio deve essere definito con immediatezza senza che
meriti alcun esame la questione degli effetti sulla notifica del ricorso del sopravvenuto
decesso dell’unico difensore della ricorrente, in quanto tale esame potrebbe tradursi
nello svolgimento di un’attività processuale del tutto ininfluente sull’esito del giudizio e
quindi lesiva del principio della ragionevole durata del processo (vedi per tutte: Cass.
SU 22 marzo 2010, n. 6826; Cass. SU 18 novembre 2015, n. 23542; Cass. 17 giugno
2013, n. 15106),

che la suddettà evidente inammissibilità del ricorso deriva, principalmente e in modo
assorbente, dalla mancata impugnazione della dichiarazione di insussistenza della
giurisdizione del giudice ordinario, Che è stata esplicitata dal primo giudice, ma risulta
condivisa anche dalla Corte d’appello;

che ciò comporta che tutte le altre argomentazioni contenute nella sentenza qui
impugnata, riguardando il merito delle censure sono da considerare ultronee, non
potendo avere lo scopo di sorreggere la decisione rispetto alla quale il Giudice del
merito ha ritenuto di non avere giurisdizione;

che tali argomentazioni – su cui si appuntano le contestazioni della ricorrente – sono,
pertanto, improduttive di effetti giuridici e, quindi, non sono suscettibili di gravame né
di censura in sede di legittimità (tra le tante: Cass. 11 giugno 2004, n. 11160; Cass.
22 novembre 2010, n. 23635);

che, in particolare, secondo un consolidato e condiviso indirizzo di questa Corte,
qualora il giudice, dopo una statuizione di declinatoria di giurisdizione o di competenza
(oppure di inammissibilità) – con la quale si è spogliato della “potestas iudicandi” in
relazione al merito della controversia – abbia impropriamente inserito nella sentenza
argomentazioni sul merito, la parte soccombente non ha l’onere né l’interesse ad
impugnare tali ultime argomentazioni, sicché mentre è ammissibile l’impugnazione
2

ricorrente così come degli altri dipendenti in analoga condizione;

che si rivolga alla sola statuizione pregiudiziale è viceversa inammissibile, per difetto
di)riteresse, l’impugnazione nella parte in cui pretenda un sindacato anche in ordine
alla motivazione sul merito, svolta “ad abundantiam” nella sentenza gravata (Cass. SU
20 febbraio 2007, n. 3840; Cass. SU 2 aprile 2007, n. 8087; Cass. 1 marzo 2012, n.
3229; Cass. 20 agosto 2015, n. 17004; Cass. 4 gennaio 2017, n. 101);
che, in sintesi, il ricorso è inammissibile;

dispositivo – seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese del presente giudizio di cassazione, liquidate in euro 200,00 (duecento/00) per
esborsi ed euro 4000,00 (quattromila/00) per compensi professionali, oltre accessori
come per legge e spese forfetarie nella misura del 15%.
Così deciso nella Adunanza camerale del 18 luglio 2017
Il Presidente
Giuseppe Napoletano

n
IL CAN ELLIERE
lacoia
Maria

che le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in

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