Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29955 del 30/12/2020

Cassazione civile sez. I, 30/12/2020, (ud. 30/11/2020, dep. 30/12/2020), n.29955

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34462/2018 proposto da:

M.A., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la

cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Michele Cipriani, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona de Ministro p.t., rappresentato e

difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui

uffici domicilia in Roma, Via dei Portoghesi, 5;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 406/2018 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 26/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/11/2020 dal Cons. Dott. Laura Scalia.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di appello di Trieste con la sentenza in epigrafe ndicata ha rigettato l’impugnazione proposta D.Lgs. n. 25 dei 2008, ex art. 35 da M.A., cittadino del (OMISSIS), della Regione dei (OMISSIS) e di religione (OMISSIS), avverso l’ordinanza del locale tribunale che rigettava l’opposizione del provvedimento con cui la competente Commissione territoriale aveva disatteso la domanda di protezione internazionale del primo nella ritenuta insussistenza dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e del permesso per ragioni umanitarie.

2. Ricorre per la cassazione dell’indicata sentenza M.A. con due motivi, illustrati da memoria, cui resiste con controricorso l’Amministrazione intimata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce: violazione e/o falsa applicazione di legge (D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2, comma 1, lett. f) e lett. g); D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8; D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, comma 1, lett. a), lett. b) e lett. c) e art. 17), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; omesso e/o insufficiente esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti, relativamente al diniego e/o al mancato accertamento dei presupposti per la concessione della protezione sussidiaria, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

La Corte territoriale aveva negato la protezione sussidiaria, ricorrendo in difetto di motivazione, con l’escludere in capo al ricorrente il pericolo di subire gravi violenze e maltrattamenti provenienti dai familiari della moglie, e dai propri, per conflitti interreligiosi, per avere egli voluto sposare una donna di fede (OMISSIS) contro la volontà delle due famiglie e di aver ferito il cugino.

La Corte di merito aveva altresì escluso l’esistenza di una violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno nel (OMISSIS), evidenza, invece, si deduce in ricorso, documentata dalla quasi totalità dei reports di organizzazioni internazionali e umanitarie. Comunque i giudici di appello, in violazione del dovere di collaborazione istruttoria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8 avevano omesso di accertare il carattere diffuso del denunciato fenomeno degli “(OMISSIS)” che si registra in (OMISSIS) nel caso di appartenenza degli sposi a fedi in conflitto tra loro e con violazione della pratica dei matrimoni combinati.

1.1. Il motivo è inammissibile perchè diretto a proporre una lettura dei fatti diversa da quella fornita dalla Corte di appello che ha escluso l’esistenza in capo al richiedente di situazioni di minaccia grave ed individuale di persecuzione per motivi religiosi, legittimante l’accesso della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. b) valutando il suo racconto espressivo di una relazione osteggiata dalle famiglie degli sposi ed in cui le motivazioni religiose non erano tali da connotare una situazione di rischio per il richiedente.

Delle fonti ufficiali, già vagliate nell’impugnata sentenza in ordine all’indagato fenomeno, il ricorso propone una diversa lettura che sostiene il carattere diffuso e drammatico del fenomeno dei conflitti per motivi religiosi tra le famiglie degli sposi, là dove una di queste sia di fede (OMISSIS), ma così facendo reitera le ragioni già sottoposte al vaglio dei giudici di appello e da costoro disattese con motivazione che non denuncia l’omissione del fatto storico-naturalistico, pure dedotta in ricorso, o tanto meno, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, il difetto assoluto di motivazione, nè la violazione del dovere di cooperazione istruttoria.

Quanto a quest’ultimo, il ricorso non deduce sull’oggettivo travisamento delle fonti o sul loro superamento per altre più aggiornate e decisive (Cass. 18/02/2020 n. 4037) e come tale non concludente.

I giudici di appello, nel formulato giudizio, hanno infatti valutato gli esiti delle fonti ufficiali sulla condizione del Paese di provenienza rispetto all’indicato fenomeno per scrutinio di quelle aggiornate i cui esiti sono stati contestati in ricorso per mere contrapposte interpretazioni.

1.2. Sui conflitti armati generalizzati di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) l’esclusione di un siffatto stato, inteso in corretta adesione ai principi affermati dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia (caso Elgafaji), è intervenuta per vaglio di fonti ufficiali aggiornate (rapporto EASO agosto 2017) contrasto in ricorso per fonti contrapposte che sollecitano un inammissibile sindacato di merito.

2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione di legge (D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3; D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8; D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6; D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19) in relazione all’art. 360 c.p.c., commi 1 e 3. Omesso e/o insufficiente esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti, -relativamente al diniego e/o al mancato accertamento dei presupposti per la concessione della protezione umanitaria, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Il giudizio di bilanciamento tra la posizione del ricorrente nel paese di origine e l’integrazione in Italia è stato svolto dalla Corte di merito ritenuta l’insussistenza di disturbi psichici, di stampo depressivo, e non, asma bronchiale lieve, sospetta colica renale, ostativi al rimpatrio e, ancora, di una situazione nel paese di origine di compromissione delle condizioni di vita del richiedente non rispettose del nucleo minimo dei diritti della persona (con richiamo alle vicende familiari vissute), per un apprezzamento altresì delle attività svolte in Italia, ritenute di mera partecipazione alle attività offerte ai profughi, il tutto nel rispetto della prevalente giurisprudenza di questa Corte di cassazione (Cass. 4455 del 2018 e SU n. 29459 del 13/11/2019).

Il ricorso contesta gli esiti del giudizio deducendo contrapposte letture di quelle evidenze fattuali e come tale è inammissibile.

3. Il ricorso è conclusivamente inammissibile e la ricorrente va condannata secondo soccombenza a rifondere al curatore speciale del minore le spese di lite come da dispositivo liquidate.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere al Ministero dell’Interno le spese di lite che liquida in Euro 2.100,00 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 30 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2020

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