Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29959 del 30/12/2020

Cassazione civile sez. I, 30/12/2020, (ud. 30/11/2020, dep. 30/12/2020), n.29959

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2156-2019 proposto da:

N.M., rappresentato e difeso dall’avv. FRANCESCA

CASTELLETTI, e domiciliato presso la cancelleria della Corte di

Cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 380/2018 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 19/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/11/2020 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ordinanza del 26.6.2017 il Tribunale di Trieste rigettava il ricorso proposto da N.M. avverso il provvedimento della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale con il quale era stata respinta la sua domanda di riconoscimento della protezione internazionale e umanitaria.

Interponeva appello il N. e la Corte di Appello di Trieste, con la sentenza impugnata, n. 380/2018, rigettava il gravame.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione N.M. affidandosi a due motivi.

Il Ministero dell’Interno, intimato, non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 1, nonchè del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè la Corte di Appello avrebbe erroneamente denegato al ricorrente il riconoscimento della protezione umanitaria, senza considerare che egli era fuggito dal (OMISSIS), suo Paese di origine, a causa della condizione non sicura di quello Stato, desumibile dall’esame delle fonti informative internazionali disponibili.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta l’omesso esame di fatti decisivi, perchè la Corte friulana avrebbe mancato di considerare: (1) da un lato, che in N. si era allontanato dal proprio Paese tanto in funzione della condizione interna del (OMISSIS), quanto del rischio di subire ulteriori maltrattamenti dallo zio, al quale, dopo aver perduto i genitori in tenera età, era stato affidato e che lo maltrattava regolarmente; (2) dall’altro lato, le persecuzioni che il richiedente aveva dovuto patire nel corso della sua permanenza in Libia.

Le due censure, che sono suscettibili di trattazione unitaria, sono inammissibili. La Corte triestina dà atto che il richiedente aveva dichiarato di essersi allontanato dal (OMISSIS), suo Paese di origine, per motivazioni personali non idonee a giustificare il riconoscimento di una forma di protezione internazionale. Inoltre, evidenzia la scarsa credibilità del racconto, poichè il N. aveva fornito, alla Commissione prima, ed in sede giurisdizionale, poi, versioni differenti della sua storia. Infine, esamina la condizione interna esistente in (OMISSIS), basando la propria valutazione sulle informazioni dedotte da fonti informative idonee ed aggiornate, debitamente indicate in sentenza (cfr. pag. 5), ed escludendo la sussistenza di un contesto socio-politico tale da costringere i cittadini a lasciare il Paese per una situazione di difficoltà nell’esercizio dei loro diritti fondamentali. L’articolata motivazione della decisione impugnata dimostra l’assenza dei profili di omesso esame denunciati con la seconda censura: tanto la persecuzione subita ad opera dello zio, quanto la situazione generale asseritamente esistente in (OMISSIS), infatti, sono state considerate e valutate dal giudice di merito. Per quel che invece attiene le persecuzioni che il ricorrente lamenta di aver patito in Libia, il secondo motivo pecca di specificità, poichè il ricorrente non indica in quale momento del giudizio di merito la questione – che non emerge dalla lettura della sentenza di secondo grado – sarebbe stata introdotta, nè deduce di aver proposto, sul punto, specifico motivo di appello. Dal che deriva l’inammissibilità, per gli enunciati e concorrenti profili, della seconda doglianza.

Del pari inammissibile è il primo motivo, poichè la sentenza impugnata (cfr. pag. 6) dà atto che il N. non ha dedotto nè documentato alcuna forma di integrazione nel tessuto socio-ecomomico italiano e, quindi, alcun profilo di vulnerabilità, e l’affermazione non risulta in alcun modo attinta dal ricorrente, che non indica alcun elemento specifico che il giudice di merito avrebbe omesso di considerare, ovvero avrebbe scorrettamente apprezzato, ai fini della concessione della tutela umanitaria.

In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Nulla per le spese, in assenza di svolgimento di attività difensiva da parte del Ministero intimato nel presente giudizio di legittimità.

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 30 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2020

 

 

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