Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29959 del 13/12/2017


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Civile Sent. Sez. L Num. 29959 Anno 2017
Presidente: BRONZINI GIUSEPPE
Relatore: PAGETTA ANTONELLA

SENTENZA

sul ricorso 29056-2n15 pllopn5tn da:
TELWM 2_P.A., in pornQne cicd le9à1e, r 2 PPregentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
CICERONE,49, presso lo studio dell’avvocato ADRIANO
TORTORA, che la rappresenta e difende, giusta delega
in atti;
– ricorrente –

2017
3065

contro

NACCI ROBERTA, APOLLINARE FLORE LUCIANO, EPIFANI
GIUSEPPE, BAGNULO FELICE, MORELLI ORONZO, EPIFANI
FRANCESCO, BELLANOVA ANTONIO, MARZIO LEONARDO, FORLEO

Data pubblicazione: 13/12/2017

FABRIZIO, SAPONARO PAOLO, SOZZO FRANCESCO, PRETE
ROCCO, SEMERARO DOMENICO, elettivamente domiciliati
in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 51/A, presso lo studio
dell’avvocato FERNANDO GALLONE, che li rappresenta e
difende unitamente agli avvocati IOLE URSO, CARMELA

– contrari correnti –

avverso la sentenza n. 1982/2015 della CORTE
D’APPELLO di LECCE, depositata il 27/07/2015 R.G.N.
1001/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 05/07/2017 dal Consigliere Dott.
ANTONELLA PAGETTA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALBERTO CELESTE che ha concluso per
l’inammissibilità o in subordine rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato TORTORA ADRIANO;
udito l’Avvocato LEONI PAOLO per delega Avvocato
MUSOLINO CARMELA.

MUSOLINO, giusta delega in atti;

Fatti di causa

1. La Corte di appello di Lecce ha confermato la decisione di primo grado
con la quale era stata accolta la domanda di Felice Bagnulo e di altri lavoratori
intesa all’accertamento della illegittimità del licenziamento collettivo, alla
conseguente reintegrazione nel posto di lavoro ed alla condanna della società

del danno commisurato alle retribuzioni maturate fino alla effettiva
reintegrazione.
1.1. Il giudice di appello, in dichiarata adesione alla giurisprudenza di
legittimità (Cass. 9-3-2015 n. 4678), ha dichiarato di condividere la
valutazione di prime cure in ordine alla incompletezza della comunicazione,
effettuata ai sensi dell’art. 4, comma 2 L. n. 223 del 1991, alle organizzazioni
sindacali, evidenziando che la stessa, così come i relativi allegati, concerneva
solo la situazione della sede di Ostuni e non conteneva alcun riferimento alle
altre unità produttive della società, site in Villafranca Tirrena e in Legnano, e
all’eventuale impossibilità di trasferimento dei dipendenti a quelle sedi, in
alternativa al licenziamento; tale omissione pregiudicava la proficua
partecipazione alla cogestione della crisi da parte delle organizzazioni sindacali;
l’esigenza di adeguata informazione non poteva ritenersi soddisfatta dalle
deduzioni svolte dalla società in corso di causa o dal raggiungimento di un
accordo in sede sindacale il quale, pur essendo rilevante al fine del giudizio
retrospettivo sull’adeguatezza della comunicazione, non sanava

ex se

l’eventuale vizio informativo che il giudice di merito poteva comunque
accertare laddove fosse emerso che il sindacato aveva partecipato alla
trattativa sfociata nell’intesa, senza piena consapevolezza dei dati di fatto di
base ( Cass. 12122/2015, n., 5582/2012, n. 6959/2013 … ); era, inoltre, da
rilevare che la comunicazione ” in questione” non conteneva neppure la
puntuale indicazione delle modalità con le quali erano stati applicati i criteri di
scelta dei lavoratori da licenziare, dovendosi escludere, al contrario di quanto
dedotto dalla società, un onere a carico dei lavoratori di dimostrare la

datrice, Telcom s.p.a., alla reintegrazione nel posto di lavoro ed al risarcimento

violazione dei criteri di scelta mediante l’indicazione specifica dei lavoratori che
dovevano essere alternativamente licenziati.
2. Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso, sulla base di
quattro motivi, ciascuno articolato in più profili, Telcom s.p.a. .
3. Gli intimati hanno resistito con tempestivo controricorso.
Ragioni della decisione

della sentenza in forma semplificata, ai sensi del decreto del primo Presidente
in data 14/9/2016;
2. Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione
dell’art. 4 comma 3 L. n.,223 del 1991, nonché error in procedendo per
violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. e vizio di omesso esame circa un fatto
decisivo per il giudizio in relazione . all’art. 360 nn. 3 e 5 . In relazione al primo
profilo si evidenzia che i lavoratori avevano solo genericamente eccepito la
incompletezza della comunicazione, per l’omesso riferimento alle altre sedi
aziendali, senza in alcun modo specificare in che modo tale presunto deficit
comunicativo aveva fuorviato l’esercizio dei poteri di controllo preventivo
attribuiti alle organizzazioni sindacali o quale possibilé diverso accordo poteva
scaturire dalla conoscenza della sussistenza di altre dipendenze; si censura,
quindi, la decisione per avere ritenuto che la comunicazione doveva
contemplare la situazione dell’intero complesso aziendale ; si deduce che la
Corte territoriale non si era avveduta che la comunicazione di apertura della
procedura conteneva ben sei allegati ed in particolare un allegato in cui non
solo era descritta la situazione della sede di Villafranca (in relazione alla quale
era stata accolta la richiesta di cassa integrazione interessante il 50% dei
lavoratori) e si evidenziava che presso la sede di Legnano vi era solo un
deposito che non impiegava dipendenti della Telcom s.p.a.; il contenuto di tali
allegati, illustrato nelle note autorizzate all’udienza

di primo grado del

4.2.2008, non era stato contestato dai i lavoratori; pertanto, i giudici di
merito, in conformità della previsione di cui all’art. 115 cod. proc. civ.
avrebbero dovuto considerare tali fatti non specificamente contestati.

1. Si premette che il Collegio ha deliberato la redazione della motivazione

3. Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione
dell’art. 4 comma 3 d. Igs n, 223 del 1991 e degli artt. 112 e 414 cod. proc.
civ. – illegittimità per vizio di extra e ultra petizione in relazione all’art. 360
n. 3 cod. proc. civ. . Si censura, in sintesi, la decisione, sotto il profilo che la
stessa aveva ritenuto che la comunicazione di apertura della procedura di
mobilità dovesse contenere anche la puntuale indicazione delle modalità con le

avere affermato la infondatezza la pretesa di parte datoriale di porre a carico
dei lavoratori la dimostrazione della violazione dei criteri di scelta mediante
l’indicazione specifica dei lavoratori che dovevano essere alternativamente
licenziati. Si evidenzia, in relazione alla dedotta violazione dell’art. 112 cod.
proc. civ. che nel ricorso di primo grado i lavoratori non avevano mai eccepito
che la comunicazione alle organizzazioni sindacali non conteneva i criteri di
scelta dei lavoratori da licenziare e che tale questione non aveva costituito
oggetto di discussione tra le parti . Sotto il profilo della violazione dell’art. 4
comma 3 legge n. 223 del 1991, si assume che la indicazione delle modalità
con le quali erano stati applicati i criteri di scelta dei lavoratori da licenziare
esulava dal contenuto normativamente previsto dalla comunicazione di
apertura della procedura di mobilità, essendo la individuazione di tali criteri
rimessa alle trattative tra l’impresa ed il sindacato. Il giudice di appello era
pertanto incorso in errore laddove aveva confuso il contenuto della
comunicazione di apertura della procedura con la comunicazione di
licenziamento di cui al comma 9 dell’art. 4 L. cit.
4. Con il terzo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione
dell’art. 2967 cod. civ. e degli artt. 4 e 5 L. n. 223 del 1991. Ribadito che la
indicazione delle modalità di applicazione dei criteri di scelta dei lavoratori da
licenziare esula dal contenuto normativamente previsto della comunicazione di
apertura della procedura, si censura la ulteriore affermazione del giudice di
appello secondo la quale non costituiva onere dei lavoratori licenziati di provare
la violazione dei criteri di scelta attraverso l’indicazione specifica dei lavoratori
che dovevano essere alternativamente licenziati.

quali erano stati applicati i criteri di scelta dei lavoratori da licenziare e per

5. Con il quarto motivo si deduce violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.
censurandosi la decisione per non avere pronunziato in ordine al motivo di
appello con il quale era chiesta, in relazione ad alcuni lavoratori, che dalla
somma attribuita a titolo di risarcimento del danno fosse sottratto

Valiunde

perceptum scaturente dallo svolgimento di attività lavorativa.
6. Il primo motivo di ricorso è inammissibile per una pluralità di profili.

processuale di produzione dei documenti – comunicazione di apertura della
procedura di licenziamento e relativi allegati- posti a fondamento del motivo, e
di trascriverne il relativo contenuto, così incorrendo nella violazione dell’art.
366. n. 6 cod. proc. civ. (Cass. 12/12/2014, n. 26174; Cass. 07/02/2011, n.
2966).
6.2. In secondo luogo non risulta esplicitamente censurata la ulteriore
affermazione del giudice d’appello, affermazione peraltro coerente con la
giurisprudenza di questa Corte (Cass. 09/03/2015, n. 4678), relativa alla
necessità di indicazione della’eventuale impossibilità di trasferimento dei
dipendenti a quella sede, in alternativa al licenziamento, impossibilità che parte
ricorrente sembra far discendere, solo in via presuntiva, dalla distante
collocazione delle altre due unità in considerazione e per quella di Legnano dal
fatto che si trattava di un deposito, al quale non erano addetti propri
dipendenti.
7. L’inammissibilità del primo motivo con il quale si censura una delle due
autonome rationes decidendi alla base della sentenza impugnata, costituita
dalla incompletezza della comunicazione di apertura della procedura

di

mobilità assorbe l’esame del secondo e del terzo motivo di ricorso con i quali
si censura la ulteriore autonoma ragione destinata a sorreggere il decisum di
secondo grado, costituita dalla mancata puntuale indicazione in tale
comunicazione delle modalità di applicazione dei criteri di scelta dei lavoratori
da licenziare.
8. Il quarto motivo di ricorso è anch’esso inammissibile.
8.1. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, infatti, affinché
possa utilmente dedursi in sede di legittimità un vizio di omessa pronunzia, ai

6.1. In primo luogo, parte ricorrente ha omesso di indicare la sede

sensi dell’art. 112 cod. proc. civ., è necessario, da un lato, che al giudice del
merito siano state rivolte una domanda od un’eccezione autonomamente
apprezzabili, ritualmente ed inequivocabilmente formulate, per le quali quella
pronunzia si sia resa necessaria ed ineludibile, e, dall’altro, che tali istanze
siano riportate puntualmente, nei loro esatti termini e non genericamente
ovvero per riassunto del loro contenuto, nel ricorso per cassazione, con

quali l’una o l’altra erano state proposte, onde consentire al giudice di
verificarne, “in primis”, la ritualità e la tempestività ed, in secondo luogo, la
decisività delle questioni prospettatevi. Ove, quindi, si deduca la violazione, nel
giudizio di merito, del citato art. 112 cod. proc. civ., riconducibile alla
prospettazione di un’ipotesi di “error in procedendo” per il quale la Corte di
cassazione è giudice anche del “fatto processuale”, detto vizio, non essendo
rilevabile d’ufficio, comporta pur sempre che il potere-dovere del giudice di
legittimità di esaminare direttamente gli atti processuali sia condizionato, a
pena di inammissibilità, all’adempimento da parte del ricorrente – per il
principio di autosufficienza del ricorso per cassazione che non consente, tra
l’altro, il rinvio “per relationem” agli atti della fase di merito – dell’onere di
indicarli compiutamente, non essendo legittimato il suddetto giudice a
procedere ad una loro autonoma ricerca, ma solo ad una verifica degli stessi. (
Cass. 04/07/2014, n. 15367; Cass. 14/10/2010, n. 21226; Cass. 19/03/2007,
n. 6361).
8.2. Parte ricorrente non ha osservato le prescrizioni imposte al fine della
valida censura della sentenza di appello sotto il profilo della violazione della
corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, essendosi limitata alla
riproduzione parziale di un brano del ricorso in appello, senza specificare in
quali termini la questione era stata sollevata in prime cure, quali erano le
concrete allegazioni destinate a sorreggere la censura e se le stesse trovavano
puntuale corrispondenza nelle conclusioni formulate con l’atto di appello .
9. Le spese di lite sono regolate secondo soccombenza.

l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza nei

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente alla
rifusione delle spese di lite che liquida in C 5.000,00 per compensi
professionali, C 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del
15%, oltre accessori di legge . Con distrazione in favore dell’Avv. Carmela

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza
dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso
articolo 13 .

Roma, 5 luglio 2017

Il Consigliere est.

Il Presidente

il Plinik)narei0 eTiudizittio
ott. GiovarmiELLO,
;

CORTE SUPREMA Di CASSAZ14
IV Seziono

Muso lino.

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