Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29963 del 30/12/2020

Cassazione civile sez. I, 30/12/2020, (ud. 30/11/2020, dep. 30/12/2020), n.29963

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7267-2019 proposto da:

M.W., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL CASALE

STROZZI n. 31, presso lo studio dell’avvocato LAURA BARBERIO,

rappresentato e difeso dall’avvocato BARBARA VIDOTTI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 6/2019 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 18/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/11/2020 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ordinanza del 21.7.2017 il Tribunale di Trieste rigettava il ricorso proposto da M.W. avverso il provvedimento della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale con il quale era stata respinta la sua domanda di riconoscimento della protezione internazionale e umanitaria.

Interponeva appello il M. e la Corte di Appello di Trieste, con la sentenza impugnata, n. 6/2019, rigettava il gravame.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione M.W. affidandosi ad un unico articolato motivo.

Il Ministero dell’Interno, intimato, non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo il ricorrente lamenta la violazione ed errata interpretazione degli artt. 1 della Convenzione di Ginevra, D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 5, 7,8 e 14, D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 27 e 29 nonchè il vizio di motivazione, perchè la Corte di Appello avrebbe erroneamente denegato il riconoscimento tanto dello status di rifugiato, che della protezione sussidiaria, nelle sue varie articolazioni, che della tutela umanitaria.

La censura è inammissibile. Il ricorrente aveva dichiarato di appartenere ad una famiglia (OMISSIS); di essersi innamorato di una ragazza appartenente a famiglia (OMISSIS); di essersi convertito per amore alla religione di lei; di esser stato per tale motivo perseguitato dai propri familiari; di esser stato, in particolare, ferito, e di aver subito la distruzione del proprio negozio; di aver denunciato l’episodio senza successo, poichè alla fine era stato addirittura arrestato, invece che protetto; di essersi, quindi, risolto prima a nascondersi e poi a fuggire dal proprio Paese, per tema di ulteriori ritorsioni. La storia è stata ritenuta non credibile sia dal Tribunale che dalla Corte di Appello, la quale ne ha anche sottolineato la non idoneità ai fini del riconoscimento della protezione internazionale, trattandosi di un episodio di natura privata, nel quale la componente religiosa non costituisce la vera motivazione delle violenze subite dal richiedente. Quest’ultimo, nella confusa esposizione delle sue doglianze, che attinge – come detto – in modo indistinto tutte le forme di protezione, internazionale e umanitaria, non supera la duplice ratio evidenziata dal giudice di merito, di non credibilità e non idoneità della storia, ma si limita a sostenere di essere esposto, in caso di rimpatrio, al rischio di subire persecuzioni e trattamenti inumani, a causa del contesto di tensioni interreligiose tra maggioranza (OMISSIS) e minoranza (OMISSIS) esistente in (OMISSIS).

In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Nulla per le spese, in assenza di svolgimento di attività difensiva da parte del Ministero intimato nel presente giudizio di legittimità.

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 30 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2020

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