Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29964 del 13/12/2017


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Civile Ord. Sez. L Num. 29964 Anno 2017
Presidente: NAPOLETANO GIUSEPPE
Relatore: TRIA LUCIA

ORDINANZA

sul ricorso 1911-2012 proposto da:
COMUNE DI PRATO C.F. 00337360978, in persona del
Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIALE LIEGI 32, presso lo studio dell’avvocato
MARCELLO CLARICH, che lo rappresenta e difende, giusta
delega in atti;
– ricorrente contro

2017
3289

MALVIZZO ALESSANDRO, MARSEGLIA SAVERIO,

FUMAROLA

PAOLO, CECCONI FRANCO, SIGNORINI DANIELA, CARIOSCIA
SANTINO ANTONIO, tutti elettivamente domiciliati in
ROMA, PIAZZA SALLUSTIO 9, presso lo studio
dell’avvocato BARTOLO SPALLINA, che li rappresenta e

Data pubblicazione: 13/12/2017

unitamente all’avvocato ROBERTO BARTOLINI,
.

‘e,t2 giusta delega in atti;
– controricorrenti

avverso la sentenza n. 927/2011 della CORTE D’APPELLO
di FIRENZE, depositata il 04/10/2011 R.G.N. 782/2010.

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nanza camerale del 18 luglio 2017 – n. 6 del ruolo
n. 1911/12
Presidente: Napoletano – Relatore: Tria

RILEVATO
che con sentenza depositata il 4 ottobre 2011 e notificata il 14 novembre 2011, la
Corte d’appello di Firenze respinge l’appello del Comune di Prato avverso la sentenza
del Tribunale di Prato n. 150/2010 di accoglimento della domanda di Alessandro
Malvizzo e degli altri litisconsorti indicati in epigrafe, volta ad ottenere la condanna del

ripartizione interna non oggetto di contestazione) della complessiva somma di euro
74.020,38, oltre accessori di legge, a titolo di incentivo di progettazione di cui all’art.
92 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, calcolata per tutti gli anni di durata
dell’affidamento dei servizi per i quali avevano svolto la loro attività e non soltanto per
una annualità, come sostenuto dal Comune;

che la Corte territoriale perviene a tale conclusione sul principale rilievo del carattere
unitario dei servizi in argomento – servizio manutenzione degli immobili di proprietà o
in uso all’Amministrazione comunale e servizio energia – mentre la porzione
temporale annuale sostenuta dal Comune è una nozione non contemplata per gli
appalti;

che, infatti, il riferimento contenuto nell’art. 92 del d.lgs. n. 163 del 2006 e nell’art.
18 della legge n. 109 del 1994 alla “base di gara” per la quantificazione dell’incentivo
de quo non consente alcun arbitrario frazionamento;

che ciò vale anche per il servizio energia nel quale gli appellati hanno esplicato il
compito di RUP – Responsabile Unico Procedimento ed hanno quindi provveduto alla
valutazione dei progetti, al controllo della contabilità e alla liquidazione delle fatture;

che avverso tale sentenza il Comune di Prato propone ricorso affidato ad un unico,
articolato motivo, al quale oppongono difese Alessandro Malvizzo e degli altri
litisconsorti indicati in epigrafe con controricorso, illustrato da memoria.

CONSIDERATO
che con l’unico motivo di ricorso si denunciano: a) violazione e/o falsa applicazione
dell’art. 92 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 e dei principi da esso desumibili; b)
difetto nonché illogicità e contraddittorietà della motivazione su un punto decisivo
della controversia;
1

loro datore di lavoro Comune di Prato al pagamento in loro favore (secondo criteri di

l’Ente ricorrente sostiene che sarebbe erroneo il criterio di quantificazione
dell’incentivo adottato dalla Corte d’appello, in quanto l’attività progettuale è stata
espletata solo nella prima annualità e poi ripetuta con identiche modalità negli anni
successivi;

che ritiene il Collegio che il ricorso sia inammissibile, per plurime ragioni;
che, in primo luogo, nonostante il formale richiamo alla violazione di norme di diritto

formulate si risolvono nella denuncia di vizi di motivazione della sentenza impugnata
per errata valutazione del materiale probatorio acquisito, ai fini della ricostruzione dei
fatti e quindi finiscono con l’esprimere un mero, quanto inammissibile, dissenso
rispetto alle motivate valutazioni di merito delle risultanze probatorie di causa
effettuate dalla Corte d’appello, anziché sotto il profilo della scorrettezza giuridica e
della incoerenza logica delle argomentazioni svolte dal Giudice del merito, unici vizi
denunciabili in questa sede in base all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., nel testo
applicabile nella specie, ‘”ratione temporism, antecedente la sostituzione ad opera
dell’art. 54 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni,
dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 (essendo stata la sentenza impugnata depositata il
4 ottobre 2011 e quindi prima dell’Il settembre 2012);

che, in base alla suindicata disposizione, la deduzione con il ricorso per cassazione di
un vizio di motivazione della sentenza impugnata non conferisce al Giudice di
legittimità il potere di riesaminare il merito della vicenda processuale, bensì la sola
facoltà di controllo della còcréttezza giuridica e della coerenza logica delle
ardomentazioni svolte dai Giudice del merito, non essendo consentito alla Corte di
cassazione di procedere ad una autonoma valutazione delle risullanze probatorie,
sicché le censure concernenti il vizio di motivazione non possono risolversi nel
sollecitare una lettura delle risultanze processuali diversa da quella accolta dal Giudice
del merito (vedi, tra le tante: Cass. 20 gennaio 2015, n. 855; Cass. 18 ottobre 2011,
n. 21486; Cass. 20 aprile 2011, n. 9043; Cass. 13 gennaio 2011, n. 313; Cass. 3
gennaio 2011, n. 37; Cass. 3 ottobre 2007, n. 20731; Cass. 21 agosto 2006, n.
18214; Cass. 16 febbraio 2006, n. 3436; Cass. 27 aprile 2005, n. 8718);

che, infatti, la prospettazione da parte del ricorrente di un coordinamento dei dati
acquisiti al processo asseritamente migliore o più appagante rispetto a quello adottato
nella sentenza impugnata, riguarda aspetti del giudizio interni all’ambito di
2

contenuto nella prima parte dell’intestazione del motivo di ricorso, tutte le censure

rezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti che
proprio del giudice del merito, in base al principio del libero convincimento del
giudice, sicché la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. – apprezzabile ex art.
360, primo comma, numero 5, cod. proc. civ., nella anzidetta versione, nei limiti del
vizio di motivazione come ivi configurato – deve emergere direttamente dalla lettura
della sentenza, non già dal riesame degli atti di causa, inammissibile in sede di
legittimità (Cass. 26 marzo 2010, n. 7394; Cass. 6 marzo 2008, n. 6064; Cass. 20

12912; Cass. 20 dicembre 2007, n. 26965; Cass. 18 settembre 2009, n. 20112);
che, nella specie, le valutazioni delle risultanze probatorie operate dal Giudice di
appello sono congruamente motivate e l’iter logico-argomentativo che sorregge la
decisione è chiaramente individuabile, non presentando alcun profilo di manifesta
illogicità o insanabile contraddizione in particolare, con riguardo alla congruità del
criterio adottato per la quantificazione dell’incentivo e al contrasto con la normativa di
riferimento del frazionamento richiesto dal Comune;
che il ricorrente, senza utilmente contestare tale ultimo – decisivo – argomento basa
le proprie censure sull’asserito espletamento dell’attività progettuale solo nella prima
annualità, essendo quella degli anni successivi meramente ripetitiva;
che, pertanto, con riguardo alla mancata impugnazione dell’anzidetto decisivo
argomento – che costituisce una ratio decidendi idonea a sostenere la motivazione
trova applicazione il principio, costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa
Corte, secondo cui, nel caso in cui venga impugnata con ricorso per cassazione una
sentenza (o un capo di questa) che si fondi su più ragioni, tutte autonomamente
idonee a sorreggerla, l’omessa impugnazione di una di tali ragioni rende
inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo
divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in
nessun caso l’annullamento della sentenza (vedi, per tutte: Cass. 5 ottobre 1973, n.
2499; Cass. SU 8 agosto 2005, n. 16602; Cass. SU 29 maggio 2013, n. 7931; Cass.
11 febbraio 2011, n. 3386; Cass. 27 maggio 2014, n. 11827);
che, d’altra parte, l’assunto incentrato sulla sostenuta ripetitività dell’attività
progettuale, oltre ad implicare inammissibilmente un accertamento di fatto, si riferisce
ad una questione di cui nella sentenza impugnata non vi è alcun cenno e che risulta
essere stata proposta in assenza di allegazioni al riguardo, effettuate in conformità
3

giugno 2006, n. 14267; Cass. 12 febbraio 2004, n. 2707; Cass. 13 luglio 2004, n.

I
i,
!

corP I principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione al fine di dimostrare

che tale problematica era già compresa nel thema decidendum del giudizio di merito;
che pertanto tale argomento, per come è formulato, si pone in contrasto con il
consolidato principio secondo cui nel giudizio di cassazione, che ha per oggetto solo la
revisione della sentenza in rapporto alla regolarità formale del processo ed alle
questioni di diritto proposte, non sono proponibili nuove questioni di diritto o temi di

questioni rilevabili di ufficio o, nell’ambito delle questioni trattate, di nuovi profili di
diritto compresi nel dibattito e fondati sugli stessi elementi di fatto dedotti (vedi, per
tutte: Cass. 16 aprile 2014, n. 2190; Cass. 26 marzo 2012, n. 4787; Cass. 30 marzo
2000, n. 3881; Cass. 9 maggio 2000, n. 5845; Cass. 5 giugno 2003, n. 8993; Cass.
21 novembre 1995, n. 12020);
che, in sintesi, il ricorso va dichiarato inammissibile;
che le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in
dispositivo – seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il Comune ricorrente al
pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate in euro 200,00
(duecento/00) per esborsi, euro 4000,00 (quattromila/00) per compensi professionali,
oltre accessori come per legge e spese forfetarie nella misura del 15%.
Così deciso nella Adunanza camerale del 18 luglio 2017
Il Presidente
Giuseppe Napoletano

IL CANLLIERE
Mariafø4 Giacoia

contestazione diversi da quelli dedotti nel giudizio di merito, tranne che si tratti di

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